Il presidente nordcoreano Kim Jong Un è disponibile a discutere con gli Stati Uniti l’abbandono degli armamenti nucleari e a sospendere i test atomici e missilistici per tutta la durata dei colloqui. Lo hanno annunciato il 6 marzo ufficiali sudcoreani al termine del confronto tra la delegazione di Seoul e il leader nordcoreano tenutosi a Pyongyang. La delegazione sudcoreana è la prima ad aver incontrato Kim e anche l’unica ad aver ascoltato direttamente le intenzioni del dittatore sul suo programma nucleare.
La tregua olimpica sembra aver funzionato: durante la visita di due giorni nella capitale del Nord, i rappresentanti delle Coree hanno trovato un accordo per un summit tra Kim e il presidente sudcoreano Moon Jae In da tenere a fine aprile alla Peace House a Panmunjon, nella zona demilitarizzata a cavallo del 38esimo parallelo, la linea di confine tra i due Paesi. Il summit sarebbe il terzo incontro di alto livello dal discorso distensivo di Capodanno di Kim.
«La Corea del Nord si è espressa chiaramente a favore della denuclearizzazione», ha annunciato l’ufficio della presidenza Moon con un comunicato. Il testo ha specificato, inoltre, che i nordcoreani non avrebbero motivo di continuare a disporre dell’arma nucleare se venisse meno la minaccia militare da parte della Corea del Sud e se la sicurezza nazionale fosse garantita dagli Stati Uniti. Nel caso tale apertura fosse confermata da Pyongyang, l’annuncio segnerebbe una svolta storica.
Kim Jong Un, da quando nel 2011 è salito al potere, ha sempre rifiutato qualsiasi ipotesi di negoziato basata sulla rinuncia all’arma nucleare in cambio della protezione di Washington. Inoltre, la Corea del Nord ha puntato sull’arma atomica per impedire tentativi di rovesciamento del potere che mettessero a rischio la sopravvivenza stessa del regime.
L’agenzia di stampa nordcoreana KCNA si è limitata a definire il meeting del 5 e 6 marzo uno scambio profondo di vedute per alleggerire la tensione militare sulla penisola e per l’avanzamento del dialogo e della cooperazione. «La Corea del Nord vuole un dialogo sincero con gli Stati Uniti sulla normalizzazione dei rapporti – prosegue il comunicato dei sudcoreani – e si astiene da qualsiasi provocazione per l’intera durata delle trattative».
Le manovre militari di USA e Corea del Sud
Questo basterebbe a definire flessibile il nuovo approccio di Kim, ma la Corea del Nord avrebbe fatto anche un’altra importante concessione. Il consigliere della sicurezza nazionale di Moon, Chung Eui Yong, non ha dovuto insistere con il giovane leader sul punto delle esercitazioni militari congiunte tra Seoul e Washington, previste per aprile. Le manovre militari annuali al largo della penisola sono state sospese durante i giochi olimpici e paralimpici in Corea del Sud ed erano parte dell’ipotesi del doppio congelamento (freeze for freeze) che prevedeva lo stop al nucleare da parte di Pyongyang in cambio della sospensione delle esercitazioni tra Stati Uniti e Corea del Sud, ipotesi che gli USA non avevano accettato. «Il presidente Kim semplicemente comprende il motivo per cui le manovre militari devono tenersi ad aprile nella stessa scala delle precedenti – ha affermato Chung – ma si aspetta che queste vengano ridiscusse nell’ottica di una futura stabilizzazione della penisola». È importante sottolineare che una parte delle esercitazioni militari si svolge per via informatica e l’interruzione di quelle non virtuali non inficerebbe, secondo Foreign Affairs, il potere di deterrenza americano.
Il consigliere Chung si è fatto carico di un altro messaggio, diretto al presidente americano Donald Trump, il cui contenuto non è stato rivelato. La delegazione sudcoreana sarà ascoltata dal capo della Casa Bianca la settimana prossima per fare il bilancio dell’ultimo passo avanti. «La Corea del Nord vuole essere trattata come un partner serio», questa l’unica richiesta di Pyongyang per l’avvio di un dialogo fruttuoso con gli americani. «Gli USA sono pronti a dialogare solo a determinate condizioni e ad andare avanti in qualunque direzione», ha replicato invece Trump.
Fredda la reazione del governo di Tokyo, da sempre favorevole a una linea dura verso Kim. All’indomani dell’apertura della Corea del Nord, il vicepresidente americano Mike Pence ha confermato che gli USA e i loro alleati continueranno a mantenere massima pressione su Pyongyang fino a quando non ci saranno segnali concreti a favore della denuclearizzazione. Con un articolo su Rodong Sinmun, giornale ufficiale del Comitato centrale del Partito del Lavoro di Corea con sede a Pyongyang, la Corea del Nord ha invece ricordato il test americano della bomba H sull’atollo di Bikini, nell’arcipelago delle Marshall, avvenuto il 1 marzo del 1954 e le bombe su Hiroshima e Nagasaki, rivolgendo anche agli USA l’invito alla denuclearizzazione.
Quale sarà la prossima mossa degli USA?
Qualsiasi intesa passa necessariamente per Washington, visto che dalla crisi nordcoreana dipende la sicurezza del popolo americano. Lo scetticismo degli Stati Uniti è motivato dalla consapevolezza che la Corea del Nord potrebbe fare marcia indietro sugli impegni presi. Ci aveva provato anche Bill Clinton nel passato, ha ricordato al New York Times Evans J. R. Revere, un ex ufficiale del Dipartimento di Stato impegnato nel negoziato con Pyongyang. All’epoca, l’ex presidente americano aveva offerto garanzie sulla sicurezza, sull’approvvigionamento di energia alternativa e sui rifornimenti di cibo, ma niente era stato ritenuto sufficientemente adeguato dalla controparte. D’altronde, se le trattative fallissero per colpa dell’Amministrazione Trump, ha aggiunto Revere, difficilmente gli americani se ne assumeranno la responsabilità.
Nonostante le promesse, la Corea del Nord potrebbe ugualmente proseguire nella costruzione del suo arsenale nucleare e continuare a vendere ad altri Paesi le componenti per la fabbricazione di armi o missili balistici. Gli strumenti per impedirlo esistono già. Le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu permettono a qualsiasi nazione di ispezionare le navi nordcoreane. La Proliferation Security Initiative, lanciata da Bush per combattere i traffici di armi nucleari, dovrebbe favorire la cooperazione tra gli Stati. Infine, Pyongyang dovrebbe accettare un’ispezione internazionale sul suo territorio, unico modo per rendere effettivo un eventuale accordo sulle armi.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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