L’Unione europea ha creato un gruppo di contatto che a quanto pare non piace né al governo uscente né al governo a interim. Non mi aspetto che questo gruppo abbia molto successo”. Stretto collaboratore di Juan Guaidó da quando assieme a lui guidò la protesta del 2007, Yon Goicoechea commenta così al Foglio gli esiti della prima riunione del Gruppo di Contatto sul Venezuela che si è tenuta ieri a Montevideo. “Meccanismo di Montevideo” è stato definito dal ministro degli Esteri uruguayano Rodolfo Nin Novoa nella sua qualità di anfitrione. Con lui c’erano anche Enzo Moavero Milanesi e Federica Mogherini, oltre ai ministri degli Esteri di Messico, Bolivia, Costa Rica, Ecuador, Spagna, Portogallo e Svezia; ai direttori incaricati per le questioni latino-americane dei ministeri degli Esteri di Germania, Francia, Regno Unito e Paesi Bassi; e alla rappresentanza del Caricom, la comunità delle nazioni caraibiche. Partito come compromesso tra la linea della maggioranza dei paesi Ue per riconoscere Guaidó e quella proposta da Messico e Uruguay di mediazione che sembrava invece più favorevole a Maduro, questo Meccanismo di Montevideo ha intanto prodotto un po’ a sorpresa un documento che chiede elezioni presidenziali libere e credibili, il ripristino dei poteri dell’Assemblea Nazionale, la restaurazione di democrazia e stato di diritto, libero accesso agli aiuti umanitari. Non lo hanno sottoscritto Bolivia, Messico e Caricom, ma hanno aderito Uruguay e Italia.
“A quanto pare Maduro ha perso un alleato”, ha detto al Foglio riferendosi all’Uruguay Luz Mely Reyes: cofondatrice del portale informativo Efecto Cocuyo e Premio internazionale per la libertà di stampa del Comitato per la protezione dei giornalisti. Ma anche l’Italia con questa presa di posizione ha di fatto superato l’equidistanza proclamata da Conte e Di Maio: dire infatti che ci vogliono nuove elezioni presidenziali significa riconoscere che la nuova presidenza di Maduro deriva da un voto illegittimo. Al contempo, però, non si arriva al riconoscimento formale di Guaidó richiesto esplicitamente da Salvini e implicitamente dal presidente Mattarella. Per questo entrambi i presidenti di Caracas sono insoddisfatti. Con il Foglio, Yon Goicoechea sembra comunque mostrare apprezzamento per il modo in cui le cose stanno rapidamente evolvendo: “Noi speriamo che la pressione porti a elezioni generali pulite. Non basta che ci siano elezioni, devono essere giuste”.
Nel frattempo, lunedì si era riunito a Ottawa il Gruppo di Limae aveva deciso di accogliere il rappresentante di Guaidó come membro. E anche se la richiesta di libere elezioni e di evitare un intervento militare esterno a questo punto li accomuna al Meccanismo di Montevideo, i paesi di Lima si sono spinti oltre il riconoscimento di Guaidó e hanno esplicitato un percorso di soluzione più definito, che consiste nel chiedere ai militari di riconoscere il governo a interim.
Donald Trump invece non esclude l’opzione militare, ma al momento si è impantanato al Senato, proprio per i dubbi dei democratici su un possibile intervento. Ci sono poi Russia, Cina e Turchia, che chiedono di aderire al Meccanismo di Montevideo. Non è chiaro se sono disposti a scambiare il loro appoggio a una soluzione pacifica con un riconoscimento dei loro interessi in America Latina o se invece la loro intenzione è generare caos a beneficio di Maduro. Fonti che hanno preso parte al gruppo di contatto spiegano comunque al Foglio che Federica Mogherini sarebbe pronta a leggere le carte proposte da Vladimir Putin, offrendogli di alleviare sensibilmente le sanzioni in cambio di un suo appoggio al fronte delle pressioni su Maduro. Se dopo l’ultimatum di 90 giorni, non vengono indette libere elezioni in Venezuela allora verranno imposte nuove sanzioni a Maduro. Ma il leader venezuelano non sembra capire e le sue mosse sembrano volte a irrigidire ulteriormente la tensione internazionale: ha infatti ordinato alle Forze Armate di bloccare gli aiuti umanitari e anziché restituire i poteri usurpati all’Assemblea Nazionale ha fatto istituire una Commissione per studiare il modo di sciogliere direttamente l’Assemblea Nazionale con un referendum.
Maurizio Stefanini
Articolo pubblicato su IlFoglio.it
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