Il cognome Bolsonaro era in origine «Bolzonaro». Trae origine da Vittorio Bolzonaro: nato il 12 aprile 1878 ad Anguillara Veneta, provincia di Padova, arrivato in Brasile a dieci anni con i genitori, assieme alla sorella minore Giovanna e al fratellino Tranquillo. Come molti altri italiani poveri, la famiglia era giunta per lavorare nelle piantagioni di caffè, al posto degli schiavi che l’imperatore Pedro II aveva appena liberato. Nel passaggio in Brasile, «Bolzonaro» divenne così «Bolsonaro», probabilmente perché così il cognome in dialetto veneto fu pronunciato ai funzionari della dogana.
In Brasile il 21 marzo 1955 nascerà quindi Jair Bolsonaro, nella città di Glicério, Stato di San Paolo, da Perci Geraldo Bolsonaro e Olinda Bonturi, entrambi di discendenza italiana. Tra i suoi avi paterni, oltre che veneti ci sono anche calabresi, mentre il nonno materno da parte di padre era tedesco: Carl «Carlos» Hintze, nato ad Amburgo nel 1876 e immigrato in Brasile nel 1883. La famiglia della madre è invece oriunda di Lucca (Vittorio Bolzonaro era il nonno di Perci Geraldo e il bisnonno di Jair). Ora che è diventato presidente del Brasile, nel suo partito è stato eletto deputato il principe Luiz Philippe de Orléans e Bragança: pretendente al trono del Brasile ed erede di quell’imperatore Pedro II durante il cui regno il bisnonno di Bolsonaro era arrivato in America Latina.
Cresciuto con cinque fratelli, Jair a diciannove anni è ammesso alla scuola preparatoria dell’esercito brasiliano, per poi passare all’Academia Militar das Agulhas Negras, dove si diploma nel 1977, diventando ufficiale. Descritto dai suoi superiori come «ambizioso e aggressivo», è capitano nell’VIII Gruppo di Artiglieria da Campagna dei Paracadutisti quando, il 3 settembre 1986, firma sulla rivista Veja un articolo intitolato «È basso», dove si lamenta dei miseri stipendi e del fatto che molti ufficiali vengono licenziati col pretesto di «deviazioni di condotta», ma in realtà per risparmiare sul bilancio. In qualunque esercito, ciò costituirebbe una gravissima violazione della disciplina militare; e, infatti, Jair finisce agli arresti. Ma il ribelle riceve anche una clamorosa manifestazione di solidarietà da parte di colleghi: oltre 150 telegrammi di solidarietà gli arrivano da tutto il Paese, e tra di loro c’è perfino il generale Newton Cruz, già capo dei Servizio Nazionale Informazioni nel governo di João Figueiredo. Gli ufficiali dell’Istituto Militare del Genio con le mogli organizzano addirittura una protesta fuori dal complesso militare di Praia Vermelha di Rio de Janeiro per il giovane articolista. Così, in capo a due settimane Jair Bolsonaro torna in libertà, anche se l’assoluzione definitiva del Supremo Tribunale Militare arriverà soltanto due anni dopo.
Per capire il contesto in cui matura Bolsonaro, bisogna ricordare che nel 1985 si è appena concluso in Brasile un regime militare iniziato nel 1964, anticipatore di quell’ondata di altri regimi militari che nei venti anni successivi coprirà quasi tutta l’America Latina, ma che possedeva caratteristiche peculiari, sia pur all’interno di un feroce anti-comunismo. Da una parte, infatti, il regime aveva mantenuto quel tipo di modello economico classico dei governi di sinistra riformista latinoamericana degli anni Cinquanta e Sessanta che era stato definito «sviluppista», e che prevedeva un forte intervento dello Stato in economia. Dall’altra, non aveva soppresso le elezioni ma, sciogliendo i vecchi partiti, li aveva sostituiti con un nuovo bipartitismo istituito per decreto.
Nel 1985, sull’onda delle montanti proteste, un’ala del partito filo-militare opera una scissione e appoggia l’elezione a presidente del candidato dell’opposizione,Tancredo Neves, che vince anche se muore prima di potersi insediare. Capo dello Stato diventa così il vicepresidente José Sarney, proprio un esponente di quell’ala del partito dei militari che ha appena cambiato campo. Nel 1987 c’è poi l’elezione di un’Assemblea Costituente, nel 1988 è approvata la nuova Costituzione, e nel 1989 si torna a eleggere il presidente a suffragio universale diretto. Da allora, le Forze Armate vengono fatalmente ridimensionate.
Ormai popolare tra i nostalgici del regime militare, il 27 ottobre 1986 Jair Bolsonaro contatta di nuovo la rivista Veja, per informare la reporter Cássia Maria dell’operazione Beco Sem Saida («Vicolo cieco»). Obiettivo: tornare a chiedere un aumento dei salari, e protestare contro l’arresto del capitano Saldon Pereira Filho, punito per la stessa rivendicazione. La minaccia è far scoppiare bombe a bassa potenza nei bagni di Vila Militar, dell’Accademia militare di Agulhas Negras a Resende e in qualche altra caserma. Bolsonaro dice di avere persino uno schizzo sulla collocazione di una bomba nel sistema di approvvigionamento idrico di Rio de Janeiro.
La rivista consegna il materiale «esplosivo» al governo, e il 19 aprile 1988 la Giustizia Militare dichiara Jair Bolsonaro incompatibile con la mansione di ufficiale, con conseguente perdita di grado e di brevetto. Bolsonaro si difende sostenendo che Veja ha montato una storia falsa per vendere più copie, e a giugno un ricorso presso il Supremo Tribunale Militare lo assolve, accogliendo la tesi che le prove documentali erano insufficienti. La Polizia Federale insisterà sulla sua colpevolezza, ma comunque Bolsonaro resta nella Riserva col grado di capitano. Ha però ormai deciso di darsi alla carriera politica.
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Leaders. I volti del potere mondiale
a cura di Luciano Tirinnanzi
Maurizio Stefanini
Romano, classe 1961, maturità classica, laurea in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista dal 1988. Specialista in America Latina, Terzo Mondo, movimenti politici comparati, approfondimenti storici.
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