Il discorso sullo Stato dell’Unione tenuto il 4 febbraio da Donald Trump, il terzo della sua Presidenza, ha rimarcato, se mai ce ne fosse stato bisogno, quanto ormai la politica statunitense sia divisa, con ognuno dei due partiti trincerato sulle sue posizioni.
Prima di tutto, un po’ di contesto. Il discorso è avvenuto dopo la figuraccia del Partito Democratico in Iowa, con i risultati dei caucus ancora non definitivi (al momento in cui si scrive si è al 96,94% degli scrutini) a causa di problemi tecnici occorsi ai sistemi di trasmissione dei dati dei singoli seggi. Una piccola arma in più in mano al Presidente, che in un tweet aveva accusato gli avversari di non essere capaci a governare visto che non erano in grado di organizzare dei causus. Più importante: il discorso è avvenuto alla vigilia dell’assoluzione di Trump dall’impeachment per abuso di potere e ostruzione del Congresso e con un’economia statunitense effettivamente su alti livelli. Uno scenario perfetto per il Presidente, che infatti non ha mancato di rimarcare i suoi successi. Come spesso, però, non è stato esente da esagerazioni o affermazioni false. Trump, ad esempio, ha affermato che sotto la sua amministrazione gli Stati Uniti sono diventati il maggiore produttore mondiale di gas e petrolio. È vero, gli USA lo sono, ma ciò è avvenuto tra il 2009 e il 2013, quindi durante la presidenza Obama. Su un altro tema, molto caro al Presidente e ai repubblicani in generale, il muro al confine del Messico, Trump ha affermato che sono state completate 100 miglia (terrestri, corrispondenti a 160 chilometri). In realtà, rispetto alle barriere pre-esistenti, è stato aggiunto solo un miglio (1,6 chilometri).
Altri temi trattati dal Presidente sono stati l’economia, la sanità (ha accusato i “socialisti” di volerla distruggere con la proposta Medicare For All, portata avanti dai candidati democratici Sanders e Warren). Ha anche parlato di politica estera, riferendosi al nuovo trattato commerciale USMCA con Canada e Messico, che, secondo lui, dovrebbe proteggere il settore manifatturiero statunitense, e all’uccisione di Soleimani. Riguardo a questo punto, Trump ha affermato di aver impedito che il Comandante delle Forze Qods iraniane portasse avanti piani per sanguinosi attentati contro personale statunitense, dopo aver diretto l’attacco di dicembre contro una base USA. In realtà, non ci sono prove (o almeno non sono state mostrate) né della prima né della seconda motivazione (anche per quest’ultima il sospetto su Soleimani e sull’Iran è molto forte).
Come sempre ai discorsi sullo Stato dell’Unione, c’erano ospiti di ogni genere invitati dalla Casa Bianca: veterani militari, famiglie, politici. Quest’anno, però, su tutti ha svettato la presenza del leader dell’opposizione venezuelana a Nicolas Maduro, Juan Guaidó, salutato da Trump come il legittimo Presidente del Venezuela. Tuttavia, questo discorso sarà ricordato per due scene simbolo dello scontro ormai radicale tra la Casa Bianca e i repubblicani da un lato e i democratici dall’altro. La prima è avvenuta all’inizio, quando la Speaker della Camera Nancy Pelosi, dopo aver ricevuto la copia del discorso che Trump si accingeva a tenere, ha allungato la mano per stringere quella del Presidente, il quale si è girato. Non è chiaro se ha evitato di proposito o meno il saluto. Il secondo momento, ben più indicativo, è avvenuto alla fine del discorso, quando tra gli applausi dei repubblicani e il silenzio dei democratici, Pelosi ha strappato platealmente la copia in suo possesso.
Lo Stato dell’Unione 2020 presenta un Trump in posizione di momentanea forza, che deriva dagli indici economici e finanziari del Paese, dall’assoluzione al Senato nel processo d’impeachment (che ha mostrato la compattezza dei repubblicani, tranne il caso di Mitt Romney che ha votato con i democratici sull’accusa di abuso di potere) e dallo scarso impatto che quest’ultimo ha avuto sull’opinione pubblica: gli statunitensi erano divisi prima dell’impeachment e lo sono tutt’ora. Il gradimento medio del Presidente è stabile attorno al 44%.
PHOTO: House Speaker Nancy Pelosi of Calif., tears her copy of President Donald Trump’s s State of the Union address after he delivered it to a joint session of Congress on Capitol Hill in Washington, Tuesday, Feb. 4, 2020. Vice President Mike Pence is at left. (AP Photo/Alex Brandon)
Emiliano Battisti
Nato a Roma nel 1986, laurea triennale in Scienze Politiche e specialistica in Relazioni Internazionali presso la LUISS Guido Carli. Stagista presso l’Ambasciata italiana a Washington e presso quella statunitense a Roma. Master in Istituzioni e Politiche Spaziali, esperto di Nord America. Segretario Generale de Il Caffè Geopolitico
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