Siamo giunti ad un momento topico nello scontro del jihad siriano. Al Qaeda, Stato Islamico e HTS, che prima era la filiale qaedista siriana, ora conducono un gioco fratricida a tre nei territori dove non sono ancora giunti gli assadisti. Quale futuro si prospetta per il Jihad in Siria?

1. LA LIAISON DI HTS CON LA TURCHIA

Il gruppo che detiene le quote di maggioranza del cantone ribelle di Idlib, Hayat Tahrir al ShamHTS, è più in difficoltà che mai. Ideologicamente, strategicamente e mediaticamente. Nell’implementazione degli accordi di Astana, la Turchia ha installato i suoi checkpoint militari all’interno del governatorato di Idlib in collaborazione con HTS. Questo ha permesso al gruppo HTS di garantire la propria sopravvivenza e di scongiurare, per ora, l’intervento delle SAASyrian Arab Army – protetti dallo scomodo alleato. Ankara, invece, ha esteso ulteriormente la sua zona di influenza nel nord della Siria, dove dialoga, o prova a farlo, con le ultime fazioni ribelli che non si sono allineate alle FSAFree Syrian Army, e dove sponsorizza e aiuta quest’ultime contro i curdi delle YPG, al fine di scongiurare la temuta realizzazione del cantone curdo a ridosso del confine meridionale turco.

Il leader di HTS, Abu Mohammad al Julani.
2. LA FINE DELL’EQUILIBRISMO POLITICO DI HTS

Il rapporto di cooperazione tra l’organizzazione guidata da Abu Mohammad al Julani e la Turchia secolarista di Erdogan ha alienato il gruppo dal sostegno di molti ideologi di riferimento per la galassia jihadista siriana, con il giordano qaedista Abu Muhammad Asem al Maqdisi, l’ideologo del Tawhid, a guidare la schiera dei più critici. L’ala più radicale di HTS, la più fedele agli ex sponsor di al Qaeda, ha defezionato e formato un nuovo gruppo, Tanzim Hurras al Deen. Oltre agli scismi interni, l’ex Fronte al Nusra è in uno stato di guerra permanente con i competitor dello Stato Islamico e, dopo la presunta espulsione di quest’ultimi da Idlib, ha tentato di bonificare il governatorato da tutte le cellule dormienti che i seguaci di al Baghdadi avevano disseminato alle loro spalle durante la rotta. In questa difficile situazione di doppia pressione, sia interna che esterna, i recenti momenti spartiacque del gruppo sono stati due:

  • La rielezione del rais turco Recep Tayyp Erdogan, che ha dato nuova spinta ai suoi disegni sulla Siria settentrionale e su Idlib tanto da sentirlo autorizzato a chiedere ad al Julani, la cacciata o l’eliminazione dei suoi ex alleati di al Qaeda
  • La designazione del gruppo come organizzazione terroristica da parte degli US, che ha fatto naufragare il progetto di rebranding di HTS, tacciato di essere ancora, nell’ombra, il ramo siriano di al Qaeda.
3. IL FUTURO DI HTS E IL RITORNO DI IS A IDLIB

La combinazione di questi eventi ha fatto saltare il banco dei piani di Hayat Tahrir al Sham. La designazione di terrorismo del Dipartimento di Stato US ha costretto la Turchia a riaprire il dossier sui rapporti tra al Qaeda e HTS, e quest’ultimi, ora, sono costretti a dimostrare la loro affidabilità ai patron turchi eliminando e/o allontanando i lealisti di al Zawahiri dai territori da loro controllati. L’equilibrismo politico di HTS, tra i nuovi sponsor turchi e la vecchia casa madre di al Qaeda, è quindi da considerarsi definitivamente concluso e sembra che la leadership del gruppo abbia già deciso da quale parte schierarsi. Il 12 luglio, le forze di sicurezza di HTS hanno tratto in arresto Abu al Miqdad al Urduni, un lealista di al Qaeda, ora nel nuovo gruppo Tanzim Hurras al Deen, ex direttore della sicurezza di HTS nel sud della Siria. La critica della comunità jihadista siriana non si è fatta attendere, tanto che ora il gruppo viene definito ironicamente l’Hamas di Siria, poiché più concentrato sull’eliminazione dei suoi competitor jihadisti piuttosto che nel fronteggiare il nemico. Pochi giorni prima che questa nuova crisi interna ad HTS deflagrasse, lo Stato Islamico ha dato il via alle operazione delle sue cellule dormienti dislocate nel settore di Idlib e non scoperte dalle forze di sicurezza ribelli. Esplosioni, raid improvvisi e assassini mirati, che hanno preso di mira soprattuto i foreign fighters dell’organizzazione di al Julani, che sono quelli che si sentono più minacciati dal rebranding di HTS a dispetto dei miliziani siriani considerati più presentabili, e i suoi leader sul campo. La concomitanza tra gli eventi descritti sopra e il ritorno dello Stato Islamico nella regione di Idlib, pertanto non può considerarsi casuale. Hayat Tahrir al Sham è il gruppo più chiacchierato all’interno della galassia jihadista, poiché, al di là delle critiche ricevute dalle fazioni più radicali, negli ambienti si era a conoscenza che il gruppo prima o poi avrebbe dovuto scegliersi un anima e da che parte stare. Proprio come quando i vertici dell’ex Fronte al Nusra furono costretti a scegliere con chi schierarsi nella fitna jihadista deflagrata tra al Qaeda e Stato Islamico dopo la nascita di quest’ultimo. Le pressioni dello Stato Islamico, della Turchia e degli assadisti all’esterno, e le pressioni interne di al Qaeda, hanno accelerato il tempo e l’ora della scelta per Hayat Tharir al Sham si avvicina sempre più inesorabilmente. Anzi, potrebbe essere già scoccata.

Valerio Mazzoni