Dalle ore 13.00 dello scorso 2 Ottobre 2018 non si fa che parlare del caso della scomparsa e a questo punto del probabile omicidio, del giornalista saudita Jamal Khashoggi. Una vicenda semplicemente incredibile che ripercorrere è come entrare in labirinto dove il vero e il falso sono divisi da sottilissimi specchi. I fatti sono noti; alle ore 13.00 del 2 ottobre 2018, il 60enne giornalista e analista politico saudita Jamal Khashoggi esce di casa e si presenta al Consolato saudita di Istanbul. L’uomo ci deve per forza andare per ottenere un certificato di matrimonio e ad oggi per quanto ne sappiamo, non ne è mai uscito. Nonostante i timori manifestati a degli amici la visita nella sede consolare è obbligatoria perché lui e la sua 36enne fidanzata turca, hanno deciso di sposarsi per poi stabilirsi in Turchia dove vivono numerosi cittadini sauditi attratti dalla possibilità di vivere in un paese musulmano sunnita ma senza la polizia religiosa per le strade, e dove non è difficile trovare un buon whisky di marca o trovare “piacevole compagnia” per la notte. Jamal Khashoggi era divorziato dalla precedente moglie ma il suo dossier dello stato civile era (secondo i turchi) incompleto. Secondo alcune testimonianze Khashoggi, aveva tentato di evitare il consolato saudita in Turchia sul quale aleggiano storie sinistre, preferendo quello di Washington. Nonostante le sue insistenze i funzionari turchi lo avvisarono che quello di Istanbul era l’unico delegato in materia quindi, o si presentava lì o niente matrimonio in Turchia. Fin qui la storia fila.
Ma chi era davvero Jamal Khashoggi ? Un giornalista coraggioso? Un eroico blogger che si batteva contro il regime ? Oppure si trattava di qualcuno molto ben inserito nei gangli del potere saudita che giocava una sua spericolata partita tra tavoli dove si sedevano a turno i turchi, i sauditi, i qatarini e qualche servizio segreto del Golfo Persico ed anche altri ?
La terza ipotesi sembra essere la piu’ pertinente senza nulla togliere al coraggio e all’impegno civile di Khashoggi che ha probabilmente pagato con la vita il suo attivismo. A riprova del fatto che si trattasse di un cittadino “molto speciale” c’è il fatto che nelle ore successive alla sua scomparsa, la fidanzata si rivolse non alla polizia come tutti, ma direttamente all’entourage del Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan che da settimane occupa la scena del “caso Khashoggi”.
Come giornalista Jamal Khashoggi divenne popolare all’inizio degli anni 90 grazie al fatto che fu tra i pochissimi che riuscirono ad intervistare Osama bin Laden sia in Sudan che quando venne espulso dal paese e si trasferii in Afghanistan protetto dai Talebani. E come ci riuscii? Fortuna e bravura ? Oppure conosceva “la strada giusta”? Certamente si. Quando continui ad azzardare la dea bendata prima o poi ti abbandona ed è quello che accade a tutti i grandi giocatori compreso Jamal Khashoggi. Infatti nel nel 2017 la fortuna inizio’ a voltargli le spalle, la sua figura di riferimento al-Walīd bin Ṭalāl uno degli uomini piu’ ricchi del mondo e che lo difese spesso delle ire del palazzo reale, venne arrestato e detenuto (seppur in una suite del Ritz-Carlton di Riyad) per tre mesi.
Con lui agli arresti per reati di corruzione, finirono alcuni Generali dell’esercito, politici che in passato avevano ricoperto le massime cariche dello Stato, funzionari, ministri in carica e a sorpresa, ben 11 principi della famiglia reale. Fu la notte della scalata al potere di Mohammad bin Salman Al Sa’ud (MBS) che invio’ un chiaro messaggio a chi osteggiava la sua ascesa; “o vi sottomettete o vi arresto tutti.” Era il segnale che qualcosa era davvero cambiato anche per Jamal Khashoggi, per lui non ci sarebbero stati piu’ sconti o il perdono in caso di ulteriori atti di disobbedienza.
Il potere saudita lui lo conosceva molto bene, già consigliere e capo ufficio stampa della famiglia reale capi’ alla svelta che l’unica possibilità che gli rimaneva era quella di lasciare il paese. Allora si trasferi’ negli Stati Uniti dove inizio’ a collaborare con il Washington Post scrivendo ancora una volta, articoli molti critici sul regime saudita e sull’erede al trono che non ama come da tradizione di famiglia, i pareri divergenti specie quelli di un suddito.Inutile dire che la casa reale non apprezzo’ l’attivismo di manifestando il disappunto piu’ volte specie alle strutture dell’intelligence che Khashoggi conosceva bene. Contestualmente, si diffusero voci su possibili piani per rapirlo ed eliminarlo, un fatto che mise il giornalista saudita in uno stato di tensione continua.
Per tornare alla sua scomparsa, la Turchia è entrata a gamba tesa nella vicenda fin dall’inizio; i servizi segreti turchi (MIT), la magistratura di Istanbul e alti funzionari governativi che hanno dichiarato alla stampa che sono convinti che “Jamal Khashoggi sia stato ucciso all’interno del consolato e che il suo corpo sarebbe stato fatto a pezzi e portato fuori con delle valige”. I giornali che fanno da megafono al governo turco hanno subito indicato i colpevoli; 15 cittadini sauditi arrivati in Turchia su voli privati. Sono state diffuse le foto del presunto commando ma di loro non c’è traccia.
E il corpo di Khashoggi? Nemmeno di questo c’è traccia e le ipotesi sono state moltissime; sciolto nell’acido, soffocato e tagliato a pezzi da vivo e portato fuori con delle valigie, smembrato e lasciato nel giardino del consolato ed altre ancora.
Lo scorso 11 ottobre e anche nei giorni successivi gli stessi media hanno diffuso la notizia che le autorità avrebbero “registrazioni audio e video in cui si sentirebbero le voci del giornalista e di alcuni uomini che parlano in arabo” Nei file si sentirebbero le torture inflitte e l’esecuzione di Khashoggi. E dove sono questi file audio ? Mistero.
Quindi? Abbiamo un caso di sparizione internazionale, un probabile omicidio, ma non c’è il corpo, ci sarebbero dei colpevoli che non si trovano e una sola certezza; Jamal Khashoggi è entrato nel consolato saudita il 2 ottobre 2018 senza esserne mai uscito, almeno con le sue gambe. Le teorie e i complotti su questa vicenda impazzano da molti giorni ma visti gli attori, il luogo e la nazione dove si sarebbe consumato il presunto omicidio e il successivo occultamento del corpo, la prudenza è d’obbligo. Tante le domande.
Perché l’Al-Mukhabarat al-‘Amma ( i servizi segreti sauditi) alle prese con una delicatissima transizione di potere come quella attuale, dovrebbero uccidere o comunaue avallare l’eliminazione di un noto oppositore mentre si trovava all’interno di una struttura dipolomatica saudita specie ad Istanbul ? Perche utilizzare un commando di 15 persone e non un qualsiasi killer colombiano o messicano o un ex militare di qualche paese balcanico? I soldi per pagare questo servizio non mancano di sicuro.
Perché un Principe in ascesa come MBS erede al trono designato non senza traumi e spaccature interne, perché un uomo che gode ( non si sa fino a quando) del sostegno degli USA e di altri attori regionali nonostatante la folle guerra nello Yemen e lo scontro con l’Iran dovrebbe infilarsi in una vicenda dalla quale puo’ solo trarre discredito, sanzioni e l’isolamento internazionale? Ma soprattutto perché mandare in fumo il piano “Vison 2030” da lui fortemente voluto, un progetto gigantesco fatto di investimenti economici che punta a modernizzare l’Arabia Saudita e per il quale sono necessari capitali stranieri? Per un oppositore seppur di prestigio che scrive sul “Washington Post”? Tutto è possibile ma qualcosa davvero non torna. E se i nemici dell’erede al trono saudita che sono moltissimi persino nella sua stessa famiglia, avessero architettato tutto? MBS anche a causa del suo carattere risoluto, è inviso a molti principi e a numerosi membri influenti della famiglia reale che con la sua ascesa hanno perso privilegi economici e consolidate posizioni di potere. E se Moḥammad bin Salmān Āl Saʿūd, che ha già commesso diversi passi falsi come in Libano (vicenda Hariri), nello guerra nello Yemen e sulla vicenda della quotazione in borsa del 5% della “Saudi Aramco” ( la compagnia petrolifera saudita) , affare da 100 miliardi dollari che dovrebbe finanziare “Vision 2030” che dopo il roboante annuncio è stata sospesa e forse dimenticata senza ulteriori informazioni, avesse già perso il controllo “dello stato profondo” saudita a cominciare dai suoi servizi segreti ? Se cosi fosse sarebbe una pessima notizia e non solo per l’Arabia Saudita.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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