Nella notte tra lunedì 11 e martedì 12 novembre Israele ha assassinato il leader del Jihad islamico Bahaa Abu al Atta e sua moglie. «La sua abitazione è stata attaccata in un blitz delle nostre forze armate e dei servizi segreti. Era responsabile di attentati e missili contro Israele e si preparava a compiere nuovi attacchi», ha affermato il premier israeliano Netanyahu, che porta avanti in questo modo la guerra all’Iran e ai suoi proxies nella regione. Nell’attacco sarebbe stata uccisa anche un’altra persona e due sarebbero rimaste ferite. La morte del leader del Jihad islamico palestinese ha trovato conferma anche da parte dell’organizzazione che ha risposto: «La nostra reazione farà tremare l’entità sionista».
Il governo di Gaza ha dichiarato che l’esercito israeliano ha lanciato 30 attacchi aerei e di artiglieria contro diverse località della Striscia nelle prime ore di martedì. L’esercito israeliano ha invece riferito di aver condotto incursioni contro alcuni obiettivi del Jihad islamico nella Striscia di Gaza. Le Brigate al Quds hanno promesso vendetta annunciando che nelle prossime si aprirà un nuovo capitolo delle “Cronache delle sconfitte del primo ministro israeliano″ e che non sarà affatto consentita la politica degli omicidi perpetrata dallo Stato ebraico. Secondo quanto ha riferito l’emittente televisiva Al Jazeera, a seguito dell’uccisione del comandante del Jihad palestinese, ci sono stati continui lanci di missili da Gaza contro città e insediamenti israeliani vicini alla Striscia. Le sirene di allarme hanno suomato ad Ashdod e Ghedera, nel sud di Israele, come a Tel Aviv. In quell’area nella giornata di ieri tutte le scuole sono rimaste chiuse ed è stato anche sospeso il traffico ferroviario. Il premier israeliano ha convocato d’urgenza il Consiglio di Difesa del Governo. Netanyahu ha approvato l’operazione che ha ucciso Bahaa Abu al Atta dieci giorni prima che avenisse ma avrebbe atteso il momento propizio per limitare il numero di vittime, riferisce Politico.
Iraele, inoltre, avrebbe provato ad uccidere anche Akram al Ajouri, un membro dell’ufficio politico del movimento che viveva in esilio a Damasco. Almeno sette miliziani sarebbero però stati uccisi dai raid di Israele. Israele prende spesso di mira obiettivi iraniani in Siria, ma l’attacco a Damasco è un raro caso di tentativo di uccisione di un militante palestinese nella capitale siriana. L’agenzia di Stato siriana ha riferito che i mezzi israeliani hanno lanciato tre missili contro la casa di Akram al Ajouri. Lui non sarebbe rimasto ferito, ma nel raid sono morti il figlio e la nipote.
Hamas non ha preso parte alla rappresaglia contro lo Stato ebraico, nonostante sia molto più potente del Jihad Islamico. Hamas avrebbe infatti scelto la via più pragmatica, detatta dalle condizioni di grande difficoltà in cui versa l’economia della Striscia, e mostrando dunque di non avere il desiderio di fomentare un nuovo conflitto con Israele. Lo scopo di Hamas sarebbe evitare di dare a Israele un motivo per una risposta più dura, come un’operazione militare nella Striscia, suggerisce anche questa analisi. L’Islamic Jihad è nata alla fine degli anni Settanta nella Striscia di Gaza ed è stata definita un’organizzazione terroristica dal Dipartimento di Stato Usa, dall’Unione Europea e da altri Paesi. Emersa quale fazione più combattiva a Gaza contro Israele, la Jihad Islamica Palestinese ha spesso minato l’autorità di Hamas, che governa la Striscia dal 2007. Teheran è un sostenitore materiale e militare del Jihad Islamico, che rifornisce non solo di armi e denaro ma anche di competenze tecniche (anche se alcune delle armi in dotazione al gruppo sono prodotte a Gaza). Il Jihad Islamico Palestinese ha membri della propria leadership in Libano e in Siria, che sono in stretto contatto con l’Iran.
Netanyahu con quest’operazione ha voluto colpire il nemico iraniano, ritenuto da Israele sempre più aggressivo e pericoloso nella regione ma ha anche voluto mostrarsi ancora l’unico leader capace di garantire la sicurezza del Paese. Il premier si trova in un momento diffcile: due elezioni inconcludenti e l’ipotesi di essere incriminato per corruzione.
Mourners carry the body of Bahaa Abu al-Atta during his funeral procession in the besieged Gaza Strip on 12 November 2019 (MEE/Sanad Abu Latefa)
Clarice Contini
Giornalista, laurea magistrale in Relazioni Internazionali, fiorentina, classe 1986.
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