La questione turco-cipriota è uno dei tanti dossier di politica estera rimasti aperti e irrisolti da decenni, di cui si parla poco o a fasi alterne a seconda di quello che l’attualità mediatica impone. Eppure, interessarsi di quanto accade nell’isola mediterranea è fondamentale per comprendere, da un lato, i limiti del progetto di integrazione europea e, dall’altro, le tensioni geopolitiche in atto nella regione. Ben venga dunque il libro di Giovanni Vazzana L’ultimo muro d’Europa che, con grande capacità di sintesi, è riuscito a fare nuovamente luce sulla vicenda presentando e riassumendo i nodi chiave che ci fanno capire perché non sia ancora stato possibile pervenire a una soluzione diplomatica soddisfacente in grado di ricomporre le due parti dell’isola di Cipro.
Il paragone che nel libro viene fatto tra la divisione dell’isola in due parti – quella greca a Sud e quella turca a Nord – e il muro di Berlino, simbolo per antonomasia della Guerra Fredda, deve essere accolto con le dovute proporzioni a causa di contesti e vicende differenti, ma è senza dubbio un’immagine utile per descrivere la tensione esistente tra l’Unione Europea e la Turchia. Con il senno di poi, si potrebbe dire che Bruxelles abbia mancato di lungimiranza nel non dare impulso sufficiente ai negoziati intrapresi ufficialmente nel 2005 con Ankara per l’adesione della Turchia all’UE. Il percorso sarebbe stato innegabilmente controverso e pieno di ostacoli, ma se oggi ci trovassimo con una Turchia pienamente inserita nell’orbita europea molte delle attuali tensioni sarebbero state probabilmente già risolte o ci sarebbero a disposizione dei meccanismi per renderle più facilmente gestibili. La Turchia sarebbe inserita in uno spazio economico comune agli altri Paesi UE – il Mercato Unico – che avrebbe facilitato di riflesso anche la gestione del dossier cipriota, ivi inclusa la questione delle risorse energetiche (giacimenti di gas naturale) scoperte di recente nelle acque territoriali dell’isola.
Invece, la situazione attuale è decisamente più complessa: la Turchia del «Sultano» Erdogan agisce sempre più come free-rider nell’area mediterranea e mediorientale, al punto che la lealtà di Ankara all’interno della NATO è stata messa in dubbio. La Turchia si muove con spregiudicatezza nell’area approfittando dello scarso impegno sul campo delle potenze occidentali, a partire dagli Stati Uniti (che già durante la Presidenza Obama avevano messo in campo un progressivo disengagement dalla regione MENA), e così l’ex potenza ottomana proietta la propria influenza dalla Libia no alla Siria.
Ecco, dunque, perché potremmo dire che oggi Cipro rappresenta una «spina nel fianco» nell’ambito dei rapporti bilaterali tra l’UE non solo con la Turchia ma con l’intero Medio Oriente, in seguito al progressivo allontanamento del governo di Erdogan dall’orbita delle democrazie liberali di stampo occidentale. Del resto, è la stessa posizione geografica dell’isola a testimoniarlo: Cipro occupa evidentemente un ruolo strategico come avamposto europeo nel Medio Oriente, a sud della Turchia e a pochi chilometri dalle coste libanesi (non a caso un’altra area in grande subbuglio a livello politico, economico e sociale).
Il breve excursus dell’autore sull’importanza della geopolitica è dunque funzionale a spiegare come mai la posizione geografica di Cipro sia fondamentale per determinare la persistenza di tali contrasti. Il testo offre inoltre un’interessante opportunità di riflessione sul ruolo dell’Unione Europea, utilizzando il caso-studio di Cipro per ragionare sullo stato dell’arte del progetto di integrazione. Il risultato che ne emerge è ambivalente.
Da un lato, giova sottolineare come, anche grazie alla partecipazione all’UE, uno Stato molto piccolo e scarsamente dotato di risorse naturali (almeno fino a pochi anni fa) sia riuscito ad affrancarsi da un sistema produttivo prevalentemente agricolo e a trasformarsi in un’economia sviluppata basata sui servizi (al netto della pesante crisi finanziaria subita nel 2012-13), che negli ultimi anni – almeno fino a prima della pandemia – è cresciuto con una media del 4,4% annuo. L’interessante storia della startup Colive, descritta in uno dei capitoli di questo libro, è un bell’esempio di come anche una piccola economia si possa sviluppare in maniera virtuosa e innovativa, se si creano le condizioni opportune.
Dall’altro lato, non si può far finta di non vedere le falle e il vacuum geopolitico lasciato dall’UE nel Mediterraneo: Cipro stessa è un esempio della crescente influenza non solo di Ankara ma anche di Mosca nell’area. Sembra dunque che una soluzione duratura alla frontiera che divide tuttora in due l’isola greco-turca, non potrà prescindere da una ulteriore maturazione del processo di integrazione europea che passi per l’elaborazione di una politica estera finalmente condivisa e autorevole.
di Davide Tentori
prefazione al libro
L’ultimo Muro d’Europa
di Giovanni Vazzana
Davide Tentori
Nato a Varese nel 1984, Dottore di Ricerca in Istituzioni e Politiche presso l’Università “Cattolica” di Milano. Lavora presso l’Ambasciata Britannica come Esperto di Politiche Commerciali. Prima, ha lavorato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e ancora Londra come Research Associate presso il dipartimento di Economia Internazionale a Chatham House – The Royal Institute of International Affairs. Responsabile Europa de Il Caffè Geopolitico
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