Nonostante la pressione militare degli Stati Uniti, le sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e il graduale allentamento dei rapporti con Cina e Russia, la Corea del Nord può ancora contare su diversi alleati in tutto il mondo, principalmente in Africa. Relazioni poggiate sulla comune base ideologica dell’anticolonialismo e dell’antimperialismo, che affonda le proprie radici fin dai primi del Novecento per cementarsi durante gli anni della Guerra Fredda. Ma non solo. Perché se il regime di Pyongyang ancora oggi si sente a casa propria in Africa è per via degli affari economici e, soprattutto, per le forniture di armi e tecnologie militari che lo legano a questo continente.
Secondo l’ONU al momento dei 53 Stati africani sono undici quelli che violano il regime sanzionatorio imposto a Pyongyang. Tra questi, quelli che intrattengono i rapporti più stretti sono Repubblica Democratica del Congo, Angola, Eritrea, Egitto, Sudan, Mozambico e Uganda.
La Corea del Nord ha guardato con sempre più interesse all’Africa dopo il suo primo test nucleare effettuato nel 2006. Da allora Pyongyang, presagendo l’imminente presa di distanza di Pechino nei suoi confronti, ha aumentato il volume degli affari commerciali con i Paesi africani, passando da un fatturato medio di 90 milioni di dollari all’anno, registrato tra il 1998 e il 2006, a 216,5 milioni tra il 2007 e il 2015.
Il comune passato anticolonialista
Il primo rafforzamento dell’asse Corea del Nord-Africa risale ai tempi della Guerra Fredda quando la Repubblica Popolare Democratica di Corea, divenuta indipendente dal Giappone dopo la fine della seconda guerra mondiale, sotto la guida di Kim Il-Sung non ha esitato a fornire supporto alle nazioni africane che all’epoca erano ancora dominate dalle potenze coloniali europee.
Da allora la solidità di questo legame ha assunto le sembianze mastodontiche di statue e monumenti celebrativi che diversi Paesi africani hanno commissionato allo studio d’arte nordcoreano Mansudae. Sono quindici gli Stati africani che hanno fatto acquisti presso il Mansudae Overseas Project (MOP), società satellite dello studio d’arte che opera oltre i confini nordcoreani. Tra questi ci sono stati Angola, Benin, Ciad, Congo, Guinea Equatoriale, Etiopia, Togo, Mozambico e Zimbabwe.
La prima statua made in Nord Corea eretta in Africa è stata quella ad Addis Abeba il 12 settembre del 1984 per onorare lo sforzo dei soldati etiopi e cubani durante la guerra di Ogaden. Tra le ultime c’è quella che domina il distretto di Ouakam, a Dakar, per la quale l’ex presidente Abdoulaye Wade sborsò 23 milioni di dollari.
Due enormi statue di Robert Mugabe, 93 anni, presidente dello Zimbabwe dal 1987, pare che invece siano custodite in un hangar e che vedranno la luce solo dopo la sua morte. Sia Mugabe che il presidente dell’Uganda Yoweri Museveni, tra gli anni Ottanta e Novanta hanno avuto stretti rapporti personali con Kim Il-Sung e Kim Jong-il poi. Rapporti che sono stati solo in parte offuscati di recente dai tentativi di intromissione della Corea del Sud, che con il viaggio in Africa nel 2016 dell’ex presidente Park Geun-hy ha cercato di portar dalla propria parte i due storici alleati della Corea del Nord promettendo loro massicci investimenti nei loro Paesi e contratti vantaggiosi per la fornitura di attrezzature militari.
Il mercato delle armi
Come detto, l’arte non è l’unico strumento attraverso cui la Corea del Nord continua a lasciare proprie impronte in Africa. KOMID (Korean Mining Development Trading Corporation), società controllata dalla MOP, è considerata dagli Stati Uniti come il «primo commerciante di armi nordcoreane» e come il «principale canale di proliferazione» di attrezzatture balistiche e armi convenzionali prodotti dall’industria bellica di Pyongyang. Motivo più che sufficiente per far finire sia MOP che Komid nel mirino delle sanzioni internazionali. Le loro attività in Africa sono concentrate soprattutto sulla costruzione di infrastrutture per la difesa, oltre che sulla fornitura di armi, munizioni e know how tecnologico.
Le attività della Corea del Nord in Africa sono concentrate soprattutto sulla costruzione di infrastrutture per la difesa, fornitura di armi, munizioni e know how tecnologico
Uno dei Paesi che ne beneficia di più è la Namibia. Qui la Corea del Nord si è aggiudicata molte importanti commesse, praticamente senza passare per alcuna gara d’appalto. Tra le opere realizzate ci sono il Palazzo Presidenziale, il Museo Militare di Okahandja, il Museo dell’Indipendenza, edifici dei servizi di intelligence e l’estensione della tenuta dell’ex presidente Sam Nujoma a Etunda, a 350 km dalla capitale Windhoek. Lavori che dal 1999 a oggi hanno fatto arrivare nelle casse di Pyongyang svariati miliardi di dollari. Commesse che non si sarebbero fermate nonostante l’annuncio fatto nel gennaio del 2016 dal governo della Namibia di scindere i contratti con MOP e KOMID. Lo dimostrano la costruzione recente di una fabbrica di armi e munizioni a Oamites (lavoro solo formalmente passato a una società serba) e di un’accademia militare nella Leopard Valley.
I rapporti con gli altri Stati
A Maputo uno dei principali viali porta il nome di Kim Il-Sung a testimonianza delle ottime relazioni tra Mozambico e Corea del Nord dai tempi della Guerra Fredda, suggellate da forniture di armi partite anche ultimamente da Pyongyang secondo le Nazioni Unite.
In Eritrea, la Corea del Nord ha riferito di aver consegnato attrezzature per la diffusione di trasmissioni radio. In Repubblica Democratica del Congo ha partecipato alla costruzione di una fabbrica di munizioni a Likasi e fornito formazione alle unità speciali dell’esercito e della guardia presidenziale di Kinshasa oltre che pistole automatiche.
In Angola istruttori nordcoreani hanno addestrato alle arti marziali membri della guardia presidenziale. L’Etiopia tiene viva la cooperazione con Pyongyang per sviluppare il proprio arsenale bellico. La Tanzania, infine, ha più volte ricevuto ingegneri militari nordcoreani per potenziare la propria flotta aerea.
Con Kim Jong Un al potere la vocazione internazionale del regime nordcoreano non è più la stessa rispetto all’epopea di Kim Il-Sung. Ma, nonostante tutto, la Corea del Nord continua a mantenere il suo fascino ideologico nei confronti dell’Africa. E, soprattutto, non esita a offrire “scorciatoie” a chi intende aggirare le sanzioni e i paletti imposti dalla comunità internazionale.
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Rocco Bellantone
Caporedattore di Babilon, giornalista professionista, classe 1983. Collabora con le riviste Nigrizia e La Nuova Ecologia di Legambiente. Si occupa di Africa, immigrazione e ambiente.
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