Oltre 500mila soldati, organizzazioni paramilitari, missili, caccia, navi d’attacco e droni. Ecco come il governo iraniano difende i propri interessi nell’area del Golfo, in Medio Oriente e Asia Centrale.
Sono tanti i militari in Iran. Il numero attuale è di oltre 540.000 uomini, e la forza di polizia, la NAJA, organizza 60.000 elementi, includendo in essa la polizia di frontiera e l’equivalente della nostra Guardia Costiera, che è però armato. L’esercito conta 350.000 tra ufficiali e soldati, la marina militare di Teheran opera con 18.000 elementi, l’aviazione con 52.000 militari. Le Guardie della Rivoluzione, i famosi Pasdaran, sono in totale 120.000, sono del tutto separati da tutti i comandi integrati delle forze armate di Teheran e operano con una loro autonoma marina da guerra, oltre a gestire completamente le forze aeree e i gruppi per le operazioni speciali, la Forza Al Quds (“Gerusalemme”).
Ci sono anche i Basij, una struttura paramilitare controllata direttamente e unicamente dai Pasdaran, che è un’organizzazione di massa. Le fonti governative di Teheran affermano che i Basij siano oltre 12,6 milioni di membri, ma le fonti più accreditate parlano di circa un milione di elementi “volontari” in servizio permanente ed effettivo, donne comprese, 300.000 riservisti anch’essi full-time, e 11 milioni di persone che possono essere mobilitate, in breve tempo, quando occorra. Tra i Paesi del Golfo, l’Iran è l’unico ad avere una brigata per la cyberwarfare, con sedi a Isfahan e a Zanjan.
Quanto spende Teheran per la Difesa
Per quello che si riesce a sapere all’estero, il bilancio complessivo investito per le forze armate iraniane è di 12.000 miliardi di dollari, quasi il 3% del PIL, una cifra e una percentuale al di sotto del livello medio dei Paesi alleati e concorrenti dell’Iran nel Grande Medio Oriente.
L’aviazione
L’aviazione e la missilistica, quasi integralmente sotto il controllo delle Guardie Rivoluzionarie, sono in buona efficienza: 16 Embraer 312 Tucano, aerei da addestramento e da attacco leggero, 10 Toofan, elicotteri da combattimento integralmente prodotti in Iran, 4 Ilyushin da trasporto strategico adattati al combattimento in aria, 10 Antonov da trasporto di fabbricazione sovietico-ucraina, nome in codice NATO “cooler”, 2 Dassault “Falcon” 20F, aerei da trasporto leggero usati comunemente per business e rappresentanza, 9 Harbin cinesi da trasporto leggero, circa 40 elicotteri da trasporto materiali e truppe Mil Mi-17, sempre di fabbricazione russa. Le forze aeree dispongono di venti basi, con sedici squadre aeree fornite di F14, MiG 29, F5 e F7 e Fokker F27. Teheran ha anche a disposizione i russi Sukhoi Su30MKM, supersonici ad altissima manovrabilità, i J10 cinesi e i JF17 multiruolo, sempre cinesi. Tutti sono armati da missili aria-superficie a lunga gittata.
I droni
Ben cinque sono le tipologie di velivoli senza pilota, tutte di fabbricazione iraniana: l’Ababil, per riconoscimento-sorveglianza a medio raggio; le varie tipologie di Mojaher, che spia le installazioni militari e le posizioni nemiche; il Karrar da combattimento, con missile-UAV ad alta velocità; lo Shahed 129, altro UAV da riconoscimento-combattimento che può stare in azione per oltre 24 ore continue; lo ScanEagle, un UAV della Boeing a corto raggio.
I missili
Le forze missilistiche, tutte sotto l’egida dei Pasdaran, si basano, per quanto riguarda i propellenti solidi, su tre classi di armi: il Fajr, il Naze’at, con gittata da 100-130 chilometri, e lo Zelzal, con tre tipologie che colpiscono obiettivi rispettivamente a 150, 200 e 210 chilometri. Si tratta di missili costruiti tutti con il supporto della Cina, ma attualmente la Repubblica Islamica Iraniana è del tutto autonoma da Pechino per la gestione e la manutenzione di tutti i missili con propellente solido. Per quelli a combustibile liquido, i classici SCUD B e C, Teheran oggi può produrli autonomamente. Ci sono anche missili a corto raggio con propellenti solidi, il Tondar 69, di fabbricazione cinese, progettato sul modello del terra-aria S-75 sovietico e il Fateh 110, con raggio di 200 chilometri.
La missilistica a lungo raggio è il punto di forza presente e futuro dell’Iran: Teheran oggi possiede lo Shahab 3, basato sul Nodong nordcoreano, che nella sua versione MBRM può raggiungere obiettivi distanti 1.930 chilometri ed è dato in armamento standard a ben sei brigate missilistiche iraniane. Vi sono inoltre: il Ghadr 110, missile da 1.800-2.000 chilometri di distanza; l’Ashoura, un MBRM a due stadi, tecnologicamente evoluto, a propellente solido, probabilmente progettato in proprio; il Sejil, a combustibile solido, che andrà a rimpiazzare gli Shahab; il Bina, con guida laser utilizzabile sia per azioni terra-terra che terra-aria, con testata a frammentazione e alta precisione; il Simorgh, missile intercontinentale per lancio di satelliti che è, ovviamente, dual-use.
La marina militare
La marina militare di Teheran è una forza di attacco: almeno tre sottomarini di fabbricazione russa classe Kilo, 10 Houdong 021, navi leggere da attacco missilistico di fabbricazione cinese, molti sottomarini classe Ghadir, basati sulla classe Yono nordcoreana, navi per lancio di missili classe Joshan, alcune fregate leggere e corvette oltre a sottomarini nucleari. La marina opera da sedici basi.
La strategia iraniana
Dopo la missione ISAF in Afghanistan e la guerra in Iraq, la dottrina militare iraniana si basa sulla guerra asimmetrica e sul contrasto agli interessi e alle strategie USA nel quadrante del Golfo e in tutto il Medio Oriente e in Asia Centrale, tutte aree primarie per Teheran. La difesa iraniana è a “mosaico”, con molti centri delle Guardie Rivoluzionarie e delle forze armate del tutto autonomi per il comando e controllo. La Marina opera con una “difesa a strati” con il massimo di potenza di fuoco in ogni fase. I missili sono, e saranno in futuro, l’asse strategico della “dissuasione costrittiva” della dottrina iraniana.
Marco Giaconi
Laurea in Filosofia moderna e contemporanea presso l’Università di Pisa. Dal 1992 in è prima direttore e poi direttore di ricerca presso il Ce.Mi.S.S. (Centro Militare di Studi Strategici). Nel 2000 è Consigliere del Ministro della Difesa Antonio Martino. Dal 2003 in poi è Consulente della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Autore di numerosi saggi.
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