Da qualche tempo ai vertici dell’Unione Europea si parla di istituire un esercito comune, l’Eu Army. Ma è veramente necessario?

1. IL PROGETTO DELL’ESERCITO EUROPEO

Lo scorso 13 novembre i capi di Stato si sono incontrati a Strasburgo per commemorare i 100 anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale. In questa occasione la cancelliera tedesca Angela Merkel ha riportato l’attenzione sul progetto di creare una difesa comune e pianificare una nuova azione per gestire i richiedenti asilo politico. La Cancelliera ha ribadito che per un futuro più florido e per un Europa più potente, l’UE avrebbe bisogno di un vero e proprio esercito e non solo di missioni intraprese dai singoli Stati membri sotto bandiera europea. Questo argomento non è nuovo. Infatti da qualche anno diversi Paesi dell’Unione Europea hanno ipotizzato in diverse occasioni di istituire un esercito comune. Nel 2016 era stato il primo ministro ungherese Orbán a proporre la creazione di un piano di sicurezza per contrastare le politiche migratorie. Favorevoli all’idea erano anche altri Primi Ministri, tra cui quelli di Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca, oltre alla cancelliera Merkel. Quest’ultima ha esternatp l’idea di creare un comune concetto di Difesa europeo, ricordando la storia e la divisione creatasi alla fine del primo conflitto mondiale, ma ribadendo che la realizzazione di un esercito comune non indebolirebbe l’alleanza militare con la NATO, anzi potrebbe completarla. Difatti l’idea sarebbe quella di collaborare e creare una forza d’intervento congiunta, oltre che sviluppare politiche riguardanti l’industria della Difesa. La Commissione Europea, entusiasta della dichiarazione da parte di Merkel, ha ribadito che qualche anno fa era stato proprio Jean-Claude Juncker a parlarne. Il portavoce della Commissione, Margaritis Schinas, ha riferito nei giorni scorsi che ad oggi l’UE necessita di una significativa identità di Difesa, proponendo per il futuro un incremento del budget delle risorse europee.

Fig. 1 – Cooperazione ed esercitazione NATO tra Svezia e Finlandia 

2. L’INTESA TRA LA GERMANIA E LA FRANCIA

Della stessa idea è anche il presidente francese Emmanuel Macron, che durante un’intervista radio aveva espresso un suo parere sull’importanza di creare un esercito europeo per proteggere i cittadini dalle minacce esterne, tra cui gli attacchi informatici. Inoltre ha affermato che per rafforzarsi l’Unione deve potersi difendere da sola, senza dover contare su aiuti esterni. In passato anche Juncker aveva dichiarato che l’UE non potrà contare per sempre sulla NATO. Tra coloro che sono invece contro questo progetto troviamo la Gran Bretagna. Già nel 2016 il segretario della Difesa Michael Fallon aveva dichiarato che Londra avrebbe votato contro la creazione di un esercito europeo, ma dopo la Brexit non avrà più voce in capitolo. Dopo l’affermazione di Macron dei giorni scorsi, anche il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha manifestato la propria contrarietà, aggiungendo che gli Stati Uniti avrebbero ridotto il contributo nei confronti della NATO. Questo aveva spinto Macron a sostenere di dover meglio proteggere i cittadini europei. Al contrario, Merkel non ha parlato di alcun progetto concreto, ma di comune accordo con Macron ha affermato che gli Stati membri devono collaborare maggiormente tra di loro sulla Difesa. Inoltre entrambi i leader vorrebbero rafforzare il potere dell’Europa a livello internazionale, così da non dover presentarsi da soli sullo scenario globale.

Fig. 2 – Ministri degli Esteri NATO riuniti a Bruxelles il 5 Dicembre 2018

3. POLITICHE SULLA SICUREZZA

All’interno dell’Unione Europea sono presenti una serie di politiche comuni su sicurezza e Difesa che permettono all’Unione di agire in operazioni di pace, nella prevenzione dei conflitti e per rafforzare la sicurezza internazionale. Tra i Paesi membri è in vigore una serie di accordi comuni e dal 2003 a oggi sono state 34 le missioni sotto la bandiera europea. Nel 2016 era stata presentata una nuova strategia su politiche di sicurezza e affari esteri, nella quale si evidenziava una connessione tra la sicurezza interna e quella internazionale. Inoltre negli anni si è cercato di creare in sede europea una cooperazione importante tra i Paesi. Nel 2017 l’UE ha istituito la Permanent Structured Cooperation (PESCO), che consente ai 25 Membri dell’Unione aderenti di lavorare e cooperare insieme per la sicurezza e la difesa dei confini europei. La PESCO permette agli Stati di creare e sviluppare azioni di difesa comuni, investendo in progetti comunitari e migliorando le operazioni di sicurezza, tramite le proprie Forze Armate. In aggiunta lo scorso giugno nove Paesi hanno istituito una forza militare di intervento rapido europeo (EI2), alla quale il 7 novembre si è unita la Finlandia. L’Italia aveva partecipato alla fase iniziale, ma successivamente ha deciso di restarne fuori. L’iniziativa non è solo in campo di sicurezza, bensì anche di collaborazione nello scambio di informazioni e competenze, istruendo le varie task-force insieme per creare una cultura strategica europea. L’EI2 è indipendente dalla NATO, e promuove interventi pianificati congiuntamente, organizzando rapidamente operazioni militari come l’evacuazione della popolazione civile da zone di guerra o l’assistenza dopo i disastri naturali. Questa nuova cooperazione si aggiunge alla PESCO, ma con un obiettivo più operativo, contrastando emergenze e agendo sui luoghi della crisi con un piano ben preciso.
Anche se il progetto di creare un esercito europeo è sempre attuale, l’argomento non riesce a mettere d’accordo tutti i Paesi membri dell’UE. Se l’obiettivo andasse in porto, gli eserciti nazionali sarebbero integrati – quantomeno parzialmente − in una nuova forza che sarebbe sotto il controllo delle Istituzioni europee, con gli Stati che dovrebbero rinunciare a una parte della propria sovranità nazionale. La creazione di questo istituto di Difesa comunitario comporterebbe alcune problematiche, tra cui la questione della difesa dei territori d’oltremare che non fanno parte dell’Unione Europea. Tuttavia ci sarebbero anche degli aspetti positivi, come l’aumento della fiducia fra gli Stati membri e la creazione di un mercato comune degli armamenti, oltre a un ammodernamento dell’industria europea di Difesa. Senza contare i possibili vantaggi per i bilanci dei singoli Stati nazionali, grazie a un parziale accentramento delle spese per la Difesa.

Moira Mastrone