In cosa consiste il dispotismo cinese? Si tratta di un travestimento capitalista di un totalitarismo dirigista, evidente da quando negli ultimi dieci anni sono state prodotte testimonianze dei campi di concentramento o rieducazione nella provincia dello Xinjiang. In questa provincia al 2015, quando era avviato da poco il progetto di indottrinamento dirigista, si contavano 10 milioni di iuguri musulmani.
Come ha scritto su The diplomat Gabe Collins: «La peggiore esplosione di violenza documentata negli ultimi 20 anni si è verificata a Urumqi nel luglio 2009, quando quasi 200 persone sono morte e almeno 1.700 hanno riportato ferite. Oltre a questo spasmo di violenza, la maggior parte degli incidenti si è verificata nella fascia di popolazione iugura che taglia lo Xinjiang occidentale e sud-occidentale, in particolare nell’area intorno alla città di Kashgar. Il nord dello Xinjiang è stato notevolmente tranquillo, nonostante raccogliesse centri abitati abbastanza grandi. È probabile che la tranquillità di queste aree derivi dal fatto che si tratta di comunità più recenti e popolate principalmente a etnia Han qui emigrate per lavorare in varie imprese industriali e progetti di sviluppo del petrolio e delle risorse naturali, come ad esempio presso la grande raffineria e gli impianti di stoccaggio del petrolio a Dushanzi, a ovest di Urumqi. […] Le aree dominate dagli iuguri, come Kashgar, dove nel 2015 si sono verificati molti episodi di violenza, sono situate in posizione strategica, mentre le arterie infrastrutturali primarie (gasdotti) e le risorse minerarie (giacimenti di carbone e petrolio) si trovano più lontano, nel deserto di Taklamakan, pressoché disabitato, o più a nord della “cintura uigura” costituita dallo Xinjiang meridionale e sudoccidentale».
Sul sito del Parlamento inglese è stato pubblicato il 17 marzo 2021 un resoconto sui campi di lavoro forzato dello Xinjiang e sulla catena del valore del Regno Unito: più di 82 compagnie straniere e cinesi beneficiano direttamente o indirettamente dello sfruttamento del lavoro degli iuguri; 82mila di essi vi sono stati qui trasferiti tra 2017 e 2019 e c’è prova stringente che le donne siano state sterilizzate forzatamente come parte di un programma di controllo della popolazione, al punto che nelle prefetture più estese il calo tra 2015 e 2018 è stato dell’84%.
La Cina è finora sempre riuscita a difendersi dalle accuse coi numeri in sede Onu. Attualmente ha il sostegno di Paesi come Bahrain, Bielorussia, Cambogia, Repubblica democratica del Congo, Cuba, Dominica, Egitto, Grenada, Iran, Iraq, Kiribati nella Micronesia e altri Stati tra cui il Marocco (per via della situazione nel Sahara occidentale che deve difendere). In questo contesto polarizzato persino la Germania ha dovuto ricalibrare le sue attività di cooperazione commerciale, benché già nel 2019 rientrasse nel blocco che condannava le pratiche dello Xinjiang.
Per la Germania il caso che fa scuola è quello di Volkswagen per l’impiego nei suoi stabilimenti di Urumqi di forza lavoro iugura. Il caso parte dall’assunto di violazione dei diritti umani e viene svolto in forza di una normativa ad hoc varata dalla giurisprudenza tedesca nel 2023. Da notare che ci sono gli estremi per intraprendere azioni legali simili anche contro BMW e Mercedes nei loro stabilimenti nella stessa regione. Va ricordato, inoltre, che gli Stati Uniti hanno il divieto anche solo di importare merce ivi prodotta. La Volkswagen ha pagato più degli altri perché ha una quota di minoranza nella joint venture a capo degli stabilimenti in Xinjiang presieduti dalla Saic motor (di proprietà della Repubblica Popolare Cinese). Le prime avvisaglie si erano manifestate a inizio 2023 in seguito alla visita agli stabilimenti da parte del direttore di Volkswagen, con esito interlocutorio dal momento che i lavoratori intervistati erano campioni scelti che potevano temere ritorsioni. Il rischio per la reputazione aziendale di mantenere quell’impianto era elevato e poteva influire sulla quote di mercato mentre alcuni fondi erano già spostati verso altri portfolio escludendo le quote VW, dopo che la Morgan Stanley aveva emesso un avviso di avvertimento a novembre 2022.
Nello Xinjiang Volkswagen non produce ma fa quality check e realizza batterie per auto elettriche. In questo stabilimento si produceva in precedenza il modello Santana mentre dopo il Covid la produzione si è contratta, il personale è stato ridotto del 65% e oggi vi si realizzano 10mila unità contro le 50mila per le quali l’impianto era stato concepito.
Sul caso potrebbero presto tornare ad affondare il colpo gli Stati Uniti. Come suggerito da National interest, «il Dipartimento di Stato potrebbe anche prevedere un rafforzamento dello status del Congresso mondiale degli iuguri. Pur non caldeggiando il separatismo, il Congresso sostiene la necessità che gli iuguri determinino il futuro politico del Turkestan orientale. Washington potrebbe anche accogliere una rappresentanza politica diretta per la Mongolia interna e opporsi a una sua ulteriore colonizzazione». Si può quindi parlare in prospettiva di una narrativa tesa a recuperare l’autonomia di questa regione ora territorialmente cinese, piuttosto che una sua indipendenza, parallelamente a quanto viene portato avanti su Taiwan, dove l’American Enterprise Institute svolge il ruolo di ambasciata de facto, modello replicabile a Dharamsala in India per il discorso Tibet.
Per sintetizzare questo scenario non ci sono migliori parole di quelle gesuitiche, meta-machiavelliche di Gracian: occorre «un principe vivo, che tutto vede, tutto ode, tutto annusa, tutto tocca. Gli orecchi di Vespasiano non erano ammalati dall’acciacco regale comune: gli adulteri della verità, le disgrazie dell’informazione, i tradimenti dell’adulazione».
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