Oltre al dramma umano e sanitario, gli effetti della pandemia Covid-19 saranno devastanti per l’economia europea. Come stanno reagendo le Istituzioni dell’Unione Europea?
1. EMERGENZA SANITARIA ED ECONOMICA
Con oltre 2,4 milioni di casi accertati nel mondo e più di 163mila morti (dati Organizzazione Mondiale della Sanità al 22 aprile), la maggior parte dei quali in Europa, la pandemia in corso rappresenta probabilmente la crisi di più ampia portata che l’Unione Europea abbia mai dovuto affrontare. Dalle risposte alla duplice emergenza sanitaria ed economica che l’UE e gli Stati che la compongono sapranno dare, dipenderà il nostro futuro.
Fig. 1 – Con il decreto “Cura Italia” sono state prese le prime misure di contrasto per sostenere l’economia
2. I PRIMI INTERVENTI DELL’UE
Di fronte alla prima ondata di panico e alle reazioni a macchia di leopardo di alcuni Paesi (tentativi di chiusura delle frontiere, blocco di esportazioni di dispositivi sanitari, ecc.) le Istituzioni UE si sono mostrate in un primo tempo impreparate ed esitanti. Se è vero infatti che le politiche sanitarie sono di esclusiva competenza statale, tuttavia la Commissione in particolare ha mostrato un certo ritardo prima di rendersi consapevole dell’urgenza di un coordinamento delle risposte, che pure era in suo potere.
Successivamente la reazione è stata invece decisa. Ad esempio, oltre a definire orientamenti comuni, sono state attivate procedure per incrementare la capacità di produzione di dispositivi di protezione e lanciare gare d’appalto congiunte per l’acquisto di attrezzature sanitarie, quasi 200 milioni di euro, sotto forma di sovvenzioni o garanzie, sono stati mobilitati per il finanziamento della ricerca di vaccini e nuovi trattamenti diagnostici o curativi e si è imposto il mantenimento dell’apertura delle frontiere per garantire la circolazione di materiali sanitari, e merci in generale.
Per sostenere l’economia, la Banca Centrale Europea ha avviato una massiccia operazione di immissione di liquidità sui mercati, attivando meccanismi di acquisto di titoli pubblici e privati per complessivi quasi mille miliardi di euro. Senza contare che la Commissione ha deciso la sospensione del Patto di Stabilità e delle regole in materia di aiuti di Stato, oltre a mettere a disposizione immediatamente 37 miliardi di fondi strutturali.
Fig. 2 – Christine Lagarde, alla guida della BCE che ha immesso nuova liquidità sui mercati dell’eurozona
3. I PROSSIMI GIORNI E SETTIMANE SARANNO DECISIVI
Ma è sull’imminente Consiglio europeo del 23 aprile che si concentrano le attenzioni. In quella sede, infatti, i Capi di Stato e di Governo dei Paesi UE dovranno decidere quale seguito dare alle conclusioni dell’Eurogruppo del 9 aprile scorso. I Ministri delle Finanze, dopo estenuanti trattative, hanno raggiunto un accordo su misure ulteriori per oltre 500 miliardi (finanziamenti alle imprese garantiti dalla Banca Europea per gli Investimenti, attivazione di una nuova linea di credito incondizionata del Meccanismo Europeo di Stabilità, istituzione del fondo SURE – Support to mitigate Unemployment Risks in an Emergency – attraverso il quale la Commissione sussidierà i meccanismi di cassa integrazione o equivalenti nazionali). Inoltre, è stato condiviso l’impegno a lavorare su un Recovery Fund, temporaneo e mirato, che permetta di fornire finanziamenti attraverso il bilancio europeo a programmi per il rilancio dell’economia.
È proprio su questo ultimo punto che la discussione sarà presumibilmente molto calda, tant’è che alcune indiscrezioni danno già per scontato un rinvio della decisione. La creazione di un fondo legato direttamente a un accresciuto bilancio dell’UE aprirebbe infatti la strada al principio della mutualizzazione del debito (che già esiste in contesti molto specifici e limitati), mettendo in capo alle Istituzioni la capacità di emissione di veri e propri titoli di debito europei. Sarebbe un messaggio molto chiaro di solidarietà agli occhi dell’opinione pubblica europea, ma anche un primo passo verso una possibile condivisione delle politiche economiche, finora gelosamente custodite dai singoli Stati Membri.
Da Il Caffè Geopolitico
Paolo Pellegrini
Nato a Terni nel 1967, laureato in Giurisprudenza, funzionario della Commissione europea. Prima di diventare un euroburocrate ha svolto vari lavori ed attività, tra cui l’editore e l’istruttore di paracadutismo sportivo, ma la cosa di cui è più fiero è l’essere stato, per un breve periodo della vita, operaio metalmeccanico.
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