Tra 24 febbraio e marzo 2022 gli account cinesi controllati dal governo hanno impiegato 180 volte il termine «operazione militare speciale» – quasi sempre senza virgolette, appropriandosi del messaggio russo – e solo 140 la parola «invasione». In altre 345 occorrenze si parla di «questione» e in 250 casi di «situazione». Il portavoce del ministro degli Affari esteri cinese, Hua Chunying, ha detto che il lemma «invasione» è tipico del doppio standard occidentale. Espressione, ricordiamolo, molto amata da Putin da tempi del discorso all’Onu. In 150 occorrenze, inoltre, si è parlato di «legittime preoccupazioni di sicurezza» per il confine russo. Tra gennaio e marzo 2022, si è citata la Nato 500 volte di più di quanto non si sia fatto nel corso del 2021.
Si promuove quindi la narrativa del Cremlino. Il sito russo Newsfront ha rilanciato a marzo 2022 che Zelensky si nascondeva nell’ambasciata americana in Polonia, notizia ripresa su Twitter dal console generale cinese a Belfast Zhang Meifang, il cui account eufemisticamente si chiama @PandemicTruther. A fine febbraio, inoltre, la giornalista di Sputnik e RT Gaytandhzieva aveva asserito con un link posticcio che esisteva un arsenale di armi chimiche americane in Ucraina. Notizia ripresa dal portavoce del ministro degli Affari esteri Hua Chunying e dal solito @PandemicTruther. Poi tutto è stato rimosso. Questa manovra avrebbe anche potuto coprire l’uso delle armi chimiche da parte russa.
Tornando alla liaison sino-russa, la diffusione dell’epiteto ucraini «nazisti» è stata promossa ufficialmente da Zhagn Heqing, consigliere culturale dell’ambasciata cinese in Pakistan e da Cao Yi, diplomatico all’ambasciata cinese in Libano. Tutti fatti di più di un anno fa che ormai sono storia e dovrebbero far riflettere sulle considerazioni di altri diplomatici cinesi sulla non-statualità delle ex Repubbliche sovietiche. Il messaggio è chiaro: dopo l’Ucraina può essere la volta di Georgia, Moldavia eccetera. A questo punto dovrebbe essere evidente il legame diciamo così «spirituale» tra Donbass e Taiwan. La differenza, come visto, è che mentre la Russia ha usato nel Donbass gli uomini verdi, la Cina per Taiwan ha arruolato i suoi bot, soprattutto a partire dal 2019. Si è parlato di spamouflage che resiste nel tempo alle segnalazioni dei vari Facebook, Twitte, e YouTube.
Gli attacchi cyber cinesi danno prova di quello che in gergo si chiama «adattamento»: spesso ci si serve di cellule semiautonome con collegamenti minimi tra loro. In questo modo i cinesi evitano gli algoritmi-rete di Twitter. Si impiegano poi in simultanea degli account vistosamente falsi e altri che sono riconducibili a persone esistenti e che magari erano appartenuti a terzi in passato. Secondo una ricerca di cybersecurity del gruppo Graphika, tra febbraio 2020 e gennaio 2022 falsi account Twitter hanno postato circa 1.400 video di cosiddette breaking news. Una vera ostentazione di professionalità con orari basati su quelli lavorativi e sul calendario delle feste cinese.
Leggi anche
Notizie «sporche» su Taiwan e come riconoscerle
Xi Jinping. L’uomo più potente al mondo
Hi-Tech: i punti deboli della Cina
21 Mag 2024
La sfida tra Stati Uniti e Cina in campo tecnologico mostra una Cina nettamente indebolita nonostante la sua guerra…
Cosa aspettarsi dalla diversificazione energetica della Cina
4 Apr 2024
Le stime cinesi, seguendo il discorso del presidente Xi Jinping alle Nazioni Unite del 2020, indicano il 2030 come…
Navalny morto in prigione
16 Feb 2024
Alexei Navalny, il principale oppositore del presidente russo Vladimir Putin, è morto nella colonia penale di Kharp, a…
Cina, perché a nessuno interessano gli Uiguri?
16 Nov 2023
In cosa consiste il dispotismo cinese? Si tratta di un travestimento capitalista di un totalitarismo dirigista,…