Nel mese di maggio del 2018 l’Amministrazione Trump ha deciso di denunciare l’accordo internazionale sul nucleare iraniano, sottoscritto con l’Iran e conosciuto con il nome di Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA), accordo negoziato dall’Amministrazione Obama nel luglio del 2015. Nei 120 giorni successivi, fino al 5 novembre del 2018, il governo degli Stati Uniti ha reintrodotto tutte le sanzioni economiche legate al programma nucleare iraniano che erano state eliminate, incluse le “sanzioni secondarie” sulle entità non statunitensi che concludono transazioni commerciali con l’Iran. Nonostante il governo di Washington abbia previsto delle esenzioni per le importazioni che riguardano le esigenze umanitarie, le sanzioni americane hanno drasticamente ridotto la capacità dell’Iran di finanziare le importazioni di beni come i medicinali. Il regime sanzionatorio imposto dagli Usa a Teheran avrebbe quindi minato il diritto alla salute dei cittadini iraniani. La strategia della “massima pressione” messa in campo dagli Stati Uniti starebbe dunque cusando gravi danni alla salute dei pazienti iraniani, violando i diritti umani del popolo della Repubblica islamica. Lo spiega un report recente di Human Rights Watch. Queste conseguenze sarebbero molto gravi, e vanno dall’incapacità di provvedere alle cure per i pazienti epilettici fino alle limitazioni nelle terapie contro il cancro.
Nel luglio del 2019 l’inviato speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani in Iran ha affermato che queste restrizioni non solo causano dei problemi nell’approvviggionamento di cibo, di medicine e di altro materiale sanitario, ma hanno un impatto potenzialmente negativo anche sugli sforzi dell’Onu nel portare avanti i programmi umanitari in Iran.
Il rapporto di Human Rights Watch rivela che, nonostante le esenzioni previste dal regime sanzionatorio, la condotta degli Stati Uniti sta causando sofferenze non necessarie ai cittadini iraniani, in particolare a quelli che hanno bisogno di trattamenti medici specializzati, che ora non sarebbro più in grado di procurarsi i farmaci e le medicine come avveniva fino a poco tempo fa. Questi pazienti sarebbero in particolare le persone affette da leucemia, epidermolisi bollosa ( un tipo di patologia che causa fragilità della pelle) epilessia, oppure i cittadini che soffrono di problemi cronici agli occhi dovuti all’esposizione alle armi chimiche relative alla guerra tra Iran e Iraq. Come ha dimostrato uno studio condotto dall’analista Siamak Namazi, le sanzioni re-introdotte dagli Stati Uniti, rispetto a quelle che c’erano prima dell’accordo voluto da Obama, hanno puntato delle istituzioni finanziarie prima non toccate dalle restrizioni responsabili di facilitare le importazioni di cibo, farmaci e materiale sanitario. Siamak Namazi lo aveva già detto nel 2013: «Le sanzioni stanno distruggendo la fornitura di medicine all’Iran, il problema riguarda i farmaci salva vita che arrivano dagli Usa o dall’Europa».
Si riscontra una caurela “eccessiva” da parte delle banche e delle compagnie farmaceutiche. Gérard Araud, ex ambasciatore francese a Washington, ha detto a tale proposito all’Hudson Institute ad ottobre 2018 che le banche sarebbero terrorizzate dalle sanzioni, così tanto da non voler avere nulla a che fare con l’Iran. Questo è stato evidente in particolare per il caso delle bende necessarie ai malati di epidermolisi bollosa, Human Rights Watch ha dimosrato che un’azienda europea si è rifiutata di vendere le bende a causa delle sanzioni e nonostante l’esenzione prevista per cause umanitarie.
Iranians shop at a drugstore at the Nikan hospital in Tehran on September 11, 2018.© 2018 Reuters/Brian Snyder
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