Il prossimo 26 febbraio a Duisburg si terrà la prima udienza del processo a carico di un 28enne tedesco di origini turche che aveva progettato una strage a Kamp-Lintfor, nel Lander della Renania Settentrionale-Vestfalia. Secondo l’accusa, l’uomo – del quale non sono state fornite le generalità – era «determinato a uccidere quante più persone possibili con l’esplosione che aveva pianificato in modo da intaccare il sentimento di sicurezza della popolazione».
Nonostante lui neghi e il suo avvocato ne professi l’innocenza, le prove contro di lui sono molto pesanti. Nel garage dell’abitazione in cui viveva a Neukirchen-Vluyn, nel maggio del 2017 sono state scoperte quasi per caso grandi quantità di sostanze chimiche pericolose. Nello stesso garage sono state rinvenute anche componenti per costruire ordigni esplosivi (in particolare centinaia di pallini di ferro) che, se fatti detonare, avrebbero provocato decine di morti.
Le autorità tedesche sono certe del background islamista dell’uomo e non solo per via della barba lunga che ostentativa e per gli abiti islamici tradizionali che indossava. Erroneamente era stato sottovalutato e, pertanto, non era ritenuto pericoloso perché «si recava spesso in una moschea ritenuta moderata». Ennesimo errore delle autorità tedesche? Sembrerebbe di sì.
Dopo essersi convertito all’Islam in una delle molte moschee controllate da gruppi di salafiti nel Basso Reno, l’uomo aveva infatti impiegato poco tempo per radicalizzarsi aderendo alla “Lohberger Brigade” (Brigata Lohberger), composta da circa trenta elementi per la maggior parte partiti per andare a combattere in Siria. Nel suo cellulare sono stati trovati i contatti di alcuni pericolosi islamisti tra cui quello di uno dei più noti esponenti della brigata partito per la Siria. In un’immagine che lo ritrae, l’organico della Brigata Lohberger mostra con fierezza una testa mozzata.
Alcuni membri di questa brigata, e che ora si trovano in Siria, erano in stretti rapporti con la mente degli attentati di Parigi del novembre 2015, Abdelhamid Abaaoud, il belga ucciso pochi giorni dopo gli attacchi in un raid della polizia francese a Saint Denis, a nord della capitale. Il collegamento tra la Brigata Lohberger e gli attentatori di Parigi è stato provato anche da diverse fotografie. Tra queste, una mostra Hüseyin D, leader della brigata (ricercato tutt’ora in Turchia), mentre abbraccia Abdelhamid Abaaoud.
Cresce il numero di bambini radicalizzati
Recentemente in Germania è scattato anche un altro allarme. L’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati (Bundesamt für Migration und Flüchtlinge – BAMF) ha predisposto un numero telefonico dedicato per ricevere le denunce di fenomeni di radicalizzazione. In questi ultimi mesi sono aumentate le segnalazioni del coinvolgimento di insegnanti e psicologi impiegati nelle scuole. Oggetto delle loro “attenzioni” diversi bambini che frequentano le scuole elementari che manifestano tendenze islamiste, i cosiddetti “figli del salafismo tedesco”. Cresciuti in famiglie fortemente radicalizzate, questi bambini faticano a socializzare con gli altri compagni di scuola, scontando all’esterno il clima di chiusure e intolleranza che si respira quotidianamente all’interno delle loro mura domestiche.
Anche se sono ancora casi isolati, il numero di richieste di consulenza presso i centri dell’Ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati sono, come detto, in costante aumento. Da quando la linea telefonica dedicata è stata lanciata nel 2012, lo staff del “Radicalization Advisory Center” ha gestito oltre 3.400 chiamate. Dal 2013, il numero di richieste è aumentato molto rapidamente. Solo nel 2016, il centro di consulenza del BAMF ha ricevuto oltre 1.040 chiamate, con un aumento significativo rispetto al 2015. I casi seguiti sono stati 730, il 30% dei quali è stato inoltrato alle autorità di sicurezza. Dopo gli attacchi ad Ansbach (nel luglio del 2016 un 27enne siriano si è fatto esplodere vicino a un festival musicale), e Würzburg (un uomo armato di accetta ha seminato il panico a bordo di un treno sempre nel luglio del 2016), il numero di chiamate al centro di consulenza per la radicalizzazione è cresciuto in maniera esponenziale: la media è di 120-150 segnalazioni al mese.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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