Tutte le Forze Armate italiane risentono di due condizioni di debolezza: la riduzione, spesso fin troppo drastica, dei nuovi investimenti e di quelli per il mantenimento dei mezzi, spesso obsoleti o comunque non all’altezza di quelli degli avversari, vecchi e nuovi; la carenza di una prospettiva dottrinale nuova e di alto profilo. Ecco un’analisi contenuta nel libro Le guerre degli altri di Marco Giaconi, pubblicato nel 2019 da Paesi Edizioni.
Si va dal solito peacekeeping, l’arte di non far nulla ma con tanto rumore (e altissimi costi), alla collaborazione alle operazioni internazionali, senza però interrogarsi in profondità sull’interesse nazionale vero e proprio oltre che sulle sue specifiche necessità, che non sono mai delegabili ad altri.
La legge 244/2012, anche dopo la legge di bilancio del 2018, ha finora largamente disatteso il suo piano di spesa al 50% per gli stipendi, al 25% per l’esercizio e per un altro 25% per gli investimenti.
Oggi, molti dei finanziamenti utilizzati dipendono, infatti, dai pagamenti per le missioni internazionali. Il finanziamento per tali missioni è cresciuto, dal 2014 ad oggi, di oltre 300 milioni di euro, il 30% circa in più, mentre in quell’anno il costo totale, sempre per le missioni all’estero, era di 965 milioni. Oggi la parte assegnata, secondo l’ultimo dato disponibile, dal Consiglio dei ministri alla parte militare delle missioni internazionali è di oltre 1.200 milioni di euro. Nel 2018, i militari impiegabili nelle missioni sono stati circa 7.800, con la Libia che con la nostra missione di terra deve assorbire 400 militari con 130 mezzi terrestri. A seguire il Niger, con circa 470 militari e 130 mezzi terrestri, e le altre missioni, in Afghanistan e Iraq, in fase di diminuzione per le nostre presenze.
Dal 2014 al 2018 c’è stata una crescita nei bilanci totali del sistema militare italiano del 5%, dai 23,6 miliardi ai 25 recentemente programmati. Ai quali si devono aggiungere i fondi spesi da altri dicasteri: quelli per le missioni all’estero, fino ai fondi del MISE (Ministero dello Sviluppo Economico) per l’acquisto di nuovi armamenti. Il MISE finanzia oggi l’acquisto degli F-35, (3,5 miliardi nel 2018) e le nuove navi militari (6 miliardi sempre nel 2018), con centinaia di nuovi elicotteri e carri armati. Quindi una crescita degli investimenti, legata alla sostituzione – per ovvia obsolescenza – delle attrezzature, all’aumento del numero dei militari, ma, anche, a una sostanziale incapacità nel pensare una geopolitica autonoma. A ciò si aggiungono i 2 miliardi di costo del personale militare a riposo, a carico dell’INPS, mezzo miliardo per le spese indirette riguardanti le nove principali basi militari USA in Italia, 3 miliardi per i Carabinieri, mezzo miliardo per le Guardie Forestali tramutate in Carabinieri, quest’ultima una vera follia.
Si ricordi, peraltro, che tutte le Forze Armate italiane subiranno una contrazione del 30% rispetto ai bilanci passati per le spese riguardanti le strutture operative, logistiche, formative, territoriali e periferiche di tutto il Sistema-Difesa, con una riduzione fino a 150.000 elementi del personale militare dei tre Corpi entro il 2024, una diminuzione delle dotazioni organiche del personale civile dalle attuali 30.000 a 20.000 unità, sempre entro il 2024, e inoltre il totale «riequilibrio», termine chiarissimo nella sua genericità, di tutte le spese per la Difesa.
Tratto dal libro
Le guerre degli altri. Piccoli e grandi eserciti del mondo
di Marco Giaconi
Marco Giaconi
Laurea in Filosofia moderna e contemporanea presso l’Università di Pisa. Dal 1992 in è prima direttore e poi direttore di ricerca presso il Ce.Mi.S.S. (Centro Militare di Studi Strategici). Nel 2000 è Consigliere del Ministro della Difesa Antonio Martino. Dal 2003 in poi è Consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Autore di numerosi saggi.
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