Il perno della strategia statunitense per sconfiggere il terrorismo è la fornitura di equipaggiamenti militari agli alleati in modo che questi possano affrontare le sfide sul terreno e combattere l’insorgere dei gruppi ribelli. Tale approccio è stato messo in pratica anche in Afghanistan dove le forze di polizia e l’esercito sono supportati dagli Stati Uniti al fine di combattere le organizzazioni terroristiche, in primo luogo i Talebani. La strategia di Washington aveva già rivelato le sue pecche in Iraq e in Siria, paesi dove carri armati e armi di provenienza americana sono finiti rispettivamente nelle mani delle milizie irachene sciite appoggiate dall’Iran, Kataib Hezbollah, e in quelle dei guerriglieri dello Stato Islamico. L’esercito iracheno e i ribelli siriani si sono trovati dunque a fronteggiare un nemico che aveva a disposizione gli stessi armamenti. Questo ha ridotto il loro margine di superiorità e ha complicato la riuscita delle operazioni militari. Lo stesso sta avvenendo in Afghanistan, dove in sostanza, gli Stati Uniti stanno armando indirettamente i Talebani.
L’arsenale dei Talebani conta anche laser e occhiali per la visione notturna abbandonati dai soldati sul campo o venduti clandestinamente al mercato nero. La diretta conseguenza dell’uso di questi dispositivi è stato un aumento esponenziale degli attacchi notturni, che ha portato a triplicare il numero delle vittime afghane tra il 2014 e il 2017. Appare quindi evidente che l’approccio di Washington si ritorce contro le stesse forze che si cerca di sostenere. Le prove di tutto questo sono state fornite dagli stessi Talebani, diventati molto più ferrati nell’utilizzo della tecnologia rispetto agli anni Novanta. Attraverso Twitter e diversi siti internet sono in grado di diffondere i loro messaggi propagandistici e aumentare il loro pubblico. Nel 2015 alcuni ribelli hanno postato video in cui erano alla guida di mezzi da combattimento americani, Humvee, nel bel mezzo della battaglia di Kinduz. Ancora nel 2016 i ribelli hanno usato gli stessi veicoli per condurre attacchi suicidi contro posti di blocco delle truppe afghane nella provincia di Helmand. Nel materiale propagandistico distribuito durante il 2017 i Talebani rivendicavano l’utilizzo di fucili da assalto statunitensi e di radio sottratti ai nemici in un’operazione a Kandahar. Le armi cadute nelle mani dello Stato Islamico, invece, pare provengano direttamente dai commandos USA. Gli americani infatti sono ancora presenti in Afghanistan con la missione Resolute Support che dal 2015 ha sostituito la ISAF e che punta ad assistere i Ministeri della Difesa e degli Interni nell’addestramento e nel supporto logistico delle forze di sicurezza locali.
La questione sembra di difficile soluzione perché secondo una fonte del Resolute Support ascoltata da The Diplomat, gli Stati Uniti non fanno affidamento su nessun meccanismo di controllo valido che possa rendere conto delle armi perse dalle forze afghane e trafugate dai Talebani o dallo Stato Islamico. Un portavoce del SIGAR, ovvero lo Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction, nato nel 2008 con lo scopo di condurre analisi e indagini per il Congresso in merito alle missioni americane in Afghanistan, ha detto ai reporter della rivista che l’organismo non ha ricevuto alcuna informazione in merito alle circostanze in cui le armi e gli equipaggiamenti USA sono andati perduti.
Le Afghan National Defense and Security Forces, le Forze Armate afghane, si adoperano per recuperare o distruggere gli equipaggiamenti che arrivano ai Talebani. Il 6 giugno USA Today ha riportato la notizia del bombardamento a guida americana che ha distrutto 40 veicoli da guerra Humvees accumulati dal gruppo terroristico nel corso degli anni. Il problema principale che rende difficile controllare le attrezzature americane è la corruzione sistemica dei militari e della polizia afghani. Un fenomeno vasto, documentato almeno a partire dal 2009, che proprio per la sua natura risulta anche molto complesso da contrastare.
La necessità di porre un argine alla dispersione delle armi e degli equipaggiamenti USA in Afghanistan è uno degli aspetti della guerra che il governo afghano è ancora impegnato a combattere contro i Talebani, guerra che è ormai arrivata a una situazione di stallo da cui non sarà facile uscire. Sia il governo di Kabul sia i Talebani non sono abbastanza forti da assestare un colpo deciso all’altro risolvendo il conflitto in atto, ma neanche deboli al punto di tale da abbandonare la guerra. I Talebani hanno infatti dimostrato di non riuscire a mantenere il controllo sui territori conquistati, mentre le forze armate afghane non riescono a arrecare loro una sconfitta definitiva.
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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