Lunedì 13 maggio il presidente statunitense Donald Trump ha dato il benvenuto alla Casa Bianca al primo ministro ungherese Viktor Orbán. La visita è da ritenersi “controversa” per una serie di ragioni. La prima di queste riguarda il sostegno dato da Trump alle politiche anti-immigrazione del primo ministro ungherese. Il presidente americano ha lodato Orbán per aver messo al sicuro l’Ungheria, in particolare le comunità cristiane. Trump ha confermato così la volontà di avvicinare gli Usa ai Paesi del cosidetto “gruppo di Visgrád”. L’ultima volta che Orbán venne ricevuto alla Casa Bianca fu durante la presidenza Clinton nel 1998, ma dopo di allora i presidenti Bush e Obama avevano preso le distanze da lui. Obama aveva molto criticato Orbán per quella che definiva un’erosione dei valori democratici compiuta dal suo governo. Trump ha cambiato rotta rispetto ai suoi predecessori e questa mossa potrebbe agevolare non poco il primo ministro ungherese dal punto di vista mediatico e politico. Il presidente Usa ha mostrato di convidere la visione del primo ministro ungherese, d’altronde Trump vanta un buon rapporto con il presidente russo Putin e a febbraio ha incontrato per la seconda volta il dittatore nordcoreano Kim Jong un. Charles Kupchan del Council on Foreign Relations e della Georgetown University spiega le implicazioni dell’incontro e la portata dell’alleanza tra i due leader, superando l’aspetto politco e includendo quello strategico. Kupchan passa in rassegna i rapporti dell’Ungheria con la Russia e con la Cina, considera le conseguenze per le Nuove Vie della Seta – gli investimenti cinesi in Ungheria vanno contro le posizioni americane in merito alla Belt and Road Initiavite – e l’impatto dell’incontro sulle forze populiste di destra in Europa e sulle elezioni di fine maggio. A molti in Europa non piace Trump – spiega ancora Kupchan – e non piace l’intromissione degli Usa negli affari politici europei, quindi non è facile determinare le conseguenze politiche dell’invito di Orbán nello Studio Ovale. In agenda anche le questioni energetiche e la vendita di armi Usa all’Ungheria.
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