Pubblichiamo la seconda parte della lunga e interessante intervistaconcessa dal Generale dell’Esercito Giuseppe Morabito, docente presso il NATO Defense College Foundation, a Filippo Romeo e Alberto Cossu. Dopo aver parlato nella prima parte dell’intervista di Mediteranneo e gestione dei flussi migratori, in questa seconda parte il Generale fa il punto sul prossimo vertice NATO e sui rischi per la sicurezza dell’Italia.
Il prossimo vertice della NATO, che si terrà a Bruxelles il prossimo 11 e 12 luglio, sarà cruciale per il futuro dell’Alleanza che sta vivendo dei momenti critici per via delle posizioni divergenti dei paesi membri. Quali sono i temi dell’agenda all’ordine del giorno?
Certamente l’obiettivo chiave del Summit sarà garantire l’unità politica dell’alleanza. Infatti negli ultimi tempi sono emerse differenze rilevanti tra gli alleati su diverse questioni:il problema della hyper immigration, il rafforzamento del fianco Sud dell’Alleanza, e la posizione da assumere nei confronti della Russia. Queste temi sono all’ordine del giorno unitamente al nodo rappresentato dalla Turchia e dall’atteggiamento nei confronti dei Curdi. Un tema su cui si discuterà è quello del 2% da spendere nella difesa. Come anticipato, primo dossier sarà quello del burden sharing, cioè l’equa distribuzione degli oneri e delle responsabilità tra le due sponde dell’Atlantico. Questo è un tema particolarmente caro all’amministrazione Trump, che più volte ha sollecitato gli alleati sul rispetto della quota del 2% del Pil per la difesa da raggiungere entro il 2024. Su questo specifico aspetto, la buona notizia è che i paesi NATO nella loro globalità hanno preso iniziativa seguendo la positiva spinta USA e che la spesa per la difesa dell’Alleanza cresce nel suo complesso. Alcuni Paesi restano comunque lontani dagli obiettivi e questo sarà elemento di confronto. Gli Alleati discuteranno anche dell’adattamento a livello militare, alle sfide attuali. In particolare, dovrebbe essere ufficializzato quanto già annunciato e cioè l’aumento di personale impegnato nelle strutture di comando (s’ipotizza un incremento a regime di 1.200 unità); due nuovi comandi tra Norfolk, in Virginia e Ulma in Germania e nuovi centri dedicati esplicitamente al cyber-spazio. Infine, è stato inserito in agenda l’esame della “collaborazione tra NATO e Unione Europea”.
Più di quanto accadde due anni fa al deludente Summit di Varsavia, al prossimo di Bruxelles s’incroceranno, quindi, due diverse sensibilità: quella dei Paesi dell’Est, che continuano a considerare la Russia la principale minaccia alla sicurezza e quella dei Paesi mediterranei che chiedono una maggiore attenzione al fianco Sud.
Quest’ultima posizione, inoltre, è intelligentemente accompagnata dal tentativo di promuovere una progressiva apertura a Mosca, elemento chiaramente non ben visto dagli alleati orientali dell’ex Patto di Varsavia, anche se nelle dichiarazioni del recente G7 il Presidente Trump si è espresso in tal senso.
Il vertice di luglio e’ importantissimo soprattutto in queste ore, dove è ormai evidente che la sicurezza dell’Italia potrebbe essere messa in grave pericolo dalle infiltrazioni terroristiche dalla sponda Sud del Mare Nostrum. L’Italia è la frontiera Sud di NATO ed Europa e se l’Italia è sotto pressione per la sua sicurezza, lo sono tutti i paesi confinanti e dell’Alleanza.
In conclusione saranno , quindi, tre le priorità dell’Italia al Summit di Bruxelles: rafforzare la solidarietà tra le due sponde dell’Atlantico; potenziare la dimensione meridionale dell’Alleanza e promuovere la cooperazione tra NATO ed Europa. Questi elementi si aggiungono ai due aspetti tradizionali della membership italiana: la solidarietà tra tutti gli alleati; e la politica del Dual Track nei confronti della Russia.
Dati statistici mostrano un Meridione d’Italia sempre più in crisi occupazionale, economica e demografica. Quanto tale fenomeno incide sulla sicurezza nazionale, anche in virtù della forte presenza e radicamento in quei territori delle organizzazioni criminali?
Il problema potrebbe essere rappresentato dal fatto che la criminalità potrebbe sfruttare per i propri fini tutte quelle persone che, arrivate illegalmente in Italia, fuoriescano dal “sistema accoglienza” e dal controllo nelle strutture competenti. Un altro problema potrebbe essere rappresentato dai foreign fighters che, per via del loro alto livello di addestramento al combattimento, al maneggio delle armi, nonché alla realizzazione di ordigni esplosivi, arrivando in Italia potrebbero diventare manodopera “specializzata” per la malavita organizzata.
Vi è poi il problema della “guerra tra poveri”. La manovalanza da sfruttamento immigratorio e’ a basso costo e tale tipologia di impiego , quasi sempre “lavoro in nero” va a contrastare sulle fasce sociali più basse e precarie di italiani che, pur di racimolare qualche soldo, si accontentavano di lavori agricoli o bassa manovalanza. A tal riguardo, è esemplare la situazione che si è creata a Napoli dove è in atto la “guerra tra poveri” . Gli storici banchetti per strada subiscono, all’ombra del Vesuvio, la concorrenza dei nuovi arrivati scatenando non poche tensioni.
Le organizzazioni criminali di origine straniera si stanno sempre più affermando in Italia (particolarmente insidiose sono quelle di origine africana nigeriana e cinese) e in alcuni casi pare abbiano addirittura preso il sopravvento su quelle nazionali. Che tipo di minaccia rappresentano per l’Italia?
La domanda e’ al di fuori della mia area di studio ma intuitivamente potrei dire che la mafia cinese come quella africana stanno cercando di ricavarsi in Italia alcune nicchie di controllo. Bisogna, tuttavia, verificare se queste nicchie di controllo vanno a contrastare con quelle d’interesse della criminalità organizzata italiana. Comunque bisogna ricordare che in Italia abbiamo le migliori forze di polizia e sono ben organizzate per il contrasto di queste forme di criminalità. Il controllo esercitato dagli immigrati cinesi, quasi tutti regolari, non e’ cruento e lo possiamo notare dalla crescita di attività commerciali sul nostro territorio dietro le quali si nasconde, senz’altro, la longa manus di un’organizzazione più ampia e economicamente forte. Tale organizzazione, tuttavia, non è ancora palesemente entrata in contrasto con le organizzazioni italiane a differenza di quanto avviene con le organizzazioni provenienti dall’Africa che in alcuni territori, stanno cercando di subentrare agli italiani per il controllo del traffico di droga e della gestione della prostituzione. In particolare, in alcune zone d’Italia come Milano, Napoli e la Puglia, abbiamo già avuto indicazioni dai giornali di come clan di nord-africani abbiano preso il controllo di alcune fette di territorio. Ciò potrebbe generare dei corti circuiti che potrebbero evolvere, o lo sono gia’, in guerre tra bande di cui il Ministero dell’Interno dovrà tenerne conto.
Filippo Romeo, Analyst of Vision and Global Trends
Alberto Cossu, Analyst of Vision and Global Trends
Redazione
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