Da almeno vent’anni la mafia nigeriana opera illegalmente nelle maggiori città italiane. Lo fa in modo sempre più organizzato. La consapevolezza della sua pericolosità sociale e la conoscenza del suo modus operandi, rappresentano un passaggio fondamentale nel tentativo di elaborare migliori strategie di contrasto finalizzate al contenimento di questa minaccia. Ad oggi, però, le conoscenze su questo fenomeno sono ancora insufficienti. Nel nostro Paese, infatti, non è ancora maturata una percezione realistica del potenziale criminogeno di questa mafia, sebbene già nel 2005 nella Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza presentata in parlamento l’Aisi (Agenzia informazioni e sicurezza interna), nel dare conto nel dettaglio di un’operazione di polizia, lanciava un allarme inequivocabile:
«Paradigmatica della duttilità e dell’aggressività delle organizzazioni criminali nigeriane è l’operazione di polizia condotta dall’Arma dei Carabinieri il 24 giugno che ha portato all’esecuzione di 34 ordinanze di custodia cautelare in carcere in varie regioni del territorio nazionale (Marche, Lazio, Emilia Romagna e Lombardia), nonché in Nigeria e in diversi Paesi europei (tra i quali Francia, Germania e Olanda). L’indagine – che, a conclusione di una prima fase, aveva già permesso di trarre in arresto 15 elementi dediti all’importazione in Europa di ingenti quantitativi di cocaina affidati a donne oggetto della tratta, poi costrette a prostituirsi – ha individuato, in particolare, un sodalizio strutturato in cellule dislocate sul litorale marchigiano, in Africa e in altri Stati europei, attivo nel trafficking di donne trasferite nel nostro Paese per il successivo avvio alla prostituzione».
«Il radicamento della criminalità nigeriana in territorio nazionale, specie nel centro nord e in Campania, rappresenta un dato consolidato nel patrimonio informativo, così come la presenza di attivi poli logistici in madrepatria e in Europa, funzionali sia alla tratta degli esseri umani sia al narcotraffico internazionale. Le organizzazioni nigeriane rilevano inoltre la propensione a esercitare un marcato controllo sulle diaspore di connazionali attraverso il sistematico ricorso alla carica intimidatoria della superstizione religiosa e la capacità di riciclaggio dei proventi, mediante l’acquisto, nel proprio Paese, di proprietà terriere destinate alla speculazione edilizia. Ramificazioni della rete di narcotrafficanti nigeriani si sono evidenziate, oltre che in altri Paesi africani e in Europa, in Asia (Cina e India), Sud Est asiatico (specie in Thailandia), Asia Centrale e Federazione Russa. Accanto alle organizzazioni di tipo banditesco, spesso in violenta competizione, si registrano forme di lobbismo mafioso che coniugano interessi criminali ed economici e che, talora, fanno registrare tentativi di infiltrazione dell’associazionismo etnico, con iniziative volte a condizionare le dinamiche e gli assetti rappresentativi delle comunità».
Ma nonostante l’evoluzione criminale della mafia nigeriana in Italia, difficilmente gli apparati di sicurezza del nostro Paese riescono a mettere a punto mirate ed efficaci strategie di contrasto, essenzialmente per tre motivi. Il primo motivo, oggettivo, è che questo fenomeno, e più in generale il macro fenomeno della mafia, risponde alla domanda generata dal mercato, il che significa che le varie forme di contrabbando (traffici di droghe, armi e merci contraffatte, prostituzione) sono in sostanza «reati senza vittima» in ragione della libera volontà di scelta degli acquirenti. Il secondo motivo è di carattere finanziario: gli enormi flussi di capitale, generati dalle mafie attraverso le attività illecite che controllano, rappresentano a tutti gli effetti una cospicua porzione dell’architettura economica mondiale. Il terzo motivo, infine, è strumentale, in quanto le mafie sono considerate da parte delle strutture di potere informale un valido asset a cui ricorrere per la gestione dei rispettivi interessi particolari.
A proposito dei «reati senza vittima», tralasciando il ben noto proibizionismo americano e la conseguente nascita del grande crimine negli Stati Uniti, è doveroso ricordare che il tema dei traffici illegali di sostanze stupefacenti ha le proprie radici sostanzialmente negli anni Quaranta del Diciannovesimo secolo, periodo in cui il Regno Unito, per ragioni di bilancia interna dei pagamenti, costrinse a colpi di cannone i cinesi ad acquistare l’oppio delle proprie colonie. Quando l’allora segretario degli Esteri, lord Palmerston, venne interrogato in parlamento circa la moralità dell’affare, questi rispose laconico «ai cinesi l’oppio piace», sorvolando sul fatto che anche i suoi compatrioti lo apprezzavano molto.
Schematicamente sono dunque questi i motivi, concreti ma misconosciuti, a causa dei quali le mafie internazionali esistono e resistono ai secoli. A queste considerazioni occorre aggiungere, per quanto concerne nello specifico la mafia nigeriana, un aspetto decisamente inquietante: il ricorso alla stregoneria, alla magia, al rituale sacrificale quali strumenti di coesione e controllo che, in una certa misura, sostituiscono il principio dell’onore.
Fatta questa premessa necessaria, il saggio La cosa nera di Antonio De Bonis (Paesi Edizioni, 2021) intende rivolgersi ai rappresentanti delle forze di sicurezza, al fine di perfezionarne l’azione di prevenzione e contrasto del fenomeno della mafia nigeriana; agli studiosi e analisti, per fornire loro uno strumento utile per delinearne le caratteristiche intrinseche e l’impatto sulle comunità; al comune cittadino, per permettergli di prendere coscienza e di valutare al meglio questa minaccia. Nel perseguire questi obiettivi verrà pertanto fornito un quadro d’insieme di un fenomeno sociale che, per quanto lo si voglia esorcizzare come lontano dal nostro quotidiano, interessa già da tempo la nostra società. Un fenomeno che, qualora non dovesse essere gestito adeguatamente, è destinato ad assumere, già nel breve termine, le sembianze di una vera e propria emergenza sociale, ampliandosi di pari passo in relazione alle dinamiche geopolitiche.
Tratto da
La cosa Nera
Indagine a tutto campo sulla mafia nigeriana
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