Oggi, 9 dicembre, Camera e Senato voteranno sulla riforma del Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità
L’ipotesi del “soccorso azzurro” alla maggioranza scricchiola di già. Con una maggioranza che rischia di sfaldarsi ancora di più, per ironia della sorte proprio per lo stesso argomento che allontana Forza Italia dal perimetro della maggioranza: il Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità.
Il “Fondo Salva Stati”, dovrebbe aiutare gli Stati UE, in seguito a difficoltà di ordine finanziario. Ideato fra il 2010 e il 2011 (iter in Italia iniziato dal Governo Berlusconi IV e ultimato da quello Monti, anche con i voti del precedente esecutivo) proprio come contromisura alla crisi del debito sovrano, ha, da qualche anno avviato un processo di riforma.
La riforma in discussione prevede un allargamento delle competenze del Mes, fondo di 80 miliardi di euro versati dai Paesi aderenti che può raccoglierne altri 620 sui mercati emettendo obbligazioni proprie. Con la modifica in discussione, i soldi del fondo potranno finanziare direttamente gli Stati – tramite prestiti – e anche il Fondo di risoluzione unico, una sorta di rete di protezione per le banche a rischio.
Per ottenere i prestiti sarà possibile usufruire di linee di credito, senza concordare misure economiche con il board del fondo, a patto che siano rispettati i parametri di Maastricht: rapporto deficit/Pil inferiore al 3%, rapporto debito/Pil al 60% e non avere squilibri nel settore finanziario.
Tuttavia. molti paesi non rispettano questi parametri – anche il nostro – per cui per accedere alle linee di credito si dovrebbero sottoscrivere un “memorandum d’intesa” con le istituzioni europee, vale a dire accordi di riforme in cambio di liquidità. Proprio queste sono le “condizionalità” che spaventano i detrattori del Mes.
Nella maggioranza 58 parlamentari M5S – 16 senatori e 42 deputati- hanno sottoscritto un documento contro la riforma del Mes, definendola “maquillage di uno strumento vecchio e superato” e dicendosi pronti a votare contro in Aula (la riforma infatti, deve essere approvata da tutti i Parlamenti nazionali degli Stati contraenti). Ciò potrebbe creare un problema politico non da poco, al premier e alla maggioranza: se infatti una parte consistente delle forze che sostengono il governo dovesse votare contro un atto su cui il Ministro dell’Economia Gualtieri si è impegnato con l’Ue, al Capo dello Stato non resterebbe che prendere atto dello sfaldamento della maggioranza e indire nuove elezioni.
Probabilmente, è anche questo spauracchio che potrebbe ricompattare la maggioranza, nel 2022 si eleggerà il nuovo inquilino del Quirinale e una – eventuale – maggioranza euroscettica potrebbe esprimere un Capo dello Stato di tale orientamento.
La sorpresa è arrivata dal Cavaliere che, dopo aver votato lo scostamento di bilancio insieme a tutto il centrodestra, si è detto indisponibile a votare la riforma del Mes in parlamento, destando grande sopresa nella maggioranza e nel Governo, che davano i voti di Forza Italia – soprattutto al Senato – per certi o quantomeno “non ostili”.
La giravolta di Berlusconi è dovuta sicuramente alla dichiarazione di Salvini, che suonava come un editto: «Chi vota a favore del Mes, è fuori dalla coalizione del centrodestra». Ma, soprattutto, sembra sia stata decisiva la promessa del leader della Lega, di sostenere la candidatura di Berlusconi come successore di Mattarella (la Presidenza della Repubblica è un vecchio pallino del Cavaliere).
Votare contro il Mes, però, costerebbe caro a Forza Italia, a livello di capitale politico, soprattutto in ambito extra italiano: tornerebbe saldamente, nell’orbita del centrodestra ma a costo dell’isolamento in ambito europeo. Tutte le grandi famiglie politiche dei parlamenti nazionali (popolari, socialisti e liberali) hanno votato a favore della riforma. Votando contro, Forza Italia sarebbe l’unica componente del PPE a votare come i sovranisti e i populisti. Forza Italia si troverebbe di fatto sulle stesse posizioni dell’Ungheria di Orbàn (che pure fa parte del PPE) e della Polonia di Duda, i due Paesi che hanno posto il veto sul Recovery Fund, i noti fondi Ue per uscire dalla crisi economica postpandemica.
Eppure, Forza Italia non sembra il partito granitico che è sempre stato: esiste infatti una “fronda”, capitanata da Renato Brunetta, disposta a votare con la maggioranza la riforma del Mes. Se cosi dovesse essere, il giorno del voto, il 9 dicembre, il partito degli azzurri rischia di arrivarci più lacerato e spaccato che mai.
A queste divisoni, equamente distribuite tra maggioranza e opposizione, fa da sfondo, ancora una volta, la presenza di Mario Draghi. Matteo Renzi, ormai sempre più calato nel ruolo di kingmaker dei governi italiani, è visibilmente infastidito dall’immobilismo del Presidente del Consiglio e del Governo, e spinge per un vigoroso rimpasto di Governo (Conte ter) o, molto più drasticamente, un Draghi I.
Michele Rosini
Nato a Livorno nel 1989, studia studia Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso l'Università di Pisa. Appassionato di geopolitica e politica italiana. Europeista e atlantista, parla fluentemente inglese e spagnolo, un po' di tedesco e di olandese.
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