C’è una sfiducia reciproca crescente tra Cina, URSS e USA, e la questione nord coreana non li unisce, anzi diventa il primo terreno di scontro nella lunga lista delle questioni irrisolte. La Nord Corea ha creato una rete di economia criminale che finanzia il suo programma di armamenti con una molteplicità di fonti, compresi il traffico di droga (meta-anfetamine) e denaro falso (dollari e yuan cinesi). Inoltre, c’è la diffusione delle armi di distruzione di massa. Dato che il costo del nucleare e della missilistica si abbassa sempre di più, Kim può diventare un esempio per ogni dittatore o aspirante tale in giro per il mondo. Ciò complica soprattutto la trattativa con l’Iran.
Questa molteplicità di frizioni alle sue spalle ha creato un clima ideale perché la Nord Corea applichi l’arte che ha perfezionato in passato: mettere l’uno contro altro e, in questo, far emergere il proprio potere e la propria forza di ricatto. Nel frattempo, si assottiglia la possibilità di ricorrere a opzioni militari. L’economia sudcoreana cresce e i costi di un eventuale bombardamento del Nord con cannoni tradizionali diventa sempre più impossibile, mentre il miglioramento degli armamenti alza sempre di più il costo di un possibile scontro. I vicini, cioè, sono sempre meno disposti a pagare un eventuale intervento militare, e la Nord Corea alza sempre di più il costo di un’eventuale guerra.
In questa situazione, l’unica risposta possibile parrebbe arrendersi a Kim. Dargli quello che vuole e sperare nel suo buon cuore. Ma, dato che lui non ha dimostrato di avere buon cuore, nessuno ha voglia di cedere e di infilarsi in una situazione che potrebbe essere di fatto senza uscita. Con in più il pesante precedente americano. Dopo l’11 settembre, gli USA non possono rischiare di porsi sotto la minaccia di un pazzo che potrebbe colpire con un missile nucleare Guam o San Francisco.
In teoria, una soluzione è possibile: mettere tutti gli attori che hanno a che fare con Kim intorno a un tavolo e concordare prima cosa fare e offrire, chiudendo quindi le porte alla politica dei due forni di Kim. Dato che Kim vorrà sopravvivere, cercherà di alzare il prezzo ma, alla fine, cederà.
Ma oggi è difficilissimo portare USA e Cina intorno a un tavolo per concordare una politica comune su Pyongyang, perché gli uni e gli altri credono che la crisi coreana sia usata per mettere in difficoltà l’altra parte.
Francesco Sisci
Sinologo, editorialista, laureato e specializzato in Lingua cinese a Venezia e a Londra, è stato il primo straniero ammesso alla Scuola superiore dell'Accademia cinese delle scienze sociali di Pechino. Contribuisce a diverse riviste e gruppi di riflessione su questioni geopolitiche.
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