Un altro nulla di fatto, un’altra occasione sprecata. Sono deragliati i colloqui tra la delegazione nordcoreana e quella statunitense in merito al dossier nucleare. Lo scorso fine settimana i rappresentanti dei due governi si sono incontrati a Villa Elfvik, un centro congressi sull’isola di Lidingo, nella zona periferica di Stoccolma, per tentare di arrivare a qualche progresso sulla denuclearizzazione della Corea del Nord. Quello in Svezia è stato il primo incontro di alto livello tra le due delegazioni dal fallimento del vertice di Hanoi, in Vietnam, che era finito senza un accordo tra il presidente americano Donald Trump e il leader supremo Kim Jong un. Erano colloqui su cui si puntava molto per uscire dallo stallo che perdura ormai da molto tempo e dal quale Stati Uniti e Corea del Nord faticano ad uscire.
I negoziati in Svezia sono terminati con dichiarazioni opposte da parte di Washington e Pyongyang e a nulla sarebbe valso l’allontanamento del consigliere per la sicurezza nazionale Usa John Bolton, il falco più volte criticato per il fallimento delle trattative con l’ex regno eremita. Silurato John Bolton, dunque, c’era la possibilità che il vento cambiasse tra Usa e Corea del Nord, ma non è successo. I colloqui in Svezia sono apparsi una ripetizione di quanto visto in Vietnam a febbraio, quando a distanza di ore dalla fine del summit la Corea del Nord aveva addossato agli americani la responsabilità del fallimento delle trattative, smentendo la versione ufficiale data alla stampa da Trump. Se da un lato, per gli americani, quelli di Stoccolma sarebbero stati incontri positivi, secondo i nordcoreani, i colloqui si sarebbero anzi interrotti dopo 8 ore e mezzo a causa dell’atteggiamento poco flessibile mostrato, ancora una volta, dai soliti Stati Uniti. Gli americani avrebbero prospettato alla controparte nuove soluzioni e metodi “creativi” per abbandonare l’impasse. Secondo il capo della delegazione nordcoreana, invece, gli americani avrebbero prima nutrito le speranza di Pyongyang, prospettando soluzioni diverse, ma poi avrebbero tradito tali aspettative presentandosi a mani vuote.
Questa è la doppia versione degli incontri svedesi, avvenuti a ridosso delle provocazioni di Kim Jong un, il quale, secondo un iter ormai noto, fa di tutto perché le occasioni di confronto tra le diplomazie siano precedute da test missilistici. Ogni volta che Kim vuole spingere gli Usa a mostrarsi più morbidi, alza il livello della minaccia. L’ultimo razzo lanciato dalla Corea del Nord sarebbe stato un nuovo missile balistico sottomarino. Come ha riferito l’agenzia di stampa nordcoreana Kcna: “Il nuovo missile balistico, un Pukguksong-3, è stato lanciato in modalità verticale”. Per Seoul, è un missile a medio raggio, e di certo costituisce una nuova violazione delle risoluzioni Onu. Ciò contraddice le affermazioni di Trump, che minimizza il pericolo e si mostra ancora pronto a difendere il “rapporto speciale” col dittatore, rapporto che, nella migliore delle ipotesi, ha stentato a decollare. Kim, al contario, non fa che dimostrare di essere indipendente dalle parole del Capo della Casa Bianca e cerca sempre di più la spalla del presidente cinese Xi Jinping.
L’autunno 2019 è arrivato e l’aria estiva che aveva ispirato Trump e Kim nel giugno dell 2018 è un caro ricordo. Scorrono i mesi e si avvicina il termine ultimo dato da Kim per un accordo con gli Usa. Resta il duplice nodo di come e in quali tempi attuare la denuclearizzazione e di cosa offrire in cambio della rinuncia al nucleare da parte della Corea del Nord, ovvero il tanto agognato alleggerimento delle sanzioni. Ad aprile Kim aveva affermato di essere disposto ad aspettare fino a fine anno, termine dopo il quale non si sa bene cosa aspettarsi. Cheong Seong-chang, esperto di Corea del Nord del Sejong Institute del Sud, ha notato che entro il 2019 Kim deve ottenere l’alleggerimento delle sanzioni perché dopo tale limite temporale saranno obbligati a tornare in Corea del Nord i cittadini che lavorano in Cina e Russia, fonte essenziale di entata di valuta per le casse spoglie di Pyongyang. La Corea del Nord, del tutto disillusa, accusa Trump di voler giocare la carta di un negoziato ancora in ottimo stato con i nordcoreani per ottenere un vantaggio elettorale a fronte delle presidenziali del 2020 e definisce prive di fondamento le notizie di nuovi colloqui in Svezia nelle settimane a venire. Dei test missilistici della Corea del Nord si parlerà in una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza Onu previsto in settimana. Regno Unito, Francia, Germania e le potenze europee spingeranno l’organo a fare pressioni su Pyongyang, ancora strangolata dal cappio delle sanzioni dovute alle sue armi.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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