Juan Antonio Planchart, avvocato venezuelano 44enne con doppia cittadinanza italiana, è detenuto dal 23 marzo in isolamento nell’Helicoide, un centro commerciale di Caracas trasformato in carcere del Sebin, il servicio bolivariano de inteligencia nacional, che un documentario della Bbc ha definito «il maggior centro di tortura del Venezuela». Secondo quanto ha riferito in tivù il vicepresidente per la Comunicazione e la Cultura della Repubblica Bolivariana del Venezuela Jorge Rodríguez, Planchart sarebbe stato elemento essenziale – addetto al finanziamento – di un complotto contro il governo. Un tribunale lo ha quindi incriminato per cospirazione, associazione a delinquere, riciclaggio e finanziamento al terrorismo.
Il suo avvocato, nominato solo recentemente, ha denunciato abusi e violazioni della legge. Per cominciare, Planchart è stato arrestato da due agenti del Sebin senza mandato, senza che gli fossero comunicate le accuse, e senza poter avere un avvocato. Gli agenti hanno perquisito il suo domicilio da cui, denunciano i parenti, «si sono limitati a portare via una Playstation e un po’ di giocattoli dei bambini». Ancora senza tutela legale è stato interrogato. Il filmato dell’interrogatorio è stato mostrato in tivù da Rodríguez cinque giorni dopo l’arresto. Tanto per ribadire il tipo di divisione dei potere esecutivo e giudiziario che esiste in Venezuela, il vicepresidente ha assicurato che Planchart sarebbe «restato in galera».
Solo dopo otto giorni a Planchart è stato permesso di nominare un avvocato a cui però non sono state rilasciate copie degli atti. Il legale tra l’altro ha potuto vederlo solo due volte. Quanto alla famiglia, ha potuto andarlo a trovare solo tre settimane fa. Planchart ha anche la cittadinanza italiana: l’ha acquisita sposando una venezuelana di origine italiana e anche i figli della coppia sono cittadini italiani. In passato vari detenuti politici venezuelani con doppia cittadinanza sono stati “espulsi” nel secondo Paese: una prassi in realtà incostituzionale, ma spesso si accetta come male minore. Proprio per chiedere all’Italia di attivarsi in questo senso i familiari di Planchart sono arrivati a Roma. Sul suo caso potrebbe crearsi una inedita convergenza tra tutte le forze politiche compresi i cinque stelle che in passato si erano schierati proprio con il regime di Maduro.
Secondo il suocero di Planchart, Rocco Pompei, anche lui cittadino italiano, l’uomo ha due “colpe”: è cugino di Juan Guaidó e come specialista in idrocarburi da anni lavora con multinazionali del settore. Prima con l’Eni, e ora è nel settore legale della russa Rofsnet. Proprio per relazione familiare, proprio perché è esperto di petrolio, proprio perché lavorando con i russi è in contatto con interessi che Guaidó vorrebbe rassicurare, era stato incaricato di esaminare il progetto di una nuova legge sugli idrocarburi dell’Assemblea Nazionale con l’obiettivo di riattivare un settore che è il fulcro dell’economia venezuelana, ma che in 20 anni per cattiva gestione è entrato in crisi.
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Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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