L’elezione di Sahle-Work Zewde alla presidenza dell’Etiopia è stata accolta con entusiasmo dal popolo e dalla comunità internazionale.
1. UN’ELEZIONE STORICA
Il 25 ottobre il Parlamento etiope ha eletto all’unanimità Sahle-Work Zewde come Presidente del Paese. Una laurea conseguita in Francia e una lunga carriera diplomatica che l’ha portata a lavorare come ambasciatrice dell’Etiopia in Senegal, Gibuti e Francia, nonché a ricoprire la carica di rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite presso l’Unione Africana: questo è “il profilo” della prima donna a ricoprire la massima carica dello Stato nell’Etiopia moderna. Nonostante quello di Presidente sia essenzialmente un ruolo cerimoniale, l’aver affidato questo compito a una donna è visto all’interno e all’esterno del Paese come un ulteriore passo avanti in quella che sembra essere una rivoluzione democratica e femminista del Governo guidato dal primo ministro Abiy Ahmed. Questa elezione, infatti, arriva a solo una settimana dalla formazione del nuovo esecutivo, che vede affidati a donne ben dieci ministeri su venti. Tra le nomine al femminile più interessanti figurano quella di Aisha Mohammed, prima donna a ricoprire l’incarico di ministro della Difesa, e quella di Muferiat Kamil, che guiderà il ministero della Pace, istituito da Abiy Ahmed e che si appresta ad avere un ruolo tutt’altro che marginale, dato che avrà tra i suoi compiti anche quello di guidare i servizi segreti e le forze di sicurezza. La loro inclusione in posizioni di potere sembra essere un primo passo verso la normalizzazione del ruolo delle donne come policy-maker negli spazi pubblici, in aperta opposizione con il modello patriarcale del Paese, caratterizzato da una forte diseguaglianza di genere.
Fig. 1 – Sahle-Work Zewde, prima donna eletta Presidente in Etiopia
2. L’IMPORTANZA DI IMPLEMENTARE POLITICHE DI GENERE EFFICACI
Tuttavia proporre modelli di donne emancipate non basta per promuovere una società improntata sulla parità di genere. Nel suo discorso di insediamento Sahle-Work Zewde è sembrata più che consapevole del suo ruolo in questa sfida e ha promesso di lavorare sodo per rendere l’uguaglianza di genere una realtà per l’Etiopia. Il cammino da compiere per raggiungere questo obiettivo è ancora lungo. Lo scarso risultato raggiunto dall’Etiopia nel report sul Gender Gap del 2017 pubblicato dal Word Economic Forum – dove il Paese risulta 115° su 144 Stati analizzati – ci può dare un’idea della complessità di questa sfida. Nonostante negli ultimi anni non siano mancati progressi significativi nel garantire l’accesso all’istruzione primaria delle bambine, resta ampio il divario di genere nell’alfabetizzazione di base e il coinvolgimento delle donne nella gestione delle risorse, così come la loro partecipazione nella vita della comunità, resta prevalentemente mediato dalla presenza maschile di padri e mariti. Questa situazione è ancora più evidente in ambiente rurale, dove vive l’80% della popolazione e dove le donne costituiscono la maggioranza della forza lavoro agricola, senza vedere spesso riconosciuto il proprio ruolo di lavoratrici. Ma l’emancipazione delle donne non passa certamente solo per vie istituzionali e in Etiopia è in atto già da qualche anno un coinvolgimento dal basso di donne che lottano per la protezione dei propri diritti. È il caso dello Yellow Movement, un movimento femminista nato all’interno della University School of Law di Addis Abeba nel 2011 con lo scopo di creare consapevolezza sui rischi legati alle violenze di genere nel Paese, chiedendo una maggiore protezione. Se questa consapevolezza dei diritti delle donne continuerà ad aumentare potrà diventare un terreno fertile in cui riforme istituzionali e programmi per l’empowerment femminile potranno veramente dare i loro frutti.
Fig. 2 – Il primo ministro etiope Abiy Ahmed
3. IL CAMMINO VERSO LA PACE
La nuova Presidente ha inoltre sottolineato la necessità di cooperare per una pace duratura in un Paese che è stato per anni caratterizzato da conflitti su base etnica. L’Etiopia infatti è in una nuova fase della sua storia grazie alla normalizzazione dei rapporti con la vicina Eritrea. Nonostante la scelta di pacificare le relazioni con l’Eritrea e le successive riforme del primo ministro Abiy Ahmed siano state accolte da un generale entusiasmo da parte della popolazione e della comunità internazionale, non mancano le voci contrarie tra le élite più conservatrici del Paese. Inoltre, l’appartenenza del premier all’etnia degli Oromo, maggioritaria nel Paese, ma da tempo marginalizzata, potrebbe diventare un ulteriore punto di scontro. L’elezione di Sahle-Work Zewde in questo clima teso, oltre a essere di ispirazione per una società più giusta e libera dai vecchi conflitti, può rappresentare anche un elemento di distensione. La sua relativa estraneità rispetto alle coalizioni storiche e ai tradizionali giochi di potere può infatti aiutare ad allontanare la paura di nuovi conflitti etnici interni alla leadership dello Stato.
Marcella Esposito
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