Quando era solo una ragazzina, il padre, il “caro leader” Kim Jong il, la voleva sempre alla sua sinistra a cena. Lo racconta in un libro di memorie Kenji Fujimoto, ex chef di sushi della famiglia Kim. Per Fujimoto, il secondo leader della Corea del Nord e padre di Kim Jong un e Kim Yo-jong, aveva una vera adorazione per la piccola di casa. La chiamava “la principessa Kim” o “la dolce Yo-jong”. Su Kim Yo-jong si racconta un altro aneddoto, una storia, in realtà, mai confermata. Quasi vent’anni fa, Kim Jong il era a bordo del suo celebre treno superblindato verde a strisce gialle insieme a un famoso diplomatico russo, Konstantin Pulikovsky. Il diplomatico approfittò del momento per rivolgere all’allora leader supremo qualche domanda sulla vita privata e la famiglia. Kim Jong il rispose che considerava i figli maschi dei “pigroni” e delle “teste di legno”. Ma Yo-jong, no, lei era diversa. Kim amava tutti i suoi figli, ma all’epoca, nel 2001, non di ciascuno di loro avrebbe avuto necessariamente una grande considerazione. Avrebbe poi cambiato idea su Kim Jong un.
La gelida Kim Yo-jong è senz’altro una giovane donna fuori dall’ordinario. Lo sguardo “alla Kill Bill” nasconde, nella migliore delle ipotesi, lotte spietate necessarie ad emergere quale primo volto femminile in assoluto del regime, in una società patriarcale come quella nordcoreana. Nessuno sa quanto deve aver sgomitato Kim Yo-jong prima di poter arrivare ad essere considerata il numero due della dittatura e accumulare tanto potere. Già membro supplente del Politburo del partito unico, il Partito dei lavoratori nordcoreani, potrebbe aver ricevuto il titolo di membro effettivo durante la riunione della scorsa settimana. La sorella del dittatore viene anche indicata come “prima vicedirettrice” del Dipartimento del fronte unitario, che ha una serie di competenze, dalle relazioni con Seoul alle operazioni di propaganda e di spionaggio.
La Corea del Nord non è certo il posto migliore al mondo per essere una donna, diventa anche peggio se non godi dei privilegi della famiglia Kim. In verità, non lo è a neanche l’avanzata Corea del Sud, tra gli ultimi Paesi nella classifica OECD per parità di genere. Eppure, Yo jong, potrebbe un giorno succedere a Kim Jong un, qualora le condizioni di salute, non certo ottime, del dittatore dovessero richiederlo. Quasi impossibile che una donna riesca a diventare leader supremo della Corea del Nord, ma la linea di sangue che Kim Yo-jong, da sola insieme Kim Jong un, vanta in qualità di erede della dinastia Kim potrebbe sovvertire ogni altra regola maschilista.
Da bambina deve essersi sentita molto sola e incompresa, come il fratello maggiore Kim Jong un, quando entrambi studiavano in un collegio in Svizzera e la loro madre, l’ex ballerina di origini giapponesi terza moglie di Kim Jong il, era malata terminale di cancro al seno e si sottoponeva alle cure del caso. È quello il periodo in cui i due fratelli Kim diventano l’uno la spalla dell’altra. È lì che il loro legame di sangue si rafforza e diventa indistruttibile. Devono nascondere l’identità e l’agiatezza, mescolarsi ai loro compagni di scuola, imparare la lingua, studiare sodo. Kim Yo-jong vive in Svizzera forse per quattro anni, prende probabilmente anche lezioni di balletto. Nelle foto dei tempi nasconde un sorrisetto beffardo e ha il viso tondo, non è ancora l’esile donna glaciale, espressione di un regime ritenuto il più oscuro del pianeta. Non è ancora stata sanzionata dal Dipartimento del Tesoro Usa per violazioni dei diritti umani e gravi attività di censura. Quando a inizio maggio 2020 riappare a fianco di Kim Jong un, scomparso per 21 giorni dai canali ufficiali, mostra un cambio di look. Un taglio di capelli più fresco e corto, un cerchietto e, ancor più degno di nota, un filo di ombretto. Un tocco glamour perché non si parli solo del fratello e di missili?
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Potrebbe essere sposata, potrebbe avere un figlio, ma per la Corea del Nord il condizionale è sempre d’obbligo. Kim Yo-jong potrebbe avere 30 o 31 anni ma, secondo l’intelligence sudcoreana, sarebbe nata nel settembre del 1987 e ne avrebbe 32. Di lei sappiamo per certo che è stata il primo membro della famiglia Kim a visitare il sud dal 1953, ovvero dalla fine della Guerra di Corea. Kim Yo-jong, quindi, la storia l’aveva già fatta quando a inizio 2018 alla cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici Invernali di Pyeongchang, in Corea del Sud, aveva stretto la mano al presidente sudcoreano Moon Jae in. Il vice presidente degli Stati Uniti Mike Pence si era rifiutato di rivolgerle la parola e di guardare nella sua direzione. Quell’incontro tra Kim Yo-jong e Moon aveva spalancato le porte ai vertici inter-coreani successivi e ai tre summit tra Donald Trump e Kim Jong un, avviando un processo di distensione politica tra le due Coree. Un processo portato avanti con sforzo che, tuttavia, Kim Yo-jong non avrebbe esitato a distruggere. Ci sarebbe la mano della “principessa” dietro l’inasprimento dei rapporti tra Corea del Nord e Corea del Sud e dietro la decisione di far crollare sotto le bombe l’ufficio di collegamento della città di confine di Kaesong, simbolo degli accordi raggiunti nel 2018 tra le due Coree tesi a limitare le tensioni militari. Oggi quelle tensioni sembrano orchestrate e volute dal regime, scontento del fatto che i colloqui con i rappresentanti di Seoul e Washington non abbiano avuto nessun risultato concreto in termini di alleggerimento delle sanzioni internazionali, un cappio al collo per Pyongyang, un limite allo sviluppo dell’economia nordcoreana. Me le provocazioni di Kim Yo-Jong, diffuse sui media di Stato, potrebbero essere il preludio di qualcosa di più serio: una nuova arma strategica utile a elevare il potere negoziale di Pyongyang o un confronto, ancora più duro, con il sud. Quale che sia l’esito delle nuove provocazioni del nord, una certezza c’è: la giovane Kim sostituisce sempre di più il fratellone, molto meno presente di prima.
Pubblicato su Il Mattino il 18 giugno 2020
Erminia Voccia
Giornalista professionista, campana, classe 1986, collabora con Il Mattino di Napoli. Laurea magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università “L’Orientale” di Napoli. Master in giornalismo e giornalismo radiotelevisivo presso Eidos di Roma. Appassionata di Asia.
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