Nessun paese al mondo riesce ad attirare l’attenzione dei media quanto l’oscuro e impenetrabile regime nordcoreano, a prescindere spesso dalla correttezza delle informazioni. Semplicemente perché sulla Corea del Nord si può dire e scrivere tutto e il contrario di tutto. Nessuno potrà mai verificare ed essere certo al cento per cento. E così, si torna a elaborare congetture, ad alimentare voci e dicerie sul conto di Kim Jong un, come se la presunta morte e il successivo ritorno sulla scena pubblica il primo di maggio non fossero bastati. L’ultima di queste voci vuole il Leader supremo in coma, di nuovo, come a fine aprile. Per chi ha diffuso questa diceria, la prova delle cattive condizioni di salute del dittatore sarebbe il recente trasferimento di parte dei poteri alla sorella più giovane, la gelida Kim Yo jong. Stavolta, però, non c’è nessuno scoop da smentire.
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Tutto ricomincia il 20 agosto, quando l’intelligence sudcoreana riferisce che Kim Jong un ha delegato alcuni poteri alla sorella e ad altri alti funzionari. Non c’è la fonte e i dettagli si perdono tra i misteri fagocitati dal buco nero di informazioni che sovrasta i due lembi del 38esimo parallelo. Lo stesso giorno, poco più tardi, un collaboratore dell’ex presidente sudcoreano Kim Dae-jung posta la propria opinione su Facebook: Kim Jong-un sarebbe in coma da inizio aprile e tutte le sue apparizioni, diventate di nuovo frequenti come in passato durante il mese di luglio, sarebbero state falsificate dagli organi di propaganda e dalla stampa del regime. Fin qui potrebbe essere vero se non fosse che alcuni video di Kim Jong un sono stati ritenuti autentici da più agenzie di intelligence straniere. Ancora il 20 agosto è un parlamentare di rilievo, membro anche della Commissione Intelligence dell’Assemblea Nazionale sudcoreana, a sostenere che il trasferimento dei poteri dal dittatore alla sorella è in parte dovuto allo stress, di cui certamente soffre il giovane Kim, oberato di responsabilità da quando a 27 anni ha ereditato il potere dal padre Kim Jong il.
Eppure, nonostante i pettegolezzi, tutto sembra funzionare esattamente come prima in Corea del Nord. Kim Jong un ha solo condiviso parte della sua autorità con la sorella e altri funzionari, ma è sempre solo lui a conservare, in ultima istanza, il potere decisionale. Alla sorella spettano i delicatissimi rapporti con la Corea del Sud e gli Stati Uniti, ma l’ultima parola è sempre del fratellone. Va detto, inoltre, che Yo jong, ormai membro permanente del Politburo, era assente a due importanti riunioni. Ma la donna potrebbe essere stata solo assorbita da altri impegni. Che si stia preparando una diarchia è il parere di alcuni. L’unica sicurezza è che le precarie condizioni di salute del dittatore impongono comunque a un regime a rischio di sopravvivenza come la Corea del Nord, di pensare a un successore eventuale. E Kim Yo jong è l’unica a condividere con il fratello quel legame di sangue necessario a legittimare il potere. E anche se è una donna, dunque, potrebbe essere lei a succedere al dittatore.
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Inoltre, a dispetto di quanto si chiacchiera, Kim sarebbe tutt’altro che in fin di vita, e lo prova il susseguirsi di riunioni del partito. Nel corso del Plenum del Comitato Centrale di metà agosto il regime nordcoreano ha anticipato che a gennaio 2021 ci sarà un congresso del partito nel quale sarà annunciato un nuovo piano quinquennale per stimolare l’economia. La data non è casuale perché proprio a gennaio si insedierà il nuovo presidente statunitense alla Casa Bianca. Quale che sia il risultato delle presidenziali americane, a Kim interessa capire i margini di manovra nell’ambito di un nuovo round di negoziati con Washington, con il solito obiettivo di alleggerire le sanzioni che strangolano l’economia nordcoreana.
Un’altra donna da tenere d’occhio è Pak Myong Sun, eletta proprio in questi giorni membro non permanente del Politburo, l’organo politico più importante, e direttrice di un dipartimento. Pak Myong Sun è la seconda donna ammessa nel sancta sanctorum del partito dopo la stessa sorella di Kim. Da figura di basso profilo, ha visto la propria carriera spiccare il volo nel 2020. Le donne appaiono dunque sempre meno figure di secondo piano e non più semplici gestrici di quanto avviene tra le mura domestiche, come vorrebbe la tradizione. A fianco di queste figure, c’è la bella moglie del dittatore, nota per sfoggiare borsette Dior, espressione di un’élite moderna e dai gusti metropolitani.
Immagine di copertina: KCNA
Articolo pubblicato su Il Mattino
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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