La vittoria della nazionale italiana agli Europei di calcio a Wembley, in casa dei padroni di casa dell’Inghilterra. La formidabile prestazione di Matteo Berrettini, fermatosi al torneo di Wimbledon solo in finale contro un mostro sacro del tennis come Novak Djokovic. E poi il premier Draghi, sempre sobrio ma un sorriso sornione stampato sul volto nell’atto di premiare i nostri campioni sportivi. Almeno per qualche giorno l’Italia si è presa con talento e determinazione il tetto d’Europa. E il primo ministro, da sempre rispettatissimo a Bruxelles, in accoppiata con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sta suggellando con la sua autorevolezza questo momento. Di Draghi, del suo presente da primo ministro e del suo futuro (forse) al Quirinale, parla il libro “L’avvocato e il banchiere” di Maurizio Stefanini e Sergio Luciano, edito da Paesi Edizioni. Eccone un estratto:
Cosa ci dice la logica? Che quando a febbraio del 2022 scadrà il settennato presidenziale di Sergio Mattarella, sarà fisiologicamente Mario Draghi il candidato naturale a succedergli. O immediatamente, pur violando così un tabù mai discusso dal ’46 a oggi, e dunque passando direttamente da Chigi al Colle. Sarebbe certo la mossa più gradita al Parlamento per liberarsi di lui, il «migliore» che fa ombra a tutti gli altri e impedisce ai partiti di tornare ad azzu arsi tra loro. O magari dopo un anno, sempre ammesso che maturino le circostanze anché l’attuale capo dello Stato – cui dobbiamo il coraggio politico di aver conferito l’incarico a un «tecnocrate» – non accetti di essere rinnovato per un altro anno, gestendo così in prima persona l’ultima fase della rocambolesca legislatura in corso, e lasciando poi il Colle alle scelte del nuovo Parlamento, che sarà eletto dagli italiani nella primavera del 2022. Scelte che probabilmente ricadrebbero comunque su Draghi.
Da Palazzo Chigi al Quirinale: è dunque questa la traiettoria più sensata, oltre che meritata, che potrebbe attendere Draghi alla ne del mandato conferitogli, a meno di impredicibili novità politiche che si dovessero palesare o di suoi errori fatali nel governare la crisi e l’Italia tutta. È ciò che verosimilmente accadrà in mancanza di competitor credibili e comparabili. Se mai ve ne fossero, infatti, si conoscerebbero già. Mentre l’appello degli outsider ha nora prodotto solo nomi imbarazzanti. Quanto alla prospettiva di Draghi presidente della Repubblica, avrebbe il sapore della normalità e del buon funzionamento delle istituzioni. Per una volta, niente misteri o intrighi a palazzo. Solo buon senso.
Ma l’unica condizione a nché si possa compiere tale passaggio è che, intanto, almeno qualcuna delle tante sfide da panico che attendono il nuovo capo del governo sia presto vinta. Per esempio, il perfezionamento convincente del piano vaccinale; un piano di ripresa e resilienza degno di questo nome. E poi, almeno una delle troppe e complessissime riforme che, non tanto l’Europa, quanto piuttosto la logica ci chiede: la pubblica amministrazione, il fisco, le pensioni, la magistratura. Sembra tutta roba da Superman.E non a caso il soprannome giornalistico da decenni affibbiato a Mario Draghi è proprio Supermario. Ma il suo stesso cognome è un presagio. Draghi evoca qualcosa che l’enciclopedia Treccani chiarisce fin troppo bene: in senso figurato e gergale, essere un drago è riferito a «persona che ha capacità eccezionali». Mentre, per restare nel gioco del nomen omen, Giuseppe Conte deriva il cognome dal francese antico e provenzale, dove Conte significa «compagno di viaggio». E tale è stato il ruolo dell’avvocato che si fece presidente del Consiglio: ci ha accompagnato durante l’Inferno della pandemia ma, come Virgilio, non poté andare oltre il Purgatorio.
L’avvocato e il banchiere
di Maurizio Stefanini e Sergio Luciano
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Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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