Roland Lombardi è un consulente geopolitico indipendente, associato al gruppo di analisi JFC-Conseil. Dottore di ricerca in Storia Contemporanea, docente all’Università di Aix-Marseille e professore associato all’Excelia Group, conosce bene gli ambienti del radicalismo islamista in Francia. A Babilon Magazine ha esposto le sue idee su cosa dovrebbe fare il governo transalpino per contenere la minaccia jihadista sul territorio nazionale.
La Francia è pronta a gestire i combattenti francesi di ritorno da Siria e Iraq?
Chiaramente no. Non esistono piani o strutture prestabilite a tal fine. Tutto viene fatto e attuato in fretta, sia per le famiglie (donne e bambini) che per i jihadisti condannati in Siria o in Iraq.
Quanto costerà al contribuente francese la gestione dei foreign fighters di ritorno?
Per quanto ne so, non ci sono cifre ufficiali. Inoltre, le autorità francesi rimangono molto discrete su questo argomento, poiché, come sappiamo, è lo Stato francese che si farà carico di tutte le spese. E normale che i contribuenti siano contrari a questa decisione. Tuttavia, anche senza avere dettagli in merito, possiamo immaginare che il costo sarà elevato se includiamo il rimpatrio sicuro, tutte le spese legali e di detenzione (anch’esse a carico dello Stato francese), le spese sanitarie, la creazione di strutture per la cura dei figli e delle moglie degli ex combattenti, la loro sorveglianza. Tutti questi sforzi per chi ha impugnato le armi contro il proprio Paese. Fa un po’ male, soprattutto perché, con il nostro sistema giudiziario la Francia non è immune, ad esempio, da un difetto procedurale che potrebbe liberare un potenziale terrorista o criminale di guerra copertosi di sangue siriano o iracheno.
Per quanto riguarda i progetti di deradicalizzazione avviati da anni in Francia, sono apparsi sulla stampa europea diversi articoli che ne hanno sancito di fatto il fallimento. Lo pensa anche lei ?
In Francia tutti i centri di deradicalizzazione sono stati un fiasco. Basati principalmente sul volontariato, il che è un’assurdità, molti di essi hanno recentemente chiuso i battenti a causa della mancanza di candidati ad assumerne la gestione. Queste iniziative hanno fallito perché le autorità francesi hanno affrontato il problema in modo eccessivamente ideologico e ingenuo. Molti credevano che l’Islam radicale fosse solo qualcosa di ideologico. Il male, invece, è più profondo. La soluzione non può essere trovata nelle parole giuste o in un semplice dialogo con educatori o psicologi dei quali i giovani radicalizzati non provano altro che disprezzo e nessun rispetto. Non dimentichiamo che l’Islam radicale è una potente ideologia che ha la sua fonte in una grande religione. Ma come ogni idea, può essere combattuta solo da un’altra idea. Il problema dell’Occidente e delle sue società desacralizzate e individualistiche è che non hanno nulla di serio, ideologicamente parlando, da proporre per opporsi a questa ideologia mortale. Gli unici luoghi dove la deradicalizzazione sembra funzionare sono in alcuni Paesi del Golfo e, in misura minore, anche in Russia, dove organismi religiosi competenti e rispettati hanno la responsabilità di riportare i giovani musulmani perduti sulla strada giusta. Ma è ancora tutto molto complicato e ad oggi non abbiamo prospettive sufficienti per misurare la reale efficacia di questo metodo.
Perché allora ci si ostina a puntare su questi processi di deradicalizzazione se non portano ai risultati sperati ?
Secondo gli ultimi sondaggi d’opinione, la stragrande maggioranza dei francesi è fortemente contraria al ritorno di questi jihadisti. Inoltre, tutti i nostri servizi di sicurezza – polizia, esercito, servizi di intelligence – hanno lanciato seri avvertimenti su queste iniziative. Nonostante ciò, va notato che la sinistra francese, pur essendo una minoranza, è comunque molto influente sui media, nelle università e nell’élite borghese. Inizialmente, il presidente Emmanuel Macron e i ministri interessati erano molto cauti riguardo ai rischi di una tale decisione. Purtroppo tranne che per il caso dei bambini (figli di comnbattenti, ndr), che è particolare, i nostri leader hanno deciso di accettare e organizzare il ritorno dei condannati jihadisti in Iraq e Siria. Ciò che è triste è che i nostri leader sembrano aver ceduto alla pressione di un piccolo microcosmo governato da un gruppo di accademici e intellettuali di sinistra, da esponenti dei circoli islamici e delle associazioni per i diritti umani. Sono le stesse persone che credono nell’islamismo moderato e per le quali l’Islam politico, ad esempio quello dei Fratelli Musulmani, rappresenta a tutti gli effetti una nuova realtà internazionale per i musulmani oppressi da Israele piuttosto che dalle potenze occidentali.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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