La decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di reinserire dopo dieci anni la Corea del Nord nella black list dei Paesi sponsor del terrorismo (insieme a Iran, Sudan e Siria) si tradurrà, già dalle prossime settimane, in nuove sanzioni nei confronti del regime di Pyongyang.
Destinato a essere abbandonato a sé stesso anche dalla Cina se non porrà un freno alle minacce di attacchi nucleari, il dittatore Kim Jong Un ha ormai poche soluzioni su cui puntare per evitare il totale isolamento internazionale. Alcune rimandano all’Africa e a quella lista di governanti di lungo corso da cui è stato recentemente depennato l’ex presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe. Un’altra pista accidentata, seppure ancora percorribile, conduce a Cuba, con cui le relazioni diplomatiche risalgono al 1960 al tempo in cui Fidel Castro portò a compimento la rivoluzione comunista cubana. Da allora, nonostante L’Avana si sia sempre opposta alla produzione e all’uso di armi nucleari, i rapporti tra Corea del Nord e Cuba sono rimasti buoni, rafforzati dal credo anti-imperialista e dalla comune condizione di Paesi soggetti alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti.
Il 22 novembre il regime di Pyongyang ha deciso di ricorrere al vecchio alleato cubano. A L’Avana è atterrato il ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong Ho per dei colloqui con il suo omologo Bruno Rodriguez. Insieme i due ministri non hanno risparmiato accuse nei confronti dell’Amministrazione Trump, lanciando un «fronte comune» per reagire alle «richieste unilaterali e arbitrarie» degli Stati Uniti, alle sue «misure coercitive contrarie al diritto internazionale» e per chiedere un allentamento delle tensioni nella penisola coreana dovute, come ha dichiarato Ri Yong Ho, «all’uso sempre maggiore di forze militari da parte degli imperialisti», con riferimento all’assembramento di navi da guerra americane nel Pacifico e ai sistemi di difesa anti-missile schierati lungo i confini della Nord Corea. Per arrivare a una soluzione pacifica delle controversie, Corea del Nord e Cuba chiedono adesso il «rispetto» del principio di sovranità e la «non ingerenza» degli USA nei loro affari interni.
Dal 1960 i rapporti tra Corea del Nord e Cuba sono buoni, rafforzati dal credo anti-imperialista e dalla comune condizione di Paesi soggetti alle sanzioni imposte dagli Stati Uniti
Difficile credere che queste dichiarazioni possano sortire degli effetti diplomatici rilevanti. Se per Pyongyang questa mossa “disperata” appare scontata, lo stesso non vale però per Cuba che ha obiettivamente poco da guadagnare da un’esasperazione dei toni nei confronti del vicino americano. Nel suo primo anno di mandato Trump ha velocemente archiviato il disgelo dei rapporti con i Castro voluto dal suo predecessore Barack Obama.
A L’Avana il dietrofront è stato vissuto come uno schiaffo alla nazione caraibica. Ma andare allo scontro frontale con gli USA non porterà l’isola da nessuna parte. E di questo Raul Castro è consapevole, anche alla luce del dissenso sempre più visibile che sta emergendo nei confronti del suo governo. Per tale motivo, la mano tesa verso Pyongyang appare più come un messaggio inviato alla Cina, a cui fa gioco avere alleati in Centro e Sud America attraverso cui impensierire gli Stati Uniti. Senza dimenticare che se c’è una Corea a cui Cuba guarda con aspettative è quella del Sud, come dimostrano gli scambi commerciali registrati nel 2016, pari a 67 milioni di dollari contro i 9 milioni derivati dai rapporti con la Corea del Nord.
La mano tesa da Cuba a Pyongyang appare più come un messaggio inviato alla Cina, a cui fa gioco avere alleati in Centro e Sud America attraverso cui impensierire gli USA
L’Avana ha dunque più di un buon motivo per non spingersi oltre in questa “alleanza nostalgica” con Pyongyang. Ciò che potrà fare, semmai, è tentare qualche nuova avventurosa spedizione di beni di prima necessità o di armi da destinare al regime. Come quella dell’estate del 2013, quando nel Canale di Panama venne fermato un cargo nordcoreano nelle cui stive erano nascoste 240 tonnellate di armi di fabbricazione sovietica. Quella nave, nemmeno a dirlo, era salpata da Cuba.
Rocco Bellantone
Caporedattore di Babilon, giornalista professionista, classe 1983. Collabora con le riviste Nigrizia e La Nuova Ecologia di Legambiente. Si occupa di Africa, immigrazione e ambiente.
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