Per i cittadini cinesi non è facile esprimere critiche verso il governo a causa della rigida macchina della censura. Il severo controllo di Pechino su media e social network impedisce e strozza le voci del dissenso. La diffusione del nuovo coronavirus sembrerebbe aver cambiato questa regola, almeno temporaneamente.
Weibo e WeChat sono emersi quali canali di sfogo per i cinesi scontenti del governo di Hubei, la provincia nella Cina centrale epicentro della crisi sanitaria. Quando nel 2003 è scoppiata l’epidemia Sars, Sindrome respiratoria acuta grave, i social network non erano ancora così diffusi, era dunque compito dei soli giornalisti controllare l’operato delle istituzioni e verificare le infomazioni. Nel 2020 è tutto molto diverso e i social sono diventati un mezzo utile per supervisionare il governo e valutare la gestione della crisi. In Cina le critiche per la cattiva gestione dell’emergenza del coronavirus hanno preso di mira in particolare i rappresentanti delle istuzioni locali. Le notizie e i commenti contro il governo centrale di Pechino e contro il presidente Xi Jinping sono stati rimossi promtamente, mentre in tantissimi hanno elaborato sistemi fantasiosi per aggirare la censura. Come racconta il New York Times, Xi, per esempio, è diventato Trump, il coronavirus la tragedia di Chernobyl. Ciò ha reso molto più compesso il controllo delle informazioni da parte di Pechino. Ma è a livello locale che i cinesi sono riusciti ad esprimersi apertamente, sebbene entro certi limiti.
La foto dei componenti del governo di Hubei, che durante la conferenza stampa di domenica 26 gennaio indossano le mascherine protettive in modo scorretto, è presto diventata virale su Weibo e WeChat Moments. Un funzionario locale l’ha indossata senza coprirsi il naso, l’altro, invece, l’ha messa al rovescio. Non è stato risparmiato Wang Xiaodong, il governatore della provincia di Hubei, accusato di aver sbagliato per due volte il numero di mascherine protettive distribuite nella provincia. «Se il virus è onesto, confido non risparmi questa persona inutile»”, è stato uno dei commenti apparsi sotto la foto. In enorme difficoltà Zhou Xianwang, sindaco di Wuhan da settembre 2018, per il quale molti hanno chiesto le dimissioni immediate. L’hashtag per le dimissioni di Zhou Xianwang è stato letto più di 188 mila volte dopo che aveva ammesso pubblicamente di non aver preso per tempo le misure necessarie contro la diffusione del nuovo coronavirus. Il sindaco è accusato di aver reagito troppo lentamente alla crisi, migliaia sono stati i commenti negativi su di lui.
Così ha scritto il giornalista esperto di Cina Simone Pieranni: “Il sindaco di Wuhan, in un’intervista davvero peculiare a una televisione cinese, ha sostanzialmente detto che il suo mancato allarme dipende dalla legge cinese (e non dalla censura) che prevede per questioni legate a epidemie o gravi emergenze sanitarie, che sia il Consiglio di Stato (ovvero il governo e non a caso a Wuhan è andato Li Keqiang, numero due della leadership e «premier» cinese) a dover ufficializzare l’esistenza del problema”.
Questo però non vuol dire che la macchina della censura non abbia funzionato del tutto. Il Beijing Youth Daily, per esempio, scrive il giornale Scmp, aveva pubblicato l’intervista a un medico che era stato rimproverato per aver inviato informazioni e avvertimenti in un gruppo su WeChat a fine dicembre. L’intervista successivamente è stata rimossa ma sui social sono stati condivisi gli screenshots della storia. «Quanto è fortunata una società che ha un medico del genere! Quanto è terribile che in questa società un medico sia messo in una situazione del genere», ha scritto un utente che ha condiviso la storia su Weibo.
In generale, va detto, la Cina sembra avere un atteggiamento di maggiore apertura rispetto a quanto avvenuto nei primi anni Duemila con la Sars. Non a caso, la gestione dell’emergenza è sentita come un test di credibilità per Pechino. Il Comitato Centrale del Partito Comunista ha affermato di voler riportare le informazioni in maniera accurata per rispondere alle preoccupazioni dei governi stranieri. La Cina ha promesso di prendere provvedimenti per i i funzionari che si sono mostrati inadempienti nella gestione dell’emergenza. Tang Zhihong, capo della Commissione per la Sanità della città di Huanggang, nella provincia di Hubei, è stato licenziato. Il licenziamento è avvenuto la sera di giovedì 30 gennaio dopo che la tv di stato CCTV aveva mandato in onda un video in cui appariva incapace di rispondere a domande chiave come il numero di letti disponibili negli ospedali o in merito alla capacità della città di reagire al conoravirus. La città di Huanggang, molto vicina a Wuhan, in base ai numeri è seconda a questa per i casi di contagio.
JEFF J MITCHELL/GETTY
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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