Mario Draghi, dopo due giri di consultazioni, si avvia verso la formazione del suo primo Governo che, almeno sulla carta, dovrebbe godere di un forte sostegno parlamentare: M5S, PD, Italia Viva,Lega, Forza Italia, +Europa/Azione più i “Responsabili”. L’ex banchiere centrale dovrà governare con la stessa maggioranza, che, tra un anno, potrebbe eleggerlo Capo dello Stato.
L’unica forza politica che si oppone al Governo dell’ex Governatore della Bce è Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni, a seguito di questa scelta, dovrebbe andare a ricoprire incarichi di garanzia solitamente riservati ad esponenti dell’opposizione, vale a dire le presidenze delle commissioni parlamentari di Vigilanza Rai, Copasir e Vigilanza Cassa depositi e Prestiti.
Una maggioranza ampia, seppur politicamente disomogenea.
Messo di fronte all’ipotesi di appoggiare un Governo Draghi, il MoVimento è entrato subito in subbuglio. Una parte dei parlamentari e soprattutto la base del movimento diventato partito, non capivano perchè la forza politica a cui appartegono avrebbe dovuto appoggiare la persona che più di tutto rappresenta ciò che da loro sempre viene combattuto: l’euro, le banche e l’alta finanza.
Da almeno un anno, tra i pentastellati si scontrano due anime: quella dei “governisti”, capitanata da Beppe Grillo e Luigi Di Maio, che controlla la maggioranza dei gruppi parlamentari, e quella dei “puristi”, che fa capo ad Alessandro Di Battista ( con Marco Travaglio de “Il Fatto Quotidiano”, l’house organ del MoVimento). L’ex Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, si trova in mezzo alle due correnti. Conte, a parole, sta con i primi (i governisti), ma lascia campo libero ai secondi (i puristi), districandosi così in un gioco delle tre carte al fine di costruirsi una nuova carriera politica. Conte può contare su una parte del Pd, che lo vuole candidato nel collegio lasciato vuoto dall’ex Ministro Padoan, nel frattempo dimessosi da deputato e diventato Presidente di MPS. Il Pd potrebbe garantire a Conte quell’agibilità politica che aiuterebbe l’ex premier a diventare il “federatore” del nuovo centrosinistra.
L’ex “avvocato del popolo” dichiara il sostegno a Draghi, ma lo fa tardi e male, facendosi bruciare sui tempi da Luigi Di Maio. E, sottotraccia, lavora per il fallimento del tentativo di formare un governo guidato dell’ex Governatore della Bce, diventando così il leader della corrente culturale Di Battista-Travaglio.
Di Battista, braccio armato di Davide Casaleggio, intenzionato quest’ultimo a riprendere il controllo dei gruppi parlamentari, ha subito compreso tali malumori ed ha dato vita a furiosa campagna affinchè il Movimento dicesse un “no” pieno al governo dell’ex banchiere centrale. Una campagna che, almeno sui social, iniziava a dare i suoi frutti, destando non poche preoccupazioni nelle file dell’altra corrente, che ha deciso di correre ai ripari, richiamando Beppe Grillo alle consultazioni.
Dopo il secondo giro di consultazioni con Draghi, Grillo, tramite un video, ha sospeso l’imminente votazione su Rousseau, sostendendo di aver trovato «non un banchiere di Dio, ma uno dei nostri». Grillo, dal cilindro del prestigiatore quale è, ha rirato fuori l’idea del “Ministero della Transizione Ecologica”, definendolo di enorme importanza per il MoVimento.
Su questo Ministero, che andrebbe ad unificare il Ministero dell’Ambiente e quello dello Sviluppo Economico e che gestirebbe all’incirca 70 miliardi di fondi del Recovery Fund, si sa ancora poco. L’ex Ministro Fioramonti in un post su Facebook ne ripercorre la storia:
Sono molto contento che Beppe Grillo abbia proposto al presidente incaricato Mario Draghi di costituire un Ministero per la Transizione Ecologica. Si tratta di una proposta che feci all’inizio del Conte I e poi nella fase di preparazione del Conte II, che però venne respinta sia dalla forza politica di cui facevo parte sia dall’allora premier, perché – mi dissero – non si trattava di una priorità. Rimasi molto sorpreso perché più volte avevo presentato loro il modello francese, tra i primi al mondo ad aver fuso in un unico Ministero le competenze sull’energia e sull’ambiente, ritenendo potesse essere un ottimo esempio anche per l’Italia.
Cosa è cambiato nel frattempo? Adesso, prima di tutto, ci sono a disposizione i soldi del Recovery Fund. Ma il nuovo Ministero sembra in realtà una mossa di riposizionamento interno al Movimento, per far “digerire” il nome di Draghi alla base e per marginalizzare l’ala oltranzista.
Secondo le regole non scritte del “Manuale Cencelli”, al M5S dovrebbero toccare 3 Ministeri (I peentastellati detengono già gli Esteri, un dicastero di peso e moltoprestigioso). Fondere i due Ministeri in uno potrebbe essere anche una tattica per togliere caselle agli altri partiti ed avere così maggior peso all’interno del nuovo Governo.
Tra i nomi di chi dovrebbe essere il futuro Ministro della Transizione Ecologica circolano quelli di Patuanelli e Buffagni. Ma resta un’ipotesi assai difficile, specialmente se Di Maio fosse confermato alla Farnesina, che tale Ministero vada la M5S. Poi, ancora, tra i possibili nomi circolano anche quello di Enrico Giovannini, che ha il gradimento di Grillo, e dello stesso Di Maio, in caso lasciasse il Ministero degli Esteri al Segretario Generale Elisabetta Belloni. Tuttavia, sembra ci sia un accordo per un outsider: Catia Bastioli, fondatrice di Novamont e guru dell’economia circolare. Su di lei covergono Grillo, Renzi e Draghi.
Michele Rosini
Nato a Livorno nel 1989, studia studia Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Pisa. Appassionato di geopolitica e politica italiana. Europeista e atlantista, parla fluentemente inglese e spagnolo, un po' di tedesco e di olandese.
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