Una presenza terroristica che fin dall’inizio degli anni 2000 continua costantemente a interessare il nostro Paese è quella della Federazione Anarchica Informale – Fronte Rivoluzionario Internazionale (FAI/FRI). Seguendo le indicazioni ideologiche e operative dell’ormai anziano leader anarchico Alfredo Maria Bonanno, in Italia nell’ultimo quindicennio si sono stabilmente organizzate su tutto il territorio nazionale – da Trento a Torino, da Genova a Milano, da Firenze a Lecce – cellule di anarchici aderenti alla FAI/FRI che hanno compiuto decine di attentati dinamitardi e un’azione di gambizzazione sul modello delle Brigate Rosse degli anni Settanta contro un manager di Ansaldo Nucleare, l’ingegner Roberto Adinolfi, colpito nel maggio del 2012 da due anarchici provenienti da Torino, poi arrestati e condannati a pesanti pene detentive.
Il movimento non si è dato un’organizzazione rigidamente clandestina e gerarchizzata sul modello delle formazioni attive durante gli anni di piombo, ma si basa sui “gruppi di affinità”, piccole cellule formate da pochi militanti che si attivano sulla base delle indicazioni che provengono dalla rete, dove alcuni siti “specializzati” indicano i settori da colpire nell’ambito di “campagne di lotta contro il sistema”, sviluppate spesso in stretto collegamento con formazioni anarchiche europee (in particolare spagnole, francesi e greche). Uno sguardo agli attentati più gravi compiuti dagli anarcho-insurrezionalisti nell’ultimo anno dà un’idea della portata della minaccia.
In Italia nell’ultimo quindicennio si sono stabilmente organizzate su tutto il territorio nazionale cellule di anarchici aderenti alla Federazione Anarchica Informale – Fronte Rivoluzionario Internazionale
Nella notte tra il 10 e l’11 dicembre 2016 a Genova un attentato incendiario ha distrutto una caserma dei carabinieri in costruzione a Rivarolo. Gli attentatori hanno sparso nel garage dell’edificio liquido infiammabile e dopo che questo è stato incendiato le fiamme si sono diffuse in tutto lo stabile. Sui muri esterni della caserma gli attentatori hanno lasciato la loro firma: una “A” cerchiata simbolo della Federazione Anarchica Informale.
Due settimane prima, nella notte tra il 26 e il 27 novembre a Bologna due taniche riempite di benzina e polvere pirica e dotate di un innesto a miccia, sono state fatte esplodere a ridosso della stazione dell’Arma dei carabinieri di via San Savino. L’ordigno non ha provocato feriti ma, secondo gli artificieri, era di una potenza letale.
A Firenze, all’alba del primo gennaio del 2017, un pacco bomba collocato sulla saracinesca della libreria Il Bargello di via Leonardo da Vinci è esploso mentre un artificiere della Polizia di Stato stava tentando di disinnescarlo. Il sovrintendente di Polizia Mario Vece – questo il nome dell’artificiere colpito dall’esplosione – è stato gravemente ferito alla mano sinistra e all’occhio destro. L’ordigno era contenuto in una busta della spesa di plastica infilata tra le maglie della saracinesca della libreria, nota nel capoluogo toscano per essere vicina alle posizioni del movimento di estrema destra Casa Pound, ed era collegato a un timer elettrico. Il pacco sospetto era stato segnalato alla questura da un’auto pattuglia della Digos fiorentina impegnata nei controlli sul territorio predisposti in funzione anti-terrorismo per la notte di Capodanno.
Le indagini si sono immediatamente orientate verso gli ambienti anarchici della città, e già nella giornata del primo dell’anno hanno portato alle perquisizioni delle abitazioni di numerosi noti esponenti dell’anarco-insurrezionalismo toscano. La matrice anarchica dell’attentato è ritenuta certa dagli inquirenti anche perché già tre volte, nel giro degli ultimi due anni, la libreria era stata oggetto di iniziative violente ad opera degli antagonisti fiorentini.
Il 23 gennaio 2015 Il Bargello ha subito l’assalto di un gruppo di anarchici che dopo aver lanciato contro le sue vetrine petardi e vernice avevano scritto sui suoi muri “Casa Pound assassini”. Circa un anno dopo, il 16 gennaio 2016, un gruppo di incappucciati che gridavano slogan anarchici ha assaltato la libreria con un nutrito lancio di mattoni. Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio successivo, una bomba carta veniva fatta esplodere al suo ingresso per “solidarietà”, come recitava una scritta lasciata sul posto, con i “compagni” che erano stati arrestati nei giorni precedenti per aver dato alle fiamme l’abitazione di un esponente di Casa Pound di Parma.
Sui muri esterni dello stabile gli attentatori hanno lasciato la loro firma classica: una “A” cerchiata simbolo della Federazione Anarchica Informale
Nei giorni successivi è comparso sui muri di Bologna un manifesto, intitolato “Carabinieri? Proprio loro” nel quale gli anarchici rivendicano implicitamente la responsabilità dell’attentato sostenendo tra l’altro che: “quando leggiamo di certi gesti sorridiamo e sappiamo da che parte stare: mai con i servi in divisa […] sempre con chi risponde e reagisce […]”. Per l’attentato di via San Savino il 10 dicembre alla stazione di Bologna i carabinieri hanno arrestato l’anarchico francese Cedric René Michel Tatoueix. I militari del ROS e del comando provinciale dell’Arma sono arrivati al francese dopo un’intensa attività investigativa negli ambienti dell’anarco-insurrezionalismo bolognese.
Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che l’anarchico d’oltralpe sarebbe stato l’esperto artificiere che ha confezionato l’ordigno incendiario che ha colpito la caserma dell’Arma nell’ambito delle azioni di rappresaglia condotte in tutta Italia dai militanti della Federazione Anarchica Informale in risposta all’“Operazione Scripta Manent” attivata dalla Procura di Torino nel settembre dello scorso anno che aveva portato all’arresto di sette affiliati alla Federazione.
Il 12 maggio, gli anarchici italiani si sono fatti sentire anche a Roma, con una bomba fatta esplodere in un ufficio postale del quartiere Testaccio. Il motivo? Punire il gruppo Poste Italiane in quanto proprietario della compagnia aerea Mistral Air utilizzata dalle nostra autorità per i rimpatri dei clandestini espulsi dal Paese e quindi «complice», agli occhi degli anarchici delle «deportazioni dei migranti».
Le indagini dei Carabinieri del ROS hanno consentito, finora, di accertare l’esistenza di stabili collegamenti con altri nuclei anarchici, operanti anche all’estero, mantenuti vivi e vitali anche grazie a un abile uso del web, sul quale le discussioni di natura politica e strategica sono frequenti e approfondite. La documentazione prodotta dal ROS conferma il doppio binario operativo dei militanti anarchici. Da un lato, presenza costante in tutte le manifestazioni di lotta e di protesta – con partecipazione palese a tutte le iniziative del movimento antagonista – allo scopo di “forzarle” in senso ribellistico, senza tuttavia compromettersi troppo con azioni in grado di attirare l’attenzione delle forze di polizia. Dall’altro lato, proseguire nel lavoro clandestino di organizzazione di piccole cellule, di pochi compagni che si aggregano per studiare, pianificare ed eseguire attentati di alto valore simbolico, azioni dirette che tendano progressivamente a innalzare il livello di scontro con uno Stato ritenuto “da abbattere”.
Questo modus opernadi, connesso con gli episodi descritti (che seguono decine e decine di analoghe azioni compiute dalla FAI/FRI dall’inizio degli anni 2000), dimostrano nei fatti che se è vero e giusto che le nostre froze di sicurezza debbano continuare a mantenere alta la guardia nei confronti della potenziale minaccia islamista, è altrettanto vero che il nostro Paese resta costantemente esposto all’azione terroristica di gruppi “domestici” molto attivi come la FAI/FRI. Organizzazioni che hanno causato problemi ben più gravi e attuali di quelli teorici, almeno finora, legati alle trame del Califfato e del terrorismo internazionale.
Alfredo Mantici
Ex capo del Dipartimento Analisi del Sisde, Direttore Analisi dI Babilon magazine e detective nel noto reality "Celebrity Hunted"
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