Il Congresso del Partito Comunista Cinese ha incoronato Xi Jinping e il suo pensiero, ma lungo la strada del presidente ci sono adesso avversari politici da affrontare e difficili riforme da portare a compimento. Xi Jinping ha vinto a mani basse. Controlla il Comitato permanente del Politburo e il suo “pensiero” ha ricevuto lo stesso appoggio che aveva ricevuto quello di Mao quando questi era il leader incontrastato del Paese. Questo, in poche parole, è il risultato del 19° Congresso del Partito, conclusosi mercoledì 25 ottobre.
Allora perché l’ex presidente Jiang Zemin ha sbadigliato e guardato l’orologio durante il discorso di Xi, come mostrano molte immagini dell’evento? E perché solo poche ore dopo l’apertura del Congresso un alto funzionario del partito ha parlato di un tentativo di colpo di mano contro Xi?
Nelle cerimonie di partito, i veterani sanno bene che i dettagli sono più importanti di molti proclami. Allora forse, il contrasto tra questi due dettagli – da una parte il discorso pronunciato da Xi, dall’altra lo sbadiglio di Jiang – nasconde la verità dietro la notizia di un possibile colpo di Stato e apre uno spiraglio di luce sul futuro della Cina. Oppure potrebbe trattarsi di una machiavellica ipotesi cospiratoria, che forse non può essere applicata al contesto della Cina.
Perché l’ex presidente Jiang Zemin ha sbadigliato durante il discorso di Xi Jinping? E perché poche ore dopo l’apertura del Congresso un alto funzionario del partito ha parlato di un tentativo di colpo di mano?
Nel 1940, Mao annunciò e poi stabilì “il pensiero di Mao Zedong” come lo strumento principale da utilizzare nella battaglia politica. I suoi nemici allora erano i “28 bolscevichi”, un gruppo di dirigenti quadri che erano stati addestrati a Mosca e che Stalin aveva mandato in Cina affinché assumessero il controllo del Partito Comunista Cinese.
Forti della “benedizione ideologica” e del sostegno organizzativo e finanziario del grande “fratello russo”, i “bolscevichi” assunsero effettivamente la guida del partito. All’epoca il PCC era braccato dal suo nemico giurato, i nazionalisti del Kuomintang (KMT). Come tutte le battaglie all’interno di un partito si giocano sulle idee e sui risultati pratici, Mao riuscì a recuperare la leadership del PCC proponendo una coraggiosa strategia di sovrapposizione: puntò sul socialismo ma con caratteristiche cinesi nell’ottica del progetto internazionale del comunismo. Fu così che riuscì a battere Mosca e i suoi nemici interni.
Allo stesso modo oggi Xi sta proponendo il suo “pensiero” puntando su un modello di socialismo con caratteristiche cinesi per disporre di una potente teoria ideologica attraverso cui sconfiggere i suoi nemici. Non ha detto chi sono questi nemici, ma non è un caso che qualcuno, Jiang Zemin, stesse sbadigliando durante il suo discorso. Il contenuto del suo “pensiero” non è però ancora chiaro. Ma un elemento che emerge, il più evidente e del quale si è parlato di meno, è la concentrazione del potere nelle sue mani.
Un elemento che emerge da questo Congresso, il più evidente e del quale si è parlato di meno, è la concentrazione del potere nelle mani del presidente
Non sappiamo se Xi stia cercando di riportare in auge alcune esperienze del passato e se, qualora avesse intenzione di farlo, queste idee, applicate a venti o trent’anni di distanza in un contesto molto diverso, possano produrre risultati.
Negli anni Ottanta il fronte a sostegno del “neoautoritarismo” infranse l’unità del fronte liberale cinese che, fino ad allora, aveva sostenuto Zhao Ziyang (primo ministro dal 1980 al 1987 e segretario generale del partito dal 1987 al 1989, ndr). Molti liberali a quel tempo furono spaventati dalla possibilità che Zhao non avrebbe ridistribuito il potere una volta che l’avesse concentrato nelle sue mani. Cosa avrebbe fatto con tutto quel potere? Sarebbe diventato un tiranno come Mao?
Gli stessi sospetti aleggiano adesso sulla figura di Xi. Che cosa farà con tutto questo potere? Molti suoi nemici restano in agguato nell’ombra, come dimostrerebbe il tentativo di un colpo di Stato. Ma, oltre che ai suoi nemici, Xi dovrà pensare a portare avanti le sue riforme. E anche su questo fronte, al momento, non si ha conoscenza di un programma chiaro.
I lavori del 19° Congresso del Partito Comunista Cinese non rappresentano solo una questione interna cinese ma una questione globale. La concentrazione di potere nelle mani di Xi, e la poca trasparenza di questa operazione, preoccupano la comunità internazionale. Perché la Cina può spostare i prezzi e l’andamento dei mercati e influenzare la vita di miliardi di persone nel mondo.
Francesco Sisci
Sinologo, editorialista, laureato e specializzato in Lingua cinese a Venezia e a Londra, è stato il primo straniero ammesso alla Scuola superiore dell'Accademia cinese delle scienze sociali di Pechino. Contribuisce a diverse riviste e gruppi di riflessione su questioni geopolitiche.
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