Dopo Nizza a settembre, anche Vienna è stata colpita da un attentato terroristico di matrice islamista. Entrambi gli attentati sono avvenuti in Paesi confinanti con il nostro e, soprattutto quello di Nizza, ci coinvolge più da vicino, visto che l’autore, Ibrahim Aoussaou, era arrivato a Lampedusa il 20 settembre con uno dei tanti barchini che giungono nell’isola italiana.
Messo in quarantena sulla nave Rhapsody, approdata al porto di Bari l’8 ottobre proveniente da Lampedusa, Aoussaou, era stato poi rilasciato con l’obbligo di abbandonare il Paese, ma era poi riuscito a entrare in Francia con modalità ancora da chiarire; un “lupo solitario” arrivato dall’estero, quindi. I fatti avvenuti a Vienna, sono al contrario, differenti: Kujtim Fejzulai, autore della strage, era nato a Vienna e possedeva sia la cittadinanza austriaca, che quella macedone. Nel 2019 era stato condannato da un tribunale austriaco per aver cercato di unirsi ai combattenti siriani come foreign fighter, ma era stato liberato con la condizionale tramite un programma di deradicalizzazione.
Due profili differenti, con un obiettivo uguale: seminare il panico in Europa. Dai due attentati, nasce la proposta del Ministro degli Esteri Di Maio: un “Patriot Act sul modello americano, perché oggi siamo tutti figli dello stesso popolo europeo” per rafforzare i controlli all’interno dell’UE. Ma la strada è in salita, per una proposta del genere, principalmente perchè si ispirerebbe a una delle più controverse leggi della storia americana, che ha suscitato più volte perplessità per quanto riguarda i diritti sanciti dalla Costituzione USA e i diritti umani, internazionalmente riconosciuti.
Il Patriot Act USA fu varato nel 2001, dal Presidente George W. Bush, poche settimane dopo l’attentato alle Torri Gemelle. La norma introduce molte ed elastiche restrizioni alle libertà individuali e rafforza enormemente il potere delle forze di polizia, principalmente federali, quali FBI,CIA e NSA, ma può essere usato anche da organi di pubblica sicurezza locali, e dei servizi di spionaggio.
Con il Patriot Act, per esempio, aumenta la sorveglianza sulle comunicazioni telefoniche e telematiche; gli organi di polizia possono accedere ad informazioni personali (come dati bancari ) e possono effettuare perquisizioni domiciliari, cose per cui normalmente è richiesto un mandato della magistratura; possono arrestare cittadini stranieri solo sulla base di “ritenuta” attività terroristica; sempre per quanto riguarda i cittadini non USA sospettati di terrorismo, i processi sono a porte chiuse, sotto la giurisdizione dei tribunali militari.
Questo è il Patriot Act statunitense, dove però esiste un’unica Costituzione e, tendenzialmente, un unico sistema giudiziario (seppure, con differenze precedurali tra Stato e Stato) e quasi tutti gli Stati Uniti d’America adottano un sistema di Common law, con l’eccezione della Louisiana dove, a causa della colonizzazione francese, viene usato il Civil law. C’è quindi omogeneità giuridica e giurisdizionale, perchè gli USA sono un unica nazione.
L’Unione Europea però, non è una nazione unica, ogni Stato membro ha la sua Costituzione, la sua forma di Governo – alcune, come la Spagna, sono monarchie – differenti ordinamenti giuridici e sistemi giudiziari. Una legge europea, simile al Patriot Act USA, sembra oggettivamente difficile, se non impossibile, visto che dovrebbe presupporre la creazione di un’unica forza di intelligence europea, e difficilmente i Paesi UE, condividerebbero informazioni così delicate sui propri cittadini con altri Stati (seppur alleati).
Infine, all’interno dell’UE già esiste un un organo in via di definizione, la Procura Europea, che però al momento si occupa perlopiù di reati finanziari e di frode all’interno dell’UE. Si potrebbe pensare a rafforzare quest’organo con effettivi poteri antiterrorismo (come proposto dalla Commissione UE nel 2018), invece che impantanarsi in una trattativa all’interno dell’Unione allo scopo di ricalcare una misura americana che, da sempre, ha destato più di una perplessità sia per quanto riguarda l’efficacia nella lotta al terrorismo, ma soprattutto per quanto riguarda le libertà fondamentali di un cittadino.
Michele Rosini
Nato a Livorno nel 1989, studia studia Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Pisa. Appassionato di geopolitica e politica italiana. Europeista e atlantista, parla fluentemente inglese e spagnolo, un po' di tedesco e di olandese.
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