Tra le “arti del mestiere” dell’intelligence, la disinformazione è una delle più subdole e sofisticate. Con l’uso della disinformazione si fanno filtrare o si diffondono per canali clandestini notizie false, parzialmente vere o semplicemente veritiere, allo scopo di alterare la percezione della realtà nell’avversario di turno, condizionarne il processo decisionale per convincerlo a sopravvalutare o sottovalutare un problema di sicurezza e a prendere, infine, decisioni sbagliate e controproducenti.
Abbiamo detto che la disinformazione viene utilizzata contro l’avversario. Talvolta, tuttavia, non è così. Essa può diventare uno strumento con il quale un governo può tentare di manipolare il processo decisionale delle proprie istituzioni, a cominciare dal parlamento, per costringerle ad assecondare le sue strategie. È quanto avvenne cinquant’anni fa a Washington con la “risoluzione del Golfo del Tonchino” con cui il Congresso degli Stati Uniti dette praticamente carta bianca all’Amministrazione Johnson per dichiarare di fatto lo stato di guerra con il Vietnam del Nord e far compiere all’impegno militare americano nel sud est asiatico quel salto di qualità che portò poi alla prima sconfitta militare degli Stati Uniti.
Nel 1964 il coinvolgimento americano nel Vietnam era abbastanza limitato. Poche migliaia di berretti verdi delle forze speciali fungevano da consiglieri militari per le forze armate del Vietnam del Sud, nel confronto con le forze guerrigliere vietcong e con le prime unità nord vietnamite impegnate da anni nel tentativo di sovvertire la fragile e corrotta democrazia sud vietnamita, per riunificare i due Vietnam sotto un’unica bandiera comunista.
Così, Lyndon Johnson eredita il Vietnam dal defunto presidente Kennedy, il quale prima della sua uccisione nel novembre del 1963 aveva autorizzato l’invio di consiglieri militari a Saigon (l’attuale Ho Chi Minh) e una presenza di supporto di alcune unità dell’aviazione militare americana e della flotta del Pacifico. Quando apre il dossier Vietnam, il nuovo presidente si rende conto che la situazione sul terreno è nella migliore delle ipotesi in stallo. Politici e militari sud vietnamiti mirano più ad arricchirsi a spese degli americani che a combattere i comunisti, i quali dal canto loro controllano aree sempre più estese nel Delta del Mekong e negli altipiani centrali. Convinto dal suo ministro della Difesa, Robert McNamara, un tecnocrate già presidente della Ford, che un massiccio impegno diretto da parte di un esercito potente e invincibile come quello degli Stati Uniti potesse risolvere quella che sembrava una semplice guerra civile, il presidente si decide a tentare di imprimere una svolta decisiva al conflitto gettando sul piatto della bilancia tutto il peso della potenza militare americana.
Per conseguire questo obiettivo, l’escalation aveva tuttavia bisogno del permesso del Congresso, l’unica istituzione in grado di dichiarare uno stato di guerra. Mentre le inefficienti unità militari del Vietnam del Sud venivano regolarmente sconfitte sul terreno dagli avversari comunisti, e mentre i loro ufficiali sembravano impegnati esclusivamente a truffare i consiglieri americani evitando di segnalare le perdite in combattimento per poter continuare a intascare lo stipendio dei caduti, il Pentagono decide di varare un piano operativo definito “OPLAN 34 Alpha” che prevede incursioni sulle coste nordvietnamite ad opera di piccole unità di commandos sudvietnamiti guidati dai berretti verdi e sostenuti da un corposo ombrello aereo e dalle navi da guerra della sesta flotta, allo scopo di portare la guerra nel nord, distruggere infrastrutture militari costiere e reti radar e dissuadere il governo di Hanoi dall’ulteriore invio di forze armate nel sud.
Il 2 agosto 1964, durante una delle operazioni del piano OPLAN, un’unità mista sud vietnamita e americana trovandosi in difficoltà chiede il sostegno aeronavale per fronteggiare un attacco nemico. Il cacciatorpediniere Maddox, che si trovava nella zona con funzioni di supporto tattico e di sorveglianza elettronica, si avvicina alla costa nord vietnamita e viene intercettato da un gruppo di navette motosiluranti di Hanoi. Ne segue un breve scontro durante il quale vengono affondate due motosiluranti nord vietnamite. Tutte le comunicazioni tra il Maddox e Saigon e tra le forze nord vietanimite locali e il comando navale di Haiphong vengono intercettate e registrate dalla National Security Agency e trasmesse a Washington.
Nella notte del 4 agosto nelle stesse acque il comandante del cacciatorpediniere Maddox “ritiene” di essere attaccato da una flotta nord vietnamita, chiede il sostegno della portaerei Ticonderoga e dà inizio a una “battaglia” che dura tutta la notte. Il pilota della marina che comanda gli aerei della Ticonderoga, James B. Stockdale, racconterà anni dopo che quando arrivò sull’area dello scontro per attaccare i battelli nordvietnamiti in acqua «non c’era una nave, non c’era un nemico, non c’era una torpedo, nient’altro che mare nero e gli americani che sparavano con tutte le armi a disposizione».
La mattina successiva, il presidente Johnson diffonde un messaggio alla nazione: «Come presidente e comandante in capo è mio dovere informare il popolo americano che le azioni ostili contro navi degli Stati Uniti nel Golfo del Tonchino mi hanno costretto a ordinare una rappresaglia […] All’aggressione terroristica contro i pacifici villaggi del Vietnam del Sud si aggiunge oggi un’aperta aggressione in alto mare contro gli Stati Uniti d’America».
Nei giorni successivi, dopo frenetiche consultazioni con il Congresso di Washington ai cui membri vengono fatte leggere le trascrizioni del 2 agosto spacciandole per la finta battaglia del 4 agosto, l’Amministrazione ottiene quello che cercava: una risoluzione bipartisan che autorizza l’esecutivo ad aprire le ostilità contro il Vietnam del Nord con l’impiego diretto di forze militari statunitensi. Le poche migliaia di consiglieri delle forze speciali diventano così 548mila soldati di leva in poco meno di cinque anni. Al termine della guerra nel 1973 gli americani lasceranno sul terreno 59mila caduti.
La prima sconfitta militare degli Stati Uniti è stata resa possibile grazie a informazioni definite, nel corso di un’inchiesta successiva, come “skew” (oblique, distorte) e “flawed” (viziate, fallaci). Per ottenere la risoluzione del Golfo del Tonchino l’Amministrazione americana ha consapevolmente disinformato il Congresso e il popolo degli Stati Uniti. Sostiene lo storico John Prados, autore del più approfondito studio sull’incidente del Golfo del Tonchino compiuto sulla scorta di migliaia di documenti desecretati dopo la fine della guerra, che se analizziamo questi eventi sostituendo «le parole “armi di distruzioni di massa” con “motosiluranti nord vietnamite” e “Hanoi” con “Baghdad” il paragone con la seconda guerra in Iraq è molto calzante».
Alfredo Mantici
Ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde, Direttore Analisi dI Babilon magazine e detective nel noto reality "Celebrity Hunted"
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