L’ultima volta che Israele aveva firmato la pace con un paese arabo risale a 26 anni fa, con la Giordania. Nel tramonto autunnale del deserto di Wadi Arawa, Yitzhak Rabin, re Hussein e Bill Clinton firmarono l’accordo. È difficile trovare in Donald Trump, Bibi Netanyahu e nella discussa figura di Mohammed bin Rashid al Maktoum, il premier degli Emirati Arabi Uniti, similitudini con gli uomini di pace di allora. Ma quello che conta è l’obiettivo.
La pace annunciata fra Israele ed Emirati è la prima buona notizia da una regione nella quale anche le poche esplosioni accidentali sono catastrofiche. Per quanto piccoli, in questi anni gli Emirati Arabi Uniti sono diventati un paese chiave del mondo arabo, contribuendo a determinarne le confuse dinamiche geopolitiche: combattono in Libia, fino a poco tempo fa anche nello Yemen, ed hanno partecipato a tutte le missioni internazionali contro l’Isis. È difficile immaginare che della loro trattativa segreta con gli israeliani, a Washington, non abbiano tenuto informato il loro principale alleato, l’Arabia Saudita. Ed è ancora più difficile pensare che l’accordo potesse essere raggiunto senza il suo consenso.
L’intesa potrà preparare il terreno alla clamorosa svolta dell’Arabia Saudita
Si apriranno ambasciate, i due paesi si scambieranno il corpo diplomatico. E si moltiplicheranno gli accordi commerciali che in maniera più discreta Israele già aveva negli emirati del Golfo. Per il suo ruolo nel mondo arabo e islamico, l’Arabia Saudita non può ancora permettersi di pensare a una pace con Israele. L’ipotesi è prematura. Ma gli Emirati Arabi Uniti possono essere una specie di avanguardia. Se nella regione non ci saranno reazioni troppo negative alla pace (quella iraniana è scontata), presto o tardi anche i sauditi potrebbero fare passi concreti. Anche per aiutare la difficile campagna elettorale di Donald Trump: a Riyadh il repubblicano è decisamente preferito a una presidenza democratica.
Gli Emirati resteranno un forte sostenitore del popolo palestinese: per la sua dignità, i suoi diritti e il suo stato sovrano, ha precisato l’ambasciatore di Abu Dhabi a Washington, alla fine del negoziato.
In cambio della pace Bibi Netanyahu rinuncia all’annessione della valle del Giordano e di altri territori palestinesi, annunciato per il primo di luglio e mai realizzato. Anche questo è un successo ma più per Israele che per l’Autorità palestinese. Sin dal 2002 a Beirut, e in ripetuti vertici, il mondo arabo aveva manifestato la sua intenzione di riconoscere Israele in cambio del suo completo ritiro da tutti i territori occupati palestinesi, compresa Gerusalemme Est, araba. Ora un paese importante come gli Emirati accetta una pace solo in cambio della “sospensione” della supposta annessione di luglio. La Palestina, intanto, rimane occupata.
PHOTO: Tel Aviv City Hall is lit up with the flag of the United Arab Emirates as the UAE and Israel announced they would be establishing full diplomatic ties, AP
Pubblicato su Il Sole 24 Ore il 14/8/2020
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