La navi russe della Flotta del Nord hanno lasciato le acque cubane e potrebbero essere dirette verso il Venezuela. Dopo L’Avana anche Caracas, così Mosca dimostrerebbe di aver ancora relazioni solide con i due principali avversari politici degli Stati Uniti nell’emisfero occidentale. Si tratterebbe in ogni caso solo di una visita di cortesia, proprio come lo è stato con Cuba. Ma sarebbe l’ennesima prova del sostegno del Cremlino al governo di Nicolás Maduro, in opposizione alle Nazioni – Stati Uniti in testa – che hanno riconosciuto la legittimità del governo di Juan Guaidó.
La fregata Gorškov, la nave logistica Elbrus e il rimorchiatore Nikolai Čiker erano partite da Severosmorsk lo scorso 26 febbraio e solo lunedì 24 giugno, dopo un viaggio di oltre 25mila miglia – passato per Gibuti, Colombo e il porto cinese di Qingdao – sono arrivate al largo di L’Avana. La Gorškov è una delle navi russe di nuova generazione: è dotata del sistema di artiglieria Armat A-192 calibro 130 millimetri, con una velocità di 30 giri al minuto e una portata fino a 22 chilometri; ha sedici cannoni per missili Onix o Kalibr-NKE antinave; un sistema di difesa aerea poliment-Redut e la capacità di svolgere missioni di difesa antiaerea, attaccare bersagli a terra e sul mare; può rilevare e distruggere i sottomarini. Una nave da guerra che dalle acque cubane dovrebbe essere in grado di colpire bersagli sul suolo della Florida in poco più di sei minuti.
Le unità navali russe, però, erano lì per testimoniare i rinnovati rapporti di collaborazione tra i due Paesi: nel 2014 la Duma, il ramo basso del Parlamento russo, aveva ratificato un accordo tra per l’annullamento del 90% del debito che L’Avana aveva nei confronti dell’Urss, pari a 35,2 miliardi di dollari. La più grande cancellazione di debiti contratti da un solo stato nei confronti di un altro nella storia. E nel 2016 il Cremlino aveva annunciato di voler riaprire basi militari a Cuba, ma si rivelò solo una provocazione (ad oggi la Russia ha soltanto una base aerea e una navale all’esterno dei territori dell’ex Urss, entrambe in Siria).
Nessuna rievocazione della crisi missilistica del 1962, dunque. Nessun rischio di conflitto nucleare tra grandi potenze. Ma la dimostrazione che Mosca vede nell’isola caraibica un avamposto per stuzzicare gli Stati Uniti nel loro cortile di casa. In quella che potrebbe essere una risposta alle sanzioni e alla pressione esercitata da Washington – e più in generale dalla Nato e dalla Ue – sui confini russi, specialmente dopo il conflitto in Crimea del 2014. Non a caso, recentemente Mosca e L’Avana hanno rinnovato una serie di accordi di cooperazione militare con cui la Russia si impegna a collaborare all’aggiornamento e al miglioramento delle armi in dotazione alle forze armate cubane.
Una mossa politica, quella russa, che potrebbe ripetersi – con criteri diversi – in caso di avvicinamento della Flotta del Nord al Venezuela. Mosca e L’Avana, d’altra parte, sono due dei nove Paesi che hanno continuato a riconoscere il governo Maduro anche dopo la crisi presidenziale iniziata lo scorso gennaio, facendo da capofila di un gruppetto che si contrappone ai tredici Stati – Usa su tutti – che invece riconoscono l’esecutivo di Guaidó.
Photo: Ministry of Defence of the Russian Federation
Alessandro Cappelli
Giornalista professionista appassionato di politica internazionale e sport. Laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Orientale di Napoli con una tesi in Storia dell'America Latina. Collabora con Rivista Undici e Linkiesta. Ha scritto il libro "STAND UP, SPEAK OUT. Storia e storie di sport e diritti civili negli Usa".
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