L’India sta cercando di ampliare i rapporti geoeconomici con l’Iran per tentare di penetrare nei mercati dell’Asia centrale, creando così un’alternativa alla Belt and Road Initiative (BRI) cinese. Ma a complicare i piani indiani ci sono le nuove sanzioni USA contro Teheran.
I RAPPORTI ECONOMICI TRA INDIA E IRAN
La stabilità dell’India dipende in gran parte dalla politica energetica, poiché rappresenta un punto chiave nello sviluppo dell’economia nazionale indiana. Essa diviene ancora più interessante se si considerano i rapporti economici e strategici indo-iraniani. Durante la visita del presidente iraniano Hassan Rouhani a New Delhi, nel maggio 2016, Iran e India firmarono un accordo che assegnava per dieci anni all’India Port Global, in partnership con l’iraniana Aria Banader, il controllo operativo del porto Shahid Beheshti, la fase iniziale dello sviluppo del megaporto iraniano di Chabahār. Questa fase dell’accordo prevedeva l’investimento di 500 milioni di dollari da parte del Governo di New Delhi per lo sviluppo del porto, di impianti metallurgici e raffinerie, oltre che per il trasporto verso l’India del gas proveniente dall’Asia centrale. Il progetto d’investimento indiano mirava, e mira, alla creazione di una nuova via commerciale che colleghi l’India a Teheran, Kabul e Mosca. Nello stesso mese, India, Iran e Afghanistan firmarono un accordo trilaterale riguardante sia il trasporto del grano indiano sino all’Afghanistan e agli altri Paesi dell’Asia centrale, sia la realizzazione di diverse linee ferroviarie, in modo particolare il progetto per la creazione del corridoio Chabahā-Hajigak. Il corridoio, di notevole importanza, condurrà a una riduzione sia dei costi che dei tempi di trasporto dall’India all’Asia centrale. In questo modo l’India avrà l’accesso, tramite l’Iran, sia all’Afghanistan che agli Stati dell’Asia centrale, aggirando il Pakistan, con cui sono forti le rivalità e le tensioni a causa della contesa per la regione del Kashmir. L’India, inoltre, creerà un’alternativa concorrenziale al progetto cinese del porto di Gwadar del CPEC (China–Pakistan Economic Corridor). Nell’ambito del progetto indo-iraniano di fare del megaporto di Chabahār il principale corridoio per l’Asia centrale rientrano anche i progetti di costruzione delle linee ferroviarie Chabahār-Milak, Chabahār-Faraj-Bam e Chabahār-Zahedān-Mashad-Herat. L’India prevede anche di investire fino a 16 miliardi di dollari per lo sviluppo della zona economica speciale che sorgerà intorno al megaporto di Chabahār, considerato dal Governo di New Delhi fondamentale per l’espansione geopolitica del Paese. Il Governo indiano, inoltre, è pronto a offrire all’Iran fino a 4 miliardi di dollari per la realizzazione di un piano di sviluppo dell’importante giacimento di gas Farzad B, situato nel Golfo Persico, nelle acque territoriali dell’Iran. Oltre ai progetti e agli investimenti infrastrutturali, sono di notevole importanza anche i rapporti commerciali indo-iraniani, in particolare quelli riferiti all’approvvigionamento energetico, di petrolio in primis, da parte dell’India e quelli di approvvigionamento alimentare da parte dell’Iran. Le limitate riserve domestiche indiane, infatti, costringono il Paese a importare circa l’80% del petrolio. L’Iran, ad oggi, con 18,4 milioni di tonnellate di greggio forniti negli ultimi 10 mesi, è il terzo più grande fornitore di petrolio dell’India. L’Iran acquista, invece, primariamente prodotti agricoli, come il riso basmati, per un valore di 2,6 miliardi di dollari nel 2017-18. Sia la fornitura energetica e alimentare che i progetti infrastrutturali, in parte già avviati, potrebbero risentire della decisione presa dagli USA a maggio 2018 di uscire dall’accordo sul nucleare iraniano e di imporre nuove sanzioni agli Stati che sceglieranno di collaborare economicamente con Teheran.
L’OMBRA DELLE SANZIONI USA
Come detto, a maggio 2018 il presidente americano Trump ha ritirato gli USA dall’accordo sul nucleare iraniano. Le sanzioni unilaterali statunitensi contro l’Iran entreranno completamente in vigore dopo un “periodo di adattamento” di 180 giorni, che si concluderà il 4 novembre 2018. I piani dell’India per lo sviluppo del porto di Chabahār, che il Governo di New Delhi sta progettando di rendere operativo entro il 2019, potrebbero quindi incontrare diversi ostacoli e ritardi, di natura finanziaria, a causa delle possibili sanzioni che saranno imposte dall’Amministrazione Trump su chi ha rapporti con l’Iran. L’introduzione di nuove sanzioni ha comportato un rapido aumento delle esportazioni di petrolio dall’Iran all’India, cui seguirà presumibilmente un netto calo quando si avvicinerà l’entrata in vigore delle sanzioni verso fine anno. Tra il 2012 e il 2015 l’India fu costretta a ridurre le proprie importazioni di petrolio dall’Iran, senza però interromperle del tutto, anche grazie a deroghe ottenute da Washington. Il Governo di New Delhi continuò ad acquistare greggio iraniano, a livelli decisamente inferiori, per il fatto che molte delle più grandi raffinerie del Paese erano state progettate per trattare esclusivamente greggio proveniente dall’Iran. Dopo l’annuncio del presidente Trump del ritiro degli USA dall’accordo, la Reliance Industries e la raffineria Nayara Energy hanno annunciato che cesseranno le importazioni di greggio dall’Iran tra ottobre e novembre 2018, per scongiurare il rischio delle sanzioni statunitensi. Decisione presa poiché le raffinerie avranno difficoltà a trovare compagnie assicurative e di trasporto internazionali decise a effettuare transazioni con l’Iran, con il pericolo di incorrere in sanzioni economiche. Sulla questione delle sanzioni statunitensi, l’India ha sostenuto che si regolerà in base a ciò che è nell’interesse nazionale del Paese. In realtà, il Governo di New Delhi sarà costretto a trovare nuove soluzioni economiche e commerciali per proteggersi dalle sanzioni, vista la sua enorme esposizione al sistema finanziario statunitense.
LA STRATEGIA INDIANA VERSO LE SANZIONI USA
In conseguenza all’introduzione delle sanzioni nel 2012, il Governo di New Delhi è stato costretto a pagare le ridotte forniture di greggio iraniano con accordi che consentissero l’utilizzo di rupie. Tra il 2012 e il 2015, il 45% dei pagamenti del petrolio all’Iran è stato effettuato in rupie tramite la UCO Bank indiana, non esposta alle sanzioni poiché senza rapporti finanziari con gli USA. Le rupie depositate presso la UCO Bank vennero poi utilizzate dall’Iran per il pagamento di prodotti alimentari indiani. Dopo l’accordo sul nucleare i due Paesi hanno smesso di utilizzare il canale della UCO Bank e le società indiane hanno iniziato a pagare l’Iran in euro, inviando inizialmente i pagamenti alla State Bank of India (SBI), che poi trasferiva i fondi alla tedesca Europaeisch-Iranische Handelsbank AG (EIH), che girava i pagamenti all’Iran. Con le sanzioni ormai prossime, India e Iran stanno già valutando la possibilità di utilizzare nuovamente la UCO Bank e fare ricorso al meccanismo di pagamento in rupie già sperimentato in passato. Dal punto di vista commerciale e infrastrutturale, invece, India e Iran, per proseguire gli investimenti nel porto di Chabahār e nei corridoi economici collegati, stanno considerando l’ipotesi di approfittare della nuova strategia regionale della Casa Bianca, che vede nell’India un attore chiave nella stabilizzazione dell’Afghanistan e nel contenimento dell’espansionismo cinese. Per far ciò agli USA non resterebbe che fare affidamento sugli accordi indo-iraniani per creare un’alternativa alle “Nuove Vie della Seta” e contrastare l’influenza di Pechino in Afghanistan e nell’Asia centromeridionale.
Daniele Garofalo
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