Dopo avere evitato molti attacchi negli ultimi mesi, le autorità australiane non sono riuscite a impedire a due terroristi di colpire nel centro di Melbourne nella mattina di oggi, giovedì 21 dicembre. Un’auto è stata lanciata sulla folla lungo Flinders Street travolgendo decine di passanti. Bilancio provvisorio di 14 feriti, alcuni dei quali gravi. La polizia locale ha fermato due persone, l’autista del mezzo e un altro individuo il cui ruolo al momento non è stato chiarito. L’uomo che guidava l’auto è un australiano di 32 anni di origine afghana con alle spalle una storia di droga e problemi mentali. L’altro fermato ha 24 anni e sarebbe stato arrestato perché ha filmato la strage e aveva un coltello nella sua borsa. Entrambi sono sotto interrogatorio. «Si tratta di un atto deliberato ma le indagini sono ancora in corso», ha dichiarato la polizia australiana precisando che «è troppo presto per sapere le motivazioni di questo atto criminale».
In attesa di maggiori ragguagli si può osservare intanto come la tecnica usata per seminare il terrore a Melbourne sia la stessa utilizzata dagli islamisti in diversi attacchi compiuti negli ultimi mesi tra Londra, Berlino, Stoccolma, Parigi, Barcellona, dove autoveicoli rubati o noleggiati sono stati lanciati contro la folla per provocare il maggior numero di vittime. Con quello di oggi sale a cinque il numero degli attentati registrati in Australia da 2014.
L’Islam radicale in Australia
L’Islam radicale, nelle sue varie forme, è un gravissimo problema per l’Australia da molti anni. Fin dalla guerra in Afghanistan successiva all’invasione sovietica, da questo Paese lontanissimo dal Medio Oriente e dall’Asia Centrale sono partiti numerosi mujaheddin figli di immigrati, ma anche molti australiani convertitisi all’Islam.
Da allora, a ogni crisi regionale nei Paesi dell’area il numero di australiani andati a combattere si è fatto sempre più alto, fino ad arrivare ai quasi 300 miliziani che negli ultimi tre anni hanno deciso di abbracciare la causa dello Stato Islamico in Siria e Iraq.
Nel Paese dei canguri oggi è un fiorire di moschee e associazioni islamiche, spesso fatte deragliare rispetto alla loro missione originale da predicatori salafiti come il convertito Robert Musa Cerantonio, trent’anni, padre calabrese di Cosenza e madre irlandese. Il giovane, dopo la conversione all’età di 17 anni avvenuta grazie a un libro fornitogli dal convertito inglese Abdur Raheem Green, in pochi anni è diventato una vera e propria “star” del salafismo internazionale. Già nel 2011 dal Cairo, dove era andato a studiare, conduceva due show televisivi in lingua inglese dal titolo Ask the Sheikh e Our Legacy nei quali interagiva direttamente con il pubblico che gli poneva al telefono quesiti sull’Islam.
Altro nome noto negli ambienti australiani dell’Islam radicale è quello dello “Sceicco” Zainadine Johnson-Stephen Johnson, il quale attraverso un linguaggio molto duro da tempo si batte per l’imposizione della Sharia in Australia.
Alcuni dei combattenti australiani recatisi nei teatri di guerra mediorientali sono diventati dei punti di riferimento sui media dei network jihadisti. È il caso di Khaled Sharrouf, uno dei terroristi islamici più ricercati al mondo. Nato e cresciuto a Sidney, Sharrouf aderì all’ISIS nel 2013, portandosi dietro moglie e cinque figli nel trasferimento nei territori occupati in Medio Oriente. In questi anni è diventato “famoso” come tagliatore di teste: una di queste l’aveva fatta esporre come trofeo dal figlio di appena sette anni.
Un sentimento molto preoccupante che accomuna molti imam che operano in Australia è anche quello dell’antisemitismo. Una tendenza che emerge spesso dalle cronache locali, ma sulla quale permane l’imbarazzante silenzio della classe politica australiana.
L’offensiva di Natale
L’offensiva islamista sul Natale si è fatta sentire non solo a Melbourne ma anche qualche giorno fa in Inghilterra. I servizi segreti di Sua Maestà hanno reso noto che il 19 dicembre è stata sventata un‘azione terroristica pianificata per il 25 dicembre in varie località della Gran Bretagna. Perquisizioni e arresti sono stati disposti nel South Yorkshire e nel Derbyshire dove sono state arrestate quattro persone. Nell’operazione sono stati fermati un 31enne a Chesterfield e altri tre uomini di età compresa tra 22, 36 e 41 anni nelle aree di Burngreave e Meersbrook a Sheffield. Tutti e quattro i sospettati sono attualmente detenuti con l’accusa di aver organizzato e preparato atti di terrorismo violando l’articolo 41 del Terrorism Act istituito nel 2000. I quattro erano frequentatori del Fatima Comunity Center situato a Brunswick Road a Burngreave. La sede del centro è stata perquisita alla ricerca di esplosivi.
Da settimane la Gran Bretagna è uno dei Paesi maggiormente oggetto di un’incessante campagna web lanciata dai media islamisti per incitare lupi solitari e cellule dormienti a compiere attentati in tutto il mondo. L’ordine è colpire durante le feste natalizie e di fine anno nelle grandi capitali europee. La tensione nel Regno Unito resta quindi altissima, in un Paese alle prese con il laborioso processo di separazione dall’UE e sul quale gravita da anni l’incombente minaccia di nuovi attentati. Solo qualche settimana fa è stato sventato un’azione contro il primo ministro Theresa May. Secondo l’antiterrorismo britannico 400 dei 900 foreign fighters partiti per Siria e Iraq sarebbero rientrati in Inghilterra. Il rischio concreto è che alcuni di essi possano entrare in azione nei prossimi giorni.
Stefano Piazza
Giornalista, attivo nel settore della sicurezza, collaboratore di Panorama e Libero Quotidiano. Autore di numerosi saggi. Esperto di Medio Oriente e terrorismo. Cura il blog personale Confessioni elvetiche.
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