Più passano le ore e maggiori sono le conferme sull’operazione di polizia che la mattina del 21 novembre 2017 ha coinvolto 500 tra agenti di polizia e servizi segreti di quattro land tedeschi. I sei cittadini siriani arrestati ieri erano arrivati nel paese tra 2014 e il 2015 con falsi documenti e tuttavia, come già avvenuto altre volte, erano riusciti a ottenere lo status di “rifugiati di guerra”. Gli arrestati, che hanno tra i 20 e i 28 anni, volevano fare una strage ai mercatini di Natale di Essen utilizzando bombe e fucili d’assalto.
Uno degli arrestati recentemente era stato fermato (e di seguito rilasciato) perché visto molte volte all’esterno di un centro commerciale con «l’atteggiamento di qualcuno che effettua dei sopralluoghi». Secondo il procuratore generale di Francoforte, Christian Hartwig, i preparativi per l’attentato erano entrati in una fase decisiva, anche se l’azione non era ancora stata affinata nei dettagli a causa dei numerosi controlli sul territorio che sono stati messi in atto.
Visto lo stato di tensione alla vigilia delle festività natalizie, il blitz si è reso necessario ed è stato fortunatamente tempestivo. È stato possibile effettuarlo grazie alle informazioni giunte agli inquirenti da alcuni rifugiati – divenuti confidenti delle autorità – che hanno permesso di evitare una nuova strage in Germania. Probabilmente, viste le modalità scelte (l’uso di esplosivi), il commando avrebbe fatto molte più vittime della strage di Berlino del Natale 2016, quando furono 12 i morti e 50 feriti per mano di Anis Amri che, alla guida di un camion, investì passanti e turisti che affollavano la zona di “Breitscheidplatz”, nel quadrante orientale della capitale tedesca.
Le cifre del terrorismo in Germania
Quello del 21 novembre non è solo l’ennesimo blitz contro cellule islamiste in Germania, ma arriva in un momento delicatissimo per il paese, che si trova alle prese con l’incertezza politica derivata dalla mancanza di un governo e con i dati sulla sicurezza che continuano a peggiorare. Secondo i servizi segreti tedeschi, infatti, sono 10.600 gli islamisti radicali in Germania, 1.600 dei quali sospettati di essere pronti all’azione.
Solo nel land del Nord Reno Vestfalia gli islamisti salafiti sono ben 3.000, dei quali 780 ritenuti pericolosi e in grado di esprimere una forza di persuasione sulle giovani generazioni. In questa regione, il Ministero dell’Interno ha già classificato 19 moschee e associazioni islamiche da chiudere e, in tal senso, passi formali sono in itinere.
In tutta la Germania, dilagano anche le moschee e i centri culturali islamici, dove sempre più numerosi arrivano predicatori salafiti foraggiati da ignoti finanziatori dei paesi del Golfo Persico, ma anche dei Balcani e della Turchia. Quest’ultimo paese, in particolare, dispone da decenni in Germania di solide strutture di supporto: vedi la DITIB (Türkisch-Islamische Union der Anstalt für Religion), che conta 800mila iscritti e controlla circa 900 moschee solo in Germania; ma anche il potentissimo IGMG (Islamischen Gemeinde-Milli Görüs) con relativi siti web e migliaia di account e gruppi attivi sui social network .
Le attività di contrasto alla criminalità
Non ci sono solo arresti nella strategia di contrasto all’islamismo in Germania. Per arginare il problema dell’Islam radicale, sottovalutato e tollerato per decenni, il governo federale ha deciso di destinare maggiori risorse finanziarie, a partire dal 2018. Denaro da destinare in programmi di de-radicalizzazione e campagne di prevenzione nelle scuole, in modo da evitare che altri giovani si uniscano ai salafiti e di seguito a gruppi terroristici. Restano dubbi sull’efficacia di tali misure, giudicate da molti analisti come «tardive».
Non c’è però solo l’Islam violento a creare problemi in Germania. Omicidi, violenze sessuali e aggressioni si manifestano in molti centri di accoglienza per profughi, dove sono stati accolti migranti e rifugiati di ogni tipo provenienti da: Afghanistan, Albania, Algeria, Azerbaijan, Benin, Bosnia, Burkina Faso, Eritrea, Gambia, Guinea Bissau, India, Iran, Iraq, Kosovo, Macedonia, Mali, Niger, Nigeria, Pakistan, Russia, Serbia, Siria, Somalia, Turchia e Ucraina. Una babele di etnie, lingue, tradizioni, religioni e culture, ma anche odi tribali e rancori covati per anni che ciclicamente esplodono in “campo neutro”.
Markus Ulbig, ministro dell’Interno della Sassonia (un land in cui sono stati accolti nei centri di accoglienza più di 40mila migranti) ha recentemente reso noti gli ultimi impressionanti dati del fenomeno.
E lo ha fatto non senza imbarazzo, essendo lui dello stesso partito della cancelliera Angela Merkel, quella CDU che, come noto, ha pagato un prezzo altissimo nell’ultima tornata elettorale, anche per via dell’apertura ai migranti decisa dal suo governo durante la crisi siriana.
I numeri impietosi del Ministero
In un report commissionato dal Ministero dell’Interno, si legge che nel 2016 all’interno delle strutture di accoglienza per migranti e rifugiati si sono verificati: 10 casi di omicidio o tentato omicidio, 960 aggressioni fisiche, 671 casi di lesioni personali gravi, 7 violenze carnali comprovate, 10 casi di molestie su minorenni e 268 casi di traffico di stupefacenti.
A questo si aggiungono centinaia di furti, risse, incendi appiccati dagli stessi ospiti e le inevitabili aggressioni agli agenti di polizia chiamati sul posto quotidianamente a dirimere i disordini. Il 2017 non ha visto alcuna attenuazione di questi dati. Anzi, nei primi sei mesi dell’anno le aggressioni erano già a quota 500, con gli omicidi in crescita al pari dei furti. Mentre la Procura federale ha finora avviato più di 900 indagini terroristiche nel 2017: di queste, più di 800 riguardano casi legati agli islamisti.
Il 2017 probabilmente passerà alla storia anche come l’anno record per i crimini commessi con armi bianche: la polizia federale tedesca ha già registrato 3.500 crimini nei quali sono stati utilizzati coltelli (gennaio-ottobre 2017). Un dato che, comparato ai 4mila totali del 2016, deve far riflettere. Queste cifre fanno paura, soprattutto se paragonate a dieci anni fa: nel 2007, infatti, i crimi commessi con armi bianche erano stati soltanto 300.
In conclusione, va registrato come complessivamente i crimini commessi in Germania siano aumentati del 1.200% negli ultimi dieci anni. Il che spiega fenomeni sociali come la disaffezione dell’elettorato alle politiche di accoglienza, la crescita dei movimenti di estrema destra e il crollo dei partiti di sinistra. Chiunque guiderà la Germania nel prossimo futuro, Merkel o no, avrà da gestire non soltanto i record di produttività teutonici ma dovrà considerare anche la “bomba sociale” di questo paese.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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