Quante volte ci siamo detti: «Adesso basta, pianto tutto e me ne vado in Sud America»? Ognuno di noi l’avrà detto almeno una volta nella vita. E quante altre volte abbiamo pensato davvero di andar via, ad esempio, in Argentina, Brasile, Colombia, Bolivia, o in Venezuela per goderci la vita? Succede perché tutti siamo attratti dalla letteratura romantica. La letteratura ci ha raccontato, per decenni, di un continente in cui la vita scorre lenta e dove con poco si può giocare a fare i milionari indossando abiti di lino e cappello e fumando un buon sigaro. Invece, quel Sud America – sempre ammesso che sia mai esistito – ora non c’è più. Al suo posto c’è un continente o meglio un “narcocontinente” . A dettare il battito cardiaco di intere popolazioni ci sono la violenza nelle sue forme più efferate, la corruzzione, la fame, i fiumi di droga e il sangue, che scorre copioso per le strade. Tra il 2000 e il 2010 la percentuale di omicidi in America Latina e nei Paesi caraibici è aumentata dell’11%, mentre nel resto del mondo scendeva. Bilancio: 1 milione di morti ammazzati, numeri di un Olocausto. Ma cos’è oggi davvero il Sud America? Maria Zuppello con questo magistrale saggio, la cui documentazione prodotta è portentosa, ci offre una spaventosa visione di quello che sta accadendo a migliaia di chilometri da noi. Una distanza che non basta certo a rassicurare. “Il Jihad ai tropici”di Maria Zuppello ed edito da Paesi Edizioni ha molti meriti. Il primo: aver squarciato quella sorta di telo fatto di bugie costruite ad arte da pseudo-intellettuali, giornalisti in malafede e politici ignoranti e a volte non proprio disinteressati nel magnificare satrapi come l’ex Presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Personaggi come il venezuelano Hugo Rafael Chávez Frías e il suo successore Nicolás Maduro Moro, i fratelli Castro, e persino l’astuto Evo Morales, capace come pochi al mondo di cambiare pelle a seconda delle necessità e della convenienza. Loro, insieme a molti altri, sono i veri responsabili della distruzione e del saccheggio di nazioni dove, per ironia della sorte, abbondano le risorse. Enormi risorse che restano rigorosamente nelle mani dei soliti noti. Così, mentre in poche case si brinda con lo champagne, centinaia di milioni di esseri umani lottano per la sopravvivenza rovistando tra la spazzatura pur di nutrirsi. Di costoro nessuno si cura, sono fantasmi privati anche della speranza. Esseri umani derubati proprio dalle stesse persone che si ergevano a loro paladini! Una beffa atroce. Tutto questo accadeva inoltre mentre noi giravamo la testa dall’altra parte. Come dimenticare quando i satrapi del Sud America venivano ricevuti con tutti gli onori?
Altro merito di “Il Jihad ai tropici” è raccontare come alcuni uomini di sinistra o meglio “sinistri uomini” abbiano consentito che l’intero continente sud-americano diventasse il peggior laboratorio criminale del pianeta. Un luogo dove gli Hezbollah sciiti e gli estremisti salafiti sunniti coesistono e fanno affari insieme e dove l’onnipresente ‘ndrangheta, comanda e ricicla masse enormi di denaro. Non solo, gli ‘ndranghetisti che vivono lì acquistano al prezzo migliore – anche in conto vendita – tonnellate di cocaina. La coca invade le piazze europee dove lo spaccio al dettaglio è gestito dalle mafie albanesi, nigeriane e dalla criminalità comune che si serve molto spesso di immigrati clandestini. Grazie a questo saggio abbiamo la certezza di come il Sud America sia diventato terra di conquista anche per l’estremismo islamico e i numeri del solo Brasile sono impressionanti. Un paese un tempo cattolicissimo si è trasformato negli ultimi anni in un crocevia sempre più importante di cocaina, armi e terrorismo radicale. Il terrorismo fa leva sulle 115 moschee sparse nel paese, sui 94 centri islamici e su gruppi agguerriti che svettano sulla moltitudine di musulmani, oltre un milione e mezzo.
Impressionante che nel 2000, secondo i dati di allora, fossero poco più di 27 mila! Diciassette anni dopo il quadro è completamente diverso, merito della pioggia di denaro proveniente soprattutto da Arabia Saudita, Iran, Turchia e Qatar. Una pioggia che serve a far deragliare ulteriormente le esistenze nelle poverissime “favelas”. Non è casuale l’espressione ustata qualche tempo fa da uno dei predicatori del male più conosciuti in Europa: il palestinese con passaporto tedesco Ibrahim Abou Nagie, messo fuorilegge in Germania. Appena arrivato in Brasile con lo scopo di spargere il seme del male, Ibrahim Abou Nagie face un rapido giro per il paese e osservò: «Qui ci sono 500 milioni di persone che aspettano solo l’islam». Questo libro dimostra ancora una volta che non aveva torto.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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