Il presidente iraniano Rouhani ieri domenica 8 dicembre ha presentato in parlamento il bilancio annuale statale, pari a 39 miliardi di dollari. Rouhani ha definito il badget annuale “il bilancio della resistenza”, a dimostrazione della resistenza della Repubblica Islamica alle sanzioni statunitensi che bloccano l’esportazione di petrolio iraniano. «Questo è il budget per resistere alle sanzioni… Con la minore dipendenza possibile dal petrolio», ha detto il presidente al parlamento, così come riportato dalla tv di Stato iraniana. «Tale bilancio – ha aggiunto Rouhani – annuncia al mondo che nonostante le sanzioni riusciamo a mandare avanti il Paese».
Le autorità iraniane non hanno fornito i numeri e i volumi delle esportazioni di petrolio considerate nel bilancio statale. Ma, come scrive Reuters, il Fondo Monetario Internazionale aveva fatto notare che l’Iran avrebbe bisogno che il prezzo del petrolio fosse triplicato per sopperire alla riduzione delle esportazioni di greggio. In base alle stime del IMF, il prezzo del petrolio dovrebbe salire a 194 dollari al barile, rispetto agli attuali 63, per rendere il bilancio statale sostenibile e considerate le perdite dell’Iran. Per colmare il gap causato dalla contrazione del 40% delle entrate dovute a petrolio e gas, l’Iran farà affidamento ai buoni del Tesoro e alla vendita di proprietà statali. Rouhani ha detto inoltre di sperare nei 5 miliardi di dollari di prestiti richiesti alla Russia per i progetti a favore dello sviluppo economico.
Gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni all’Iran con lo scopo di tagliare l’export di petrolio, fonte principale delle entrate di Teheran, dopo il ritiro dall’accordo sul nucleare firmato nel 2015 tra Iran e potenze mondiali. Gli Stati Uniti con la strategia della “massima pressione” puntano a portare Teheran nuovamente al tavolo delle trattative per negoziare un nuovo accordo più favorevole agli interessi americani. Per spingere l’Iran a cedere gli Usa provano a mettere la popolazione contro il governo, sfruttando l’insoddisfazione causata dalla contrazione dell’economia. A novembre in Iran ci sono state grandi rivolte popolari, a livello nazionale, dovute alla decisione di tagliare i sussidi del carburante aumentandone il prezzo del 200%. Le manifestazioni si sono subito trasformate in una forma chiara e forte di espressione del dissenso politico da parte delle classi lavoratrici più giovani, che hanno chiesto ai religiosi di lasciare il potere.
Redazione
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