È diventata molto popolare sui social, e in particolare su Twitter, la foto di un pezzo di missile trovato in mezzo al deserto. L’immagine, la cui origine non è stata ancora verificata, potrebbe essere recente e credibile, a detta degli esperti. Il rottame di missile che viene mostrato porterebbe a pensare che si tratti di un Quds 1, La pensa così Fabian Hinz, ricercatore al James Martin Center for Nonproliferation Studies della California. Qualora fosse dimostrato che nell’attacco ai siti petroliferi dell’Arabia Saudita avvenuto il 14 settembre sia stato impiegato questo missile, sarebbe da scartare in via definitiva l’ipotesi che l’operazione sia stata lanciata dal territorio dello Yemen. La compagnia petrolifera statale saudita Aramco aveva già affermato con sicurezza che gli impianti sono stati colpiti da missili. Il Quds 1 non è un missile capace di coprire la distanza tra lo Yemen e il sito di Abqaiq. Lo spiega l’analisi di Hinz, che parte dalle fotografie del rottame trovato nel deserto. La foto potrebbe far pensare che si tratti di un Soumar, missile cruise dell’Iran dalla gitatta superiore ai 1350 chilometri. Ci sono però troppe differenze tecniche tra il Soumar e il Quds 1 e quello della foto somiglia più al secondo. Il Quds 1 è stato presentato dagli Houthi lo scorso 8 luglio. Prima, un missile cruise era stato impiegato dagli Houthi nell’attacco al terminal dell’aeroporto di Abha situato nel sud dell’Arabia Saudita, ferendo 26 pesone. Successivamente, l’arma impiegata è stata identificata come missile Quds 1. L’analisi di Hinz si conclude con l’ipotesi che l’Iran potrebbe aver sviluppato e testato missili a uso esclusivo dei suoi proxies.
Riad ha detto che gli attacchi di sabato scorso sono stati perpetrati con una combinazione di missili e droni e che presto svelerà i risultati dell’indagine. Il Segretario di Stato Usa Mike Pompeo incontrerà il principe erede al trono saudita Mohammed bin Salman a Jeddah per coordinare una risposta “all’aggressione iraniana”. Lo riferisce Al Jazeera.
I droni, i missili e la dottrina militare iraniana. Tratto dal libro di Marco Giaconi “Le guerre degli altri”:
L’aviazione e la missilistica iraniana, quasi integralmente sotto il controllo delle Guardie Rivoluzionarie, sono in buona efficienza: 16 Embraer 312 Tucano, aerei da addestramento e da attacco leggero; circa 100 Toofan, elicotteri da combattimento integralmente prodotti in Iran; circa 10 Ilyushin da trasporto strategico adattati al combattimento in aria; circa 30 Antonov da trasporto, di fabbricazione sovietico-ucraina (nome in codice NATO “Cooler”); circa 10 Dassault Falcon 20F, aerei da trasporto leggero usati comunemente per business e rappresentanza; circa 30 Harbin cinesi da trasporto leggero; circa 70 elicotteri da trasporto materiali e trup- pe Mil Mi-17, sempre di fabbricazione russa. Le forze aeree dispongono di 20 basi, con 16 squadre aeree fornite di F14, MiG 29, F5, F7 e Fokker F27. Teheran ha anche a disposizione i russi Sukhoi Su30MKM, supersonici ad altissima manovrabilità, e i cinesi J10 e JF17 multiruolo. Tutti sono armati da missili aria-superficie a lunga gittata.
I Droni
Ben cinque sono le tipologie di velivoli senza pilota, tutte di fabbricazione iraniana: l’Ababil, per riconoscimento-sorveglianza a medio raggio; le varie tipologie di Mojaher, che spia le installazioni militari e le posizioni nemiche; il Karrar da combattimento, con annesso missile UAV ad alta velocità; lo Shahed 129, altro UAV da riconoscimento-combattimento, che può stare in azione per oltre 24 ore continue; infine, lo ScanEagle, un UAV della Boeing a corto raggio.
I missili
Le forze missilistiche, tutte poste sotto l’egida dei Pasdaran, si basano, per quanto riguarda i propellenti solidi, su tre classi di armi: il Fajr 3 e 5, con gittata massima di 75 km; il Naze’at, con gittata da 100-130 chilometri; lo Zelzal, con tre tipologie che colpiscono obiettivi rispettivamente a 150, 200 e 210 chilometri. Si tratta di missili costruiti tutti in Iran ma con il supporto della Cina.
Attualmente, la Repubblica Islamica Iraniana è del tutto autonoma da Pechino per ciò che concerne, invece, la gestione e la manutenzione di tutti i missili con propellente solido. Teheran può produrre autonomamente anche i missili a combustibile liquido, gli ormai classici SCUD B e C. L’Iran possiede anche missili a corto raggio con propellenti solidi, come il Tondar 69, di fabbricazione cinese, progettato sul modello del terra-aria S-75 sovietico, e il Fateh 110, con un raggio di 200 chilometri.
La missilistica a lungo raggio è il punto di forza presente e futuro dell’Iran: Teheran oggi possiede lo Shahab 3, basato sul Nodong nordcoreano, che, nella sua versione MBRM (Medium Range Bal- listic Missile) può raggiungere obiettivi distanti 1.930 chilometri ed è dato in armamento standard a ben 6 brigate missilistiche.
Vi sono inoltre: il Ghadr 110, missile da 1.800-2.000 chilometri di distanza; l’Ashoura, un MBRM a due stadi, tecnologicamente evoluto, a propellente solido, probabilmente progettato in proprio; il Sejil, a combustibile solido, che andrà a rimpiazzare gli Shahab; il Bina, con guida laser utilizzabile sia per azioni terra-terra che terra-aria, con testata a frammentazione e alta precisione; il Simorgh, missile intercontinentale per lancio di satelliti dual-use.
La strategia
La dottrina militare iraniana si basa sulla guerra asimmetrica e sul contrasto agli interessi e alle strategie USA nel quadrante del Golfo e in tutto il Medio Oriente oltre che in Asia Centrale, tutte aree primarie per Teheran. La difesa iraniana è a “mosaico”, con molti centri delle Guardie Rivoluzionarie e delle forze armate del tutto autonomi per quanto riguarda il comando e controllo. La Marina opera con il concetto di una “difesa a strati”, con il massimo di potenza di fuoco in ogni fase. I missili sono, come detto, l’asse strategico primario della “dis- suasione costrittiva”.
Foto di copertina: Reuters
Redazione
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