Il capo della diplomazia americana Mike Pence ha inserito, il 10 gennaio, i ribelli Houthi, che controllano una parte del territorio dello Yemen, nella sua lista nera dei gruppi terroristici
Durante questi ultimi momenti della presidenza Trump l’amministrazione repubblicana sta prendendo una serie di decisioni significative nell’ambito delle relazioni estere, finalizzate a polarizzare l’opinione pubblica nonché a preservare la direzione che l’agenda politica ha mantenuto negli ultimi quattro anni di governo.
Le ultime mosse di Trump complicano la posizione del presidente eletto, Joe Biden, ed eventualmente il suo tentativo di riportare in auge l’accordo sul nucleare con l’Iran. Il capo della diplomazia americana Mike Pence ha dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti a classificare le milizie di ribelli sciiti Houthi, sostenuti da Teheran, quale organizzazione terroristica. Una decisione che, secondo diversi osservatori, potrebbe aggravare ulteriormente la situazione umanitaria nel paese ed esacerbare le tensioni esistenti in Yemen, dove da tempo si combatte una guerra civile. La decisione sarà in vigore a partire dal prossimo 19 gennaio, il giorno che precede l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.
Il 10 gennaio il segretario di Stato ha dichiarato che questa richiesta è finalizzata a «dissuasione il regime iraniano dal condurre le proprie attività nefaste», regime considerato il principale sostenitore del gruppo dei ribelli sciiti che si definiscono “partigiani di Dio”. Una mossa, quella americana, pensata per azzoppare l’Iran e favoroisce la coalizione militare sunnita messa in piedi dall’Arabia Saudita allo scopo di combattere gli Houthi. Nella coalizione contro la “gioventù credente” sono coinvolti anche Egitto, Sudan, Giordania, Marocco, Bahrain, Qatar ed Emirati Arabi Uniti. Gli Stati Uniti hanno sostenuto gli sforzi dell’Arabia Saudita nel conflitto in Yemen, che ha causato la morte di migliaia di civili.
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Le disposizioni annunciate da Pompeo prevedono nuove sanzioni economiche e divieti agli spostamenti nei confronti dei ribelli Houthi che sei anni fa hanno rovesciato il governo yemenita e portato avanti una guerra contro l’Arabia Saudita dal 2015. Gli Houthi controllano, da dopo il golpe avvenuto a fine 2014, la capitale Sana’a e i territori settentrionali dello Yemen, ossia la zona in cui sono concentrati i principali impianti petroliferi e il porto principale del paese. Dal 2015, i civili del nord e del centro del paese sono vittime di continui bombardamenti da parte della coalizione a guida saudita.
Attraverso la voce di Mohamed Ali al-Houthi, i ribelli si sono subito schierati contro la decisione di Pompeo affermando che «sono gli americani a essere all’origine del terrorismo, così come lo sono le azioni e la politica di Trump. Ogni loro decisione è condannabile e noi abbiamo il diritto di rispondere». Il comandante ha aggiunto anche: «Al nostro popolo non interessa come considera Trump lo considera, perché è egli stesso complice nell’assassinio degli yemeniti».
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Secondo i dati dell’Onu, la guerra civile in Yemen ha già causato la morte di circa 112mila civili, più di 3 milioni di sfollati e innumerevoli altre problematiche quali le emergenze sanitarie relative all’epidemia di colera e, quest’anno, della Covid. A questo si deve aggiungere il difficile accesso all’acqua potabile e l’insufficienza di generi alimentari destinati ai civili.Un intervento americano di questa portata rappresenta indubbiamente un problema in più per uno Stato che si trova già ad affrontare un complesso periodo storico, in cui i civili vengono trattati come pedine in mano alle grandi potenze economiche.
Criminalizzare gli Houthi, affermano le maggiori Ong attive sul territorio, significa di fatto bloccare ogni aiuto umanitario, che per avere luogo deve potersi coordinare con i funzionari di Ansar Allah. Nelle regioni del centro-nord vive il 70% della popolazione e, se gli Houthi verranno inseriti nella lista nera, non sarà più possibile importare beni dall’estero nelle regioni del centro-nord, né ricevere le rimesse in denaro della diaspora con cui la maggior parte delle famiglie vive.
PHOTO: Yemeni men chant slogans as they hold up Kalashnikov assault rifles during a meeting in the Houthi-held capital Sanaa on 21 September 2019 (AFP)
Chiara Pretto
Nata in provincia di Vicenza nel 1994. Laureata al Dams di Bologna con una tesi sulla semiotica del potere, si interessa prevalentemente di Nord America e Medio Oriente. Ha lavorato per un po' in Israele.
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