Le elezioni tunisine svoltesi a ottobre si dimostreranno cruciali nel determinare il futuro del Paese. Riusciranno i partiti a salvaguardare le istituzioni democratiche nell’interesse generale?
Il vincitore indiscusso del ballottaggio avvenuto lo scorso 13 ottobre tra i due candidati alla presidenza tunisina è Kais Saied. Il docente universitario di diritto costituzionale, che aveva partecipato ai lavori dell’Assemblea Costituente in seguito alla Rivoluzione dei gelsomini, ha raccolto il 72,71% delle preferenze degli elettori tunisini, sconfiggendo il magnate dei media Nabil Karoui. Tuttavia, il partito di quest’ultimo è riuscito a imporsi come seconda forza politica, conquistando 38 seggi parlamentari, dietro solamente ai 52 di Ennahda, il partita islamista moderato. D’altro canto le elezioni parlamentari sono state oscurate da quelle presidenziali, ma rimangono un elemento fondamentale per il funzionamento del regime politico tunisino. Il sistema è semi-presidenziale, ispirato a quello francese, dove il Presidente ha prerogative importanti per quanto concerne difesa e politica estera, mentre il Primo Ministro con il suo Governo conduce l’attività di amministrazione interna del Paese. Vista l’alta frammentazione del Parlamento, nei prossimi mesi si prospetta l’avvio di una ardua e lunga negoziazione tra essi per la formazione del nuovo Governo, mentre Saied si insedia.
Fig. 1 – Il minareto della Moschea di Ezzitouna a Tunisi
Classe 1958, soprannominato “Robocop” per il suo modo di esprimersi controllato e conciso, Kais Saied ha ufficialmente iniziato il mandato di Presidente della Tunisia lo scorso 23 ottobre. Il Professore ha condotto una campagna elettorale atipica, non essendo a capo di alcun partito e avendo fondi limitati. Politicamente è considerato un conservatore sociale, avendo dichiarato che sarà tradizionalista negli affari domestici e sovranista in quelli esteri. In particolare, nel suo mandato il Presidente punterà a realizzare la decentralizzazione della vita politica del Paese, dopo il sostegno ricevuto dalle zone periferiche. Tuttavia questa trasformazione in chiave federalistica dell’assetto istituzionale necessita l’approvazione del Parlamento ed è altamente ambiziosa, ma improbabile da realizzare. In seguito, Saied non ha mostrato esitazione nel reiterare le dichiarazioni islamiste e conservatrici riguardo alla comunità omosessuale e alla parità di genere, sostenendo l’esclusione della prima dalla vita sociale del Paese e la discriminazione delle donne in termini di successione ereditaria. Il plebiscito al ballottaggio lo incarica di materializzare la fiducia del popolo tunisino nel combattere la corruzione dilagante e le inefficienze economico sociali.
Fig. 2 – Il nuovo Presidente tunisino Kais Saied
Il Parlamento unicamerale tunisino in vista delle elezioni del 6 ottobre appariva fortemente diviso in una miriade di partiti con poco peso politico. Ennahda ha ottenuto il maggior numero di seggi, ma in confronto con le elezioni precedenti ha perso la fiducia di un numero considerevole di elettori. Il risultato di questa frammentazione difficilmente vedrà la nomina di un Primo Ministro e di una squadra di Governo coesa capace di ripristinare sicurezza e prosperità nella società tunisina, vista la diffidenza dei partiti politici a formare una coalizione con il partito islamista. Il partito social-democratico e quello liberale dusturiano condividono grosse perplessità nei confronti dei promotori dell’islam politico di Ennahda. Sebbene tutti e due laici di impostazione, il primo è disposto ad allearsi solo in cambio di tre ministeri, mentre la lady di ferro Abir Moussi si è dichiarata contraria, essendo apertamente benalista e critica di Ennahda. In caso il partito dei Fratelli musulmani non riesca a presentare la squadra di governo in tempo, i cittadini saranno richiamati nuovamente a votare, rischiando di erodere ulteriormente la fiducia nelle Istituzioni democratiche del Paese.
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