Il nuovo contesto geopolitico che va profilandosi ha fatto sì che il Mediterraneo riacquistasse una nuova centralità nell’interscambio mondiale di merci intercettandone circa il 19% dell’intero traffico internazionale. Il Mediterraneo, tuttavia, si presenta instabile con innumerevoli sfide quali: terrorismo, fondamentalismo islamico, e flussi migratori. Filippo Romeo e Alberto Cossu hanno fatto il punto della situazione con il Generale dell’Esercito Giuseppe Morabito, docente presso il NATO Defense College Foundation.
Come, e in che misura, tale instabilità incide sulla sicurezza dell’Italia?
Il problema della sicurezza dell’Italia e del Mare Nostrum va visto sia nell’aspetto sicurezza economica sia per quanto ha tratto con la sicurezza sociale. Per quanto riguarda la sicurezza economica e l’instabilità sono certo che finché il governo egiziano garantirà la stabilità dell’Egitto inclusa la navigabilità del Canale di Suez non avremo problemi dal momento che una volta superato Suez i traffici provenienti dal mar Rosso continueranno a raggiungere senza difficoltà i principali porti italiani. Per le altre rotte mediterranee con vi sono al momento problemi visto che le recenti elezioni in Turchia, pur nei dubbi di regolarità, hanno confermato la stabilita’ della “dittatura mascherata del nuovo califfo Erdogan. Vi è, inoltre, da aggiungere che le principali attività commerciali non vengono disturbate né dalle operazioni in Siria, né dal traffico di profughi provenienti dal nord Africa, tantomeno, al momento, ci sono problemi da parte tunisina per quanto riguarda le attività di pesca nel canale di Sicilia. Unica problematica aperta e’ quella della libera attivita’ petrolifera sulla sponda libica sia in Tripolitania sia in Cirenaica.
Con riferimento all’aspetto sociale, dovuto alle migrazioni, ci troviamo di fronte ad un fenomeno di portata storica. La “Hyper Immigration” del terzo millennio che non si può fermare ma si deve controllare. Il passato “non controllo” di tale fenomeno ha fatto si che il problema si sia ingigantito sulla sponda sud dell’Europa. La storia recente ci riporta alla figura di Gheddafi che, ad arte, apriva e chiudeva i rubinetti dei traffici migratori, a seconda delle proprie intenzioni verso l’Europa e verso l’Italia. Sostanzialmente quello che oggi sta minacciando Erdogan. L’azione del califfo turco può avere risvolti drammatici per la sicurezza europea dal momento che insieme agli immigrati potrebbero mescolarsi anche i foreign fighters, con i quali , secondo piu’ fonti giornalistiche, il governo turco intrattiene rapporti di collaborazione nella lotta contro la resistenza curda nei territori di quella che era la Siria. La possibile prossima mossa del governo turco, che ha tentato invano, e in maniera non ortodossa, di opporsi alla soluzione della problematica del nome della Macedonia e conseguente possibile ammissione della Repubblica di Nord Macedonia a NATO e UE , potrebbe essere il via libera a flussi di migranti diretti ai Balcani. Senza considerare i problemi che avrebbe la Nord Macedonia con solo due milioni di abitanti ad assorbire l’urto del transito verso nord, e’ immaginabile che , superata la Slovenia, le masse andranno ad impattare direttamente su Austria e Italia. Considerando che l’Austria ha chiuso i suoi confini e sta creando un asse con i Paesi del gruppo di Visegrad ecco che potremmo essere nuovamente noi italiani a dover principalmente fronteggiare il problema.
Con riferimento alla parte centro ovest del Mediterraneo, la Spagna ha bloccato Ceuta e Melilla e ha stipulato un accordo con il Marocco per bloccare i flussi. Pertanto il problema riguardante quest’area geografica è principalmente tra Golfo della Sirte e Sicilia. E’ chiaro che il focus, se si esclude la Turchia, è il centro del Mediterraneo ed è per questo che il Governo italiano vuole rivedere il trattato di Dublino e ha giustamente chiuso i porti.
Abbiamo varie tipologie di persone che tentano di arrivare in Italia: quelle , in minoranza, che tentano di raggiungere l’Italia perché hanno reale bisogno efuggono dalle aree di conflitto e poi ci sono , in grade maggioranza, i migranti economici. Curioso scoprire che sui barconi provenienti dalla Sirte ci sono cittadini del Bangladesh. Questi ultimi giungono, senza controlli, in aereo, fino alla Turchia oppure alla Tunisia, e poi si imbarcano.
L’Intervento in Libia ha chiaramente dimostrato che spesso i membri dell’Alleanza Atlantica hanno interessi confliggenti. Come dovrebbe comportarsi l’Italia per acquisire maggiori margini di manovra nel Mediterraneo?
L’intervento in Libia nel 2011 è stato fortemente sostenuto dalla Francia per conservare il controllo della Cirenaica per interessi petroliferi. Recentemente sono stati svelati i contatti tra Gheddafi e Sarkozy ed è emersa la questione dei finanziamenti ricevuti da quest’ultimo in campagna elettorale. Alcuni giorni dopo la fine dell’intervento in Libia il Governo Francese mandò dei suoi intermediari per firmare accordi commerciali con la Libia. La Francia cerca costantemente di approfittare delle situazioni, non ultimo quando è stato ritirato il nostro Ambasciatore dall’Egitto. Un’azione, la nostra, priva di lungimiranza strategica anche se dettata da una scelta emotiva e , a mio parere, ideologica. Anche in quell’occasione i transalpini cercarono di tratte vantaggio per le loro industrie sfruttando lo stallo tra il nostro paese ed Il Cairo.
In ambito NATO, bisogna costantemente disporre margine di manovra perché noi siamo tra i Paesi che hanno il principale interesse sul fianco sud e abbiamo la necessita di presidiare quest’area anche se ciò non è di interesse alcuno per i paesi del fianco nord -est. L’Italia deve far valere il suo contributo nella NATO e far capire che, pur continuando a collaborare e comprendendo le motivazioni dei paesi a nord-est dell’Alleanza, ha diritto ad avere una corrispondenza e un maggiore supporto sul Mediterraneo. Tale maggiore attenzione al fianco Sud non interessa solo l’Italia, ma anche la Spagna, Portogallo e la Grecia.
In questi giorni il nostro governo ha , direi finalmente, preso azione in questo specifico settore e nel prossimo Summit dell’alleanza a Bruxelles dell’11 e 12 luglio si dovra’ parlere anche di Hyper Immigration e come affrontarla.
Al fine di comprendere meglio il ragionamento le faccio un esempio. Se una fregata spagnola, non inserita in una delle operazioni di controllo NATO o UE, incrocia nel Golfo della Sirte e si trova nelle condizioni di soccorrere dei migranti, la fregata spagnola non dovrebbe piu’, come avveniva, portarli in Italia. Si presume, infatti, che la fregata spagnola che incrocia in quelle acque conosca le situazioni nelle quali potrà incorrere e, pertanto, se tale fregata ha ordini di andare in quelle acque deve , se interviene nell’aera SAR maltese o libica portare gli eventuali migranti oggetto del salvataggio in Spagna. Se la nave spagnola non può farlo, non va nel Mediterraneo perché chi interviene a supporto dei migranti deve avere la capacità di chiudere il cerchio e non portarli in Italia. Troppo facile “scaricare i poveri clandestini” in Italia per non vederli arrivare sulle proprie coste o sul proprio territorio. Stesso discorso, a maggior ragione , deve valere per le navi delle ONG.
In conclusione , il nostro paese anche in ambito NATO deve chiedere un impegno per contenere l’immigrazione clandestina.
Da fonti giornalistiche emerge che nei giorni scorsi la flotta Usa, con a bordo oltre 8000 uomini armata di 90 caccia e oltre 1000 missili, veniva schierata nel Mediterraneo orientale. Conferma questa notizia ? Potrebbe spiegarci il motivo di questo dispiegamento?
La flotta statunitense può dispiegarsi periodicamente in qualsiasi area del mondo ed, in particolare, in quelle aree in cui si alzano le tensioni. Ciò è una cosa abbastanza normale. A tal proposito basti ricordare le manovre della flotta USA per dimostrare la vicinanza startegica alla Sud Corea ogni qual volta veniva effettuato un test di lancio missili o nucleare da parte della Nord Corea. Si tratta, sostanzialmente, di una procedura consolidata degli statunitensi. Ho letto, che la Sesta Flotta si e’ recentemente rinforzata nel Mediterraneo e alla luce di quanto sta avvenendo in Siria e, soprattutto, alla recrudescenza delle operazioni in Libia nella zona dei pozzi di petrolio, è probabile che gli USA abbia deciso di dimostrare un maggiore interesse/presenza. In Libia, in particolare, le forze di Haftar , grazie ad intensi bombardamenti notturni, hanno recuperato le posizione perse durante attacchi dei clan rivali di possibile affiliazione all’ISIL. E’ ipotizzabile che una delle attività della Sesta Flotta nel Mediterraneo sia supportare chi svolge operazioni anti ISIL sia in Libia sia in Siria
Filippo Romeo, Analyst of Vision and Global Trends
Alberto Cossu, Analyst of Vision and Global Trends
Redazione
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