La settimana scorsa alla Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti sono iniziate le audizioni pubbliche della procedura di impeachment contro il presidente Trump. William Taylor e George Kent, due funzionari del Dipartimento di Stato, sono stati i primi a dare la propria testimonianza. I due sono considerati delle figure chiave dell’inchiesta. Taylor, incaricato d’affari americano in Ucraina, ha confermato che Trump teneva in scacco il presidente ucraino con i 391 milioni di gli aiuti, che sarebbero arrivati in cambio delle indagini richieste dal presidente Usa. Taylor ha anche affermato che il Capo della Casa Bianca in una telefonata a Gordon D. Sondland, l’ambasciatore statunitense nell’Unione Europea, avrebbe domandato informazioni in merito alle intenzioni degli ucraini di indagare sull’ex vicepresidente Joe Biden. La telefonata sarebbe del 26 luglio, vale a dire il giorno successivo alla telefonata di Trump al presidente ucraino Zelensky. Nel corso della telefonata a Sondland, ascoltata da un sottoposto di Taylor, Trump avrebbe fatto riferimento alle “indagini” e Sondland gli avrebbe risposto che l’Ucraina era “pronta a procedere”. Il 15 novembre scorso c’è stata invece la testimonianza di Marie Yovanovitch, l’ex ambasciatrice statunitense in Ucraina, ora emersa quale elemento focale dell’inchiesta.
A fine settembre 2019 la Speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi ha annunciato l’inizio dell’inchiesta di impeachment nei confronti del Presidente USA Donald Trump, indagine da lui definita come una vera e propria “caccia alle streghe”. Ufficialmente aperta dopo la testimonianza di un informatore innanzi alla Camera dei Rappresentanti, l’inchiesta ha già monopolizzato i media statunitensi nonostante l’avvicinarsi dell’election-year.
Formalmente l’inchiesta è iniziata dopo che un dipendente della Casa Bianca ha deciso di testimoniare davanti alla Camera dei Rappresentanti su una conversazione avvenuta durante l’estate 2019 tra il Presidente Trump ed il Presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelenskyj. Nonostante le pressioni della Camera, a maggioranza democratica, per il rilascio integrale della trascrizione della testimonianza, è stata resa pubblica solamente una parte. All’interno di questo memorandum si legge come il Presidente USA abbia chiesto al Presidente Zelenskyj di collaborare con Rudy Giuliani, ex Sindaco di New York e avvocato di Trump, e con il Procuratore generale USA Barr per indagare sul probabile concorrente democratico (uno dei favoriti alle primarie), Joe Biden. In seguito al rilascio di questi documenti, Trump ha ufficialmente dichiarato che ciò che lui disse durante la conversazione fu una normale chiacchierata tra presidenti, e che non mise alcuna pressione a Zelenskyj. Ciò nonostante, pochi giorni prima vennero congelati 400 milioni di dollari in aiuti militari rivolti all’Ucraina, prova che, secondo molte testate giornalistiche come Al-Jazeera, Trump stava mettendo pressione al Presidente Zelenskyj per ottenere informazioni.
La testimonianza divenuta ora centro focale dell’inchiesta è quella di Marie Yovanovitch, ex-Ambasciatrice di carriera statunitense a Kiev, nonché una delle diplomatiche con il grado più alto all’interno dell’ambiente diplomatico USA. Insieme a quella di Yovanovitch, è stata recentemente pubblicata anche la testimonianza di Michael McKinley, ex consulente per il Segretario di Stato Mike Pompeo. Svolta decisiva per il Partito democratico sono state specialmente le parole di Yovanovitch, che, sotto giuramento, ha testimoniato sui rapporti intercorsi tra il Governo ucraino e l’avvocato Giuliani. Ha aggiunto di essersi sentita spaventata dalle critiche del Presidente, e di aver ricevuto numerose telefonate da parte di colleghi di base a Washington che le suggerivano di tenere gli occhi aperti perché la sua sicurezza era in pericolo, parole che la Camera ha deciso di divulgare pubblicamente. C’è stato scalpore anche per la testimonianza di McKinley, che aveva presentato le proprie dimissioni dopo che Yovanovitch era stata licenziata, dichiarando che l’evento metteva a rischio non solo il Dipartimento di Stato USA, ma anche l’attendibilità del servizio diplomatico.
A interrogare i due ex diplomatici è stato Adam Schiff, Presidente della Commissione di Intelligence della Camera dei Rappresentanti, che porta avanti l’inchiesta di impeachment. Schiff è stato etichettato come colui che potrebbe salvare o distruggere la democrazia USA, ma che al contempo Trump in un tweet dichiara essere completamente pazzo. Ciò nonostante, dal momento in cui le testimonianze di McKinley e Yovanovitch sono state divulgate, Schiff ha recentemente proposto, insieme a Pelosi, una risoluzione regolativa sulle udienze riguardanti l’inchiesta di impeachment con lo scopo di renderle pubbliche, approvata il 1° novembre. Questa novità, secondo Pelosi e il Partito democratico, potrebbe causare una svolta decisiva per l’inchiesta e giocare a loro favore, perché renderebbe l’intero Paese partecipe alle udienze.
Sebbene molti rappresentanti chiamati a testimoniare non si siano presentati, l’inchiesta di impeachment non è, ad oggi, in via di conclusione. Con Schiff che dichiara che non presentarsi in giudizio sia una “ostruzione alla giustizia” e con Trump che continua a dichiarare l’indagine una “caccia alle streghe”, l’inchiesta potrebbe protrarsi ancora per molti mesi e anche fino al 2020. In questa settimana la Camera ha interrogato membri del National Security Council (NSC) che hanno confermato le conversazioni telefoniche di Trump con l’Ucraina. La testimonianza più rilevante, riportata dalla CNN, è stata quella di un un ex membro del NSC, il cui nome è rimasto anonimo, che ha ribadito l’ordine di Trump di congelare gli aiuti militari USA verso l’Ucraina finché Zelenskyj non avesse annunciato l’apertura dell’indagine dei confronti di Joe Biden.
Nonostante i molti punti interrogativi che circondano l’inchiesta, Trump gode ancora di un alto tasso di approvazione all’interno del Partito repubblicano. Questo potrebbe giovargli nella procedura d’impeachment ed evitare una conclusione a suo sfavore, considerato che pochi senatori repubblicani si sono schierati contro di lui negli ultimi anni. Bisogna, infatti, tenere a mente che se la Camera dei Rappresentanti concludesse l’inchiesta accuratamente e votasse a favore dell’impeachment, la palla passerebbe al Senato, a maggioranza Repubblicana, per il voto finale. Il Presidente può essere rimosso dall’incarico con i due terzi di voti favorevoli di questo ramo del Congresso, cosa assai improbabile. Malgrado le varie testimonianze riportate e gli sforzi del pPrtito democratico, le uniche domande ancora da porsi sono due: il Presidente Trump ha effettivamente abusato del potere del suo ufficio per guadagno personale o politico? Cosa farà il Senato?.
Giulia Anderson
Laureata magistrale in Relazioni Internazionali Comparate presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, specializzando il percorso sui rapporti USA-Medio Oriente – con un focus sulla politica estera statunitense verso l’Iraq e i Curdi.
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