E’ stato pubblicato recentemente l’ultimo libro di Alberto Giannoni giornalista de “Il Giornale”, dal titolo “Il libro nero dell’Islam italiano”. Il volume che si avvale della prefazione di Lorenzo Vidino, è una dettagliatissima inchiesta sul fenomeno dell’islam estremo in Italia e dei pericoli che la sua sottovalutazione comporta. Ma è possibile che il paese che piu’ di tutti espelle terrorsisti conclamati e simpatizzanti pronti all’atto violento, abbia sottovalutato il problema? Il libro offre numerosi spunti e molte risposte a questo quesito. Se l’intelligence, la magistratura e le forze dell’ordine, hanno fatto tesoro dei drammatici momenti vissuti dall’Italia con il terrorismo politico (di destra e di sinistra), e la lunga stagione delle stragi di mafia, lo stesso non si puo’ dire della classe politica che non ha ancora compreso cosa è accaduto fin dagli anni 90 quando i Balcani andarono in fiamme. Dopo il fuoco e le bombe a lenire le sofferenze della popolazione civile, arrivarono centinaia di milioni di dollari dal Golfo Persico e con loro, giunse la versione piu’ estrema dell’islam. Insieme ad essa vennero erette centinaia di moschee con relativi minareti (simbolo di potenza), nacquero sulfuree associazioni dove trovarono casa i predicatori divenuti poi veri “globetrotter dell’odio”. E’ anche grazie a loro che si diffuse in tutto il Vecchio Continente il virus del salafismo, una rilettura del Corano che incita alla purificazione dei fedeli attraverso la guerra santa. La malattia che si diffuse da allora in Europa fece si che e l’Italia inizio’ a diventare un luogo di proselitismo, di reclutamento (125 foreign fighters sono partiti per il “Siraq” negli ultimi anni), e di traffici legati alla jihad. Con il rigore del cronista di razza, l’autora porta il lettore ad entrare nelle le storie di giovani e cinquantenni, che a volte sono casi sociali ma che spesso sono ben integrati, che vivono nelle grandi periferie urbane e nelle cittadine di provincia che rompono con il loro passato e il loro presente, per andare ad ammazzare “gli infedeli”. Il grande merito di Alberto Giannoni non è solo quello di renderci attenti al pericolo costante del terrorismo islamico e di jihadisti nostrani, ma nell’analizzare con sano realismo, il pericolo rappresentato dall’islam politico da sempre impegnato nella ricerca di nuovi spazi e di legittimazione politica. Un libro che chi ha respondabilità di governo dovrebbe leggere e rileggere se non altro, per evitare di commettere gli imperdonabili errori comessi da chi li ha preceduti. Del volume “Il libro nero dell’Islam italiano”, ne abbiamo parlato con l’autore.
Leggendo il suo libro non si può non notare come l’islam praticato nelle sue forme più estreme, abbia attecchito nel corso dei decenni anche in Italia. E’ un fenomeno da ascrivere all’ immigrazione incontrollata? O c’è altro ?
Per quanto ho ricostruito, i fenomeni del radicalismo e dell’estremismo iniziano ancor prima dell’immigrazione incontrollata. O meglio risalgono agli anni in cui le migrazioni non erano ancora un fenomeno di massa, e rischiano di proseguire anche dopo un’eventuale restrizione dei flussi. Però c’è indubbiamente il rischio di un legame fra i due fenomeni. Questo non è solo un mio parere. In una corposa relazione prodotta dalla commissione speciale del Parlamento europeo si legge come almeno 8 degli autori di attentati fra il 2015 e il 2016 siano entrati in Grecia attraverso flussi irregolari dell’estate 2015. Le relatrici avvertono che lo spazio Schengen senza frontiere interne “è sostenibile solo se si provvede efficacemente alla sicurezza e alla protezione delle frontiere esterne”.
Chi volto hanno i predicatori del male ? E da dove arrivano e chi li finanzia ?
Gli estremisti vengono fuori anche perché c’è un’area grigia di integralismo che è finanziata, sostenuta e comunque non adeguatamente combattuta. In una ricerca di Lorenzo Vidino per l’Ispi si legge che la metà dei foreign fighters italiani partiti per Siria e Iraq erano frequentatori di moschee. I predicatori del male hanno spesso il volto arcigno dell’integralismo, ma sono un pericolo anche perché proliferano i volti più suadenti, ambigui, di un islam ideologico che non fa i conti fino in fondo con la democrazia, con i diritti, con la laicità delle istituzioni. E la politica non capisce questa minaccia, la sottovaluta.
Nel 2018 le espulsioni dal territorio italiano sono state 118, ed è un dato importante se si pensa che nel 205 sono state 66. Anche grazie a questo l’Italia è riuscita a proteggersi dai sanguinosi attentati ma il timore è che prima o poi qualcosa possa accadere. Lei ha dei timori in questo senso?
L’Italia come lei sa bene è il Paese che espelle di più. Non c’è dubbio che questo rigore, e una attività di intelligence attenta e accurata, abbiano preservato il nostro Paese da rischi ulteriori. Purtroppo però non ci possiamo considerare esenti da rischi.
Nel suo libro si parla molto delle “provincie” italiane divenute il luogo preferito dagli estremisti islamici spesso immigrati clandestini anche se non mancano i convertiti. Quanto è a rischio la sicurezza dei cittadini e come contrastare il fenomeno?
Milano, il Nord est, ma anche le Marche, Perugia, Ravenna, le cittadine del Lazio. I crocevia sono diversi, e spesso si accendono focolai in realtà apparentemente marginali rispetto ai grandi flussi o ai grandi numeri. Per me è difficile valutare il grado di rischio attuale. Nel farlo mi affido ovviamente alle autorità di pubblica sicurezza che hanno dimostrato di essere fra le migliori in Europa. Quanto al contrasto dei fenomeni di estremismo e radicalizzazione, mi sono convinto che occorra agire anche su un piano politico-culturale, promuovendo la trasparenza e contrastando i discorsi d’odio, la cultura dell’odio e l’integralismo che dell’odio è il brodo di cultura.
Che ruolo gioca in Italia la Fratellanza Musulmana ?
La Fratellanza è un fenomeno complesso, presenta questi elementi di incompatibilità con i diritti e con i tradizionali crismi delle democrazie liberali. L’islam ufficiale in Italia tende, comprensibilmente, a rigettare la sovrapposizione con quest’area. Eppure in certi casi ammette che questa sovrapposizione, quando c’è, è anche il frutto di errori suoi. Allora serve una reale, aperta, concreta battaglia contro l’integralismo. I terreni su cui agire, sul piano culturale, sono quelli più critici: il problema della libertà religiosa, l’antisemitismo, la concezione della donna e i diritti degli omosessuali.
Da osservatore a me pare che la lotta al terrorismo sia diventata una prerogativa della destra politica. È corretto?
Sì, se con “destra” intendiamo tutto ciò che nella cosiddetta Seconda repubblica si identificava nell’area della Casa delle libertà, mi pare di poter dire che la destra, o il centrodestra, abbiano oggi un maggior grado di chiarezza, di comprensione e di impegno sul terreno non solo o non tanto della lotta al terrorismo, ma anche del contrasto all’islamismo ideologico. Ritengo che un orientamento liberale sia la chiave migliore per comprendere il rischio che ci troviamo di fronte.
Da giornalista c’è una storia che ti ha colpito più delle altre ? Mi riferisco agli italiani/e partiti per il “ Siraq” per andare a combattere.
Una storia paradigmatica è certamente quella di Giuliano Delnevo. Anche perché Delnevo è considerato un martire, un esempio, anche da personaggi che oggi occupano posizioni di rilievo, per esempio a Milano. È un esempio di quella catena che attraverso pochi controversi passaggi conduce dal radicalismo all’integralismo, con l’ambiguità dell’islam politico.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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